È una gioia ritrovarsi insieme per vivere questa preparazione alla Pasqua nell’anno del Giubileo. Prepararsi alla Pasqua significa guardare il futuro, non riempirsi del presente come se tutto finisse oggi, ma guardare con speranza quello che abbiamo davanti. C’è una domanda che ci accompagna sempre e da sempre, qualche volta ci travolge, altre volte rimane nascosta ma se la sappiamo riconoscere la troviamo sempre in quello che doniamo al prossimo: qual è il senso della vita, il suo fine perché non abbia fine?
Ci prepariamo a tanti appuntamenti, poco a quello della vita! I nostri vecchi si preparavano tanto all’appuntamento con la vita oltre la vita. Noi, più facilmente, scappiamo, occupiamo il presente perché abbiamo poca speranza per il futuro, facciamo finta che non ci sia il limite e ci stupiamo quando ci andiamo a sbattere, tanto da farlo in modo fatalista, da protagonisti e convinti di poterlo essere sempre noi, pensando che non ci sia nessuno che si prenda cura della nostra debolezza. Siamo deformati da tanta onnipotenza umana, che è davvero grandiosa e capace di realizzazioni incredibili, ma diventa pericolosa quando ci sostituiamo a Dio e lo diventiamo noi: ci facciamo male e facciamo del male.
Prepararci non ci fa scappare dalla vita, come fosse una rinuncia. Anzi! Ci fa vivere bene, ci apre gli occhi su questa e ci insegna a cogliere l’infinito nel finito, quello che non finisce in quello che inevitabilmente è caduco, ci fa cercare ciò che conta per davvero e ci aiuta a non perdere tempo con quella vanità che ci lascia davvero senza sicurezze e senza speranza. Il Giubileo ha una parola centrale: speranza. Non si vive senza! Che vita è quando non si spera più in niente? Dove mettiamo le nostre energie se non abbiamo speranza? Prepararci alla Pasqua accende la speranza, anche quando abbiamo tanti motivi per stare a sentire il suo rassicurante contrario, che è soprattutto la rassegnazione di chi non sbaglia mai ma che anche non vive, la disillusione che spegne ogni entusiasmo.
Per questo ci prepariamo alla Pasqua: ogni uomo, in realtà, cerca la speranza, anche se sepolta sotto tanta delusione, desidera la primavera, come queste settimane nelle quali sentiamo ancora il rigore dell’inverno ma possiamo già contemplare i germogli dei mandorli, i segni di quello che sarà, i frutti di ciò che abbiamo seminato nella nebbia dell’inverno, senza sapere ma sperando. Quanto abbiamo bisogno di futuro, di Pasqua, di vittoria sul male e sulla morte, su quella logica che sembra segnare così tanto la vita delle persone, minaccia sempre presente. Gesù che viene in mezzo a noi, che Maria accoglie, che ha quindi sempre bisogno che gli facciamo posto nella nostra vita, è il cuore della nostra speranza. Nasce, sapendo di morire. Muore per amore perché la nostra speranza non sia a tentoni, un’ipotesi, ma la nostra fede.
È la primizia dell’eternità. «La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, la vita non è tolta, ma trasformata, per sempre». (SNC 21) «Cosa sarà dunque di noi dopo la morte? Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà». Sant’Agostino in proposito scriveva: «Quando mi sarò unito a te con tutto me stesso, non esisterà per me dolore e pena dovunque. Sarà vera vita la mia vita, tutta piena di te». Cosa caratterizzerà dunque tale pienezza di comunione? L’essere felici. «La felicità è la vocazione dell’essere umano, un traguardo che riguarda tutti».
E la felicità, che già possiamo vivere, è e sarà soltanto l’amore. È il mistero che inizia con Maria, la Madre di Dio. Non finiamo mai di capirlo. Dio che si fa uomo perché impariamo a vedere il divino nell’umano. Nessuno può vedere Dio. Si rivela, si mostra. La vita diventa vita, la luce diventa presenza. Ecco dove “vediamo” l’invisibile, l’onnipotente, l’indefinibile. Se apriamo il seme non troviamo nulla, non vediamo i frutti eppure li contiene. Così è Dio. Dio non ci lascia persi. Quando smettiamo di essere egocentrici – e spesso lo siamo proprio perché non siamo umili e ci dobbiamo mettere al centro per sentirci qualcuno – capiamo che siamo perduti, un nulla nell’immensità, insignificanti. Capiamo l’importanza quando ci pensiamo noi in relazione al sole, e non viceversa. Copernico dà molta più importanza alla terra! Il sole è Gesù. La sua luce entra nella vita. Ha speranza su di noi, viene per farci sperare, per farci capire che siamo importanti, ma non perché siamo al centro, possediamo, facciamo girare tutto intorno a noi, ma proprio esattamente per il contrario. Viene per dirci quanto è preziosa la nostra povera vita, così fragile in realtà. Ha speranza su di noi e ci aiuta a sperare.
Maria resta turbata. Non capisce. La parola libera dalla paura. Non abbiamo paura di prendere con noi il Signore, di dargli vita con la nostra vita. «Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». «Nulla è impossibile a Dio. Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». È la scelta dei cristiani. Prendere con noi il Signore, affidarsi alla promessa di amore, accogliere, dargli posto. Chi spera ama, perché sa che l’amore non finisce. Dio viene perché non cerca altro che amarci, di essere amato da noi e che noi, amando Lui, impariamo ad amare il prossimo. Gesù non viene per sé, per qualche sua convenienza, ma solo per noi! Soffre perché non vuole vederci soffrire, e soffrire senza speranza. E la Pasqua sarà la fine della sua vita, segnata, come per tutti, dalla fine che diventa così un inizio.
Il vostro servizio per la sicurezza e la difesa è il vostro compito specifico. Prima il Ministero era della Guerra. Ora è della Difesa, perché ripudiamo la guerra. Difendete la nostra libertà, la nostra casa, che nel frattempo è diventata comune. Quanto è importante la sicurezza, indispensabile per tutti, protezione per combattere le forze del male che al contrario distruggono, dividono! Anche per questo siete per tutti e di tutti. E non dimentichiamo che sotto la divisa c’è una persona che sperimenta le angosce, i fallimenti, le paure, le sofferenze di tutti.
Nel recente Giubileo che avete vissuto, Papa Francesco vi ha elencato alcune specifiche del vostro impegno e della vostra professionalità: «La difesa dei nostri Paesi, l’impegno per la sicurezza, la custodia della legalità e della giustizia, la presenza nelle case di reclusione, la lotta alla criminalità e alle diverse forme di violenza che rischiano di turbare la pace sociale». E ha ricordato – e vi ringrazio anch’io – il vostro servizio nelle calamità naturali, per la salvaguardia del creato, per il salvataggio delle vite in mare, per i più fragili, per la promozione della pace. Dovete prevenire le minacce e i pericoli che incombono sulla vita dei cittadini, contrastare il male perché il vostro è servizio del bene, della libertà, e della giustizia. E dovete farlo sempre rispettando la dignità di ogni persona, perché per voi è chiaro da che parte stare: quella della legalità e dalla parte dei più deboli, così dimostrate che il male può essere sconfitto, che il bene va difeso, che può essere difeso, che è difeso nonostante le forze contrarie del male. Papa Francesco, a cui va la nostra preghiera e il nostro ringraziamento per tanta fede, speranza e il tanto amore donato senza risparmio e con tanta umanità, vi ha rivolto un invito: «vigilare contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra; vigilare per non essere sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi; vigilare per non essere mai contaminati dal veleno della propaganda dell’odio che divide il mondo in amici da difendere e nemici da combattere. Siate invece testimoni coraggiosi dell’amore di Dio Padre, che ci vuole fratelli tutti. E, insieme, camminiamo per costruire una nuova era di pace, di giustizia e di fraternità».
Ottanta’anni or sono eserciti principalmente europei si combatterono terribilmente. Nemici, distrussero tutto, ad iniziare dal fratello. Milioni di persone. Una delle lezioni che venne tratta era che la risposta non poteva essere solo una tregua, restando uno accanto all’altro, ma la pace del pensarsi insieme. Ecco l’Europa. “Dopo due Guerre Mondiali e violenze atroci di popoli contro popoli, l’Unione è nata per tutelare il diritto alla pace”.
Il Papa ci invitò l’1 ottobre 2017 nella sua visita a Bologna, in occasione della Prima Domenica della Parola, potremmo dire l’Annunciazione domenicale, e disse: «Le logiche particolari e nazionali non vanifichino i sogni coraggiosi dei fondatori dell’Europa unita. E mi riferisco non solo a quei grandi uomini di cultura e di fede che diedero la vita per il progetto europeo, ma anche ai milioni di persone che persero la vita perché non c’erano unità e pace». Perché di fronte alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali. Per questo vorrei, nei prossimi giorni e in occasione di quell’anniversario, recarmi con il Presidente dei Vescovi Europei, il Presidente dei Vescovi Tedeschi e quello Polacco ai cimiteri della nostra regione, perché il loro testamento è pace e unità. «Invochiamo lo ius pacis, come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri! Rinnovo con voi il sogno di un nuovo umanesimo europeo, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia».
E forse è anche per questo che ritengo importante insistere che l’Europa investa nel dialogo, nel diritto, nella forza di un’unica sovranità comune che componga i conflitti, nella difesa del diritto internazionale e che la difesa militare sia unita all’unica scelta che guarda al futuro, quella dell’auspicato esercito europeo, che non verrà mai se non si cerca con il coraggio del momentum e con la lungimiranza dei nostri padri fondatori. Ripenso a quanto mi diceva tanti anni or sono un caro amico, il Generale Claudio Graziano, cui rivolgo un pensiero memore e grato, che dichiarò pubblicamente con insistenza: «Non ci sono alternative. È ormai chiaro che la difesa degli interessi comuni dell’Ue e la sicurezza dei cittadini sono perseguibili solo insieme, esprimendo una singola, autorevole e credibile voce europea. L’esercito europeo è il riferimento per il futuro: dal 2007 l’Ue dispone di due battlegroupche possono essere impegnati nelle aree di crisi. Può essere vista come un’idea embrionale di esercito».
Non è certo nostra competenza, perché questa è solo della politica. Ma è nostra competenza, pensosa e determinata, far crescere e difendere la pace e l’unità, ricordare di percorrere l’unica via che permette che gli orrori non si ripetano e si impari finalmente a vivere insieme, si rianimino gli animi, le visioni accendano la speranza e diventino impegno e amore politico. Non più senza o contro l’altro. Mai più il fratello contro il fratello!
Ci aiuta Maria, donna della speranza che ha ripetuto il suo sì, Madre di Dio ma anche nostra, Madre della speranza. È lei Stella Maris che, nella navigazione così incerta della vita, “viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare”.
