L’altra sera nella processione che ci ha condotto dalla Sacra Famiglia fino a qui ho avvertito chiaramente la grazia di essere suoi, santi perché chiamati da Lui. Abbiamo camminato insieme alla nostra Madre Chiesa per comprendere dove siamo diretti e per contemplare la pienezza della vita in questa casa che unisce il cielo e la terra. Abbiamo attraversato tante parti oscure, camminando insieme e con le luci accese. Il suo amore ci permette di attraversare le valli oscure e anche la valle oscura più temibile, quella della morte. Oggi viviamo la pienezza della comunione dei santi e dei defunti. Siamo aiutati a vedere quello che non finisce, ad aprire gli occhi della mente, gli unici che ci fanno capire il senso del nostro vagare sulla terra, cosa resta di noi e dove siamo diretti quando ci scontriamo dolorosamente con il limite della vita. La gloria umana, quella che cerchiamo e ci fa esaltare o disperare, è sempre molto individualista, è il risultato delle nostre classifiche, dell’essere considerati migliori, più capaci, più potenti, gente di successo più degli altri, finendo per vivere sempre in competizione, pieni di paure e rivalità. La gloria di Dio è, invece, tutta nella compassione, cioè nel soffrire insieme e uniti al prossimo e ai fratelli. “Ogni volta che Gesù parla di essere glorificato e di dare gloria si riferisce sempre alla sua umiliazione e alla sua morte. La gloria della resurrezione non può mai essere separata dalla gloria della croce. Il Signore risorto ci mostra sempre le sue ferite. Se vogliamo vedere veramente la gloria di Dio, dobbiamo muoverci verso il basso con Gesù”. “È soltanto nell’amore verso il prossimo che può manifestarsi la gloria di Dio”, scriveva Nouwen. E la gloria del Signore non umilia il prossimo, non resta in nostro possesso, ma resta nei cuori dell’altro raggiunto dai riflessi di amore che doniamo.
Questo luogo custodisce, ricorda, conserva tanta vita. Quanta vita! La comunione è proprio questo legame di amore di vita che non finisce. La morte ci separa e con il tempo capiamo amaramente che è una separazione definitiva, noi che pensiamo sempre di avere tempo e facciamo fatica a capire ciò che non finisce. Ma noi crediamo nella vita eterna, e questo ci aiuta a capire quello che nella vita caduca già non finisce e che la riempie di senso. Gesù è morto per noi affinché la nostra morte non debba più essere soltanto separazione. La sua morte ci ha aperto una via all’unione e alla comunione. E la morte, così come è la nascita, è il travaglio, spesso così doloroso, per lasciare il grembo di questo mondo e nascere alla pienezza di figli di Dio. Un santo prete immaginava così la sua morte: «Assisterò con animo sempre più trepidante all’incendio di luce che scende dal cielo. Non mi sentirò più solo. Avrò davanti una realtà meravigliosa: una bontà e una potenza che mi inonderanno di una gioia mai provata. Tenderò le braccia in uno sforzo estremo e riconoscerò la presenza del mio Signore. Mi domanderà: “Chi sono io?”. “Ti riconosco; Tu sei il Cristo il Figlio di Dio”. Aggiungerà: “Mi ami?”. “Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”. Dirà ancora: “Sei stanco; il tuo cammino è compiuto. Riposa in me”. Dilatandosi la visione, mi sentirò già fuori dallo spazio e dal tempo. Si allontanerà la realtà terrestre e comincerà, nella luce, un nuovo cammino. Da quel sogno non mi desterò più sulla terra. La visione continuerà nei cieli. Sulla mia tomba, semplice e povera, come si addice ad un uomo qualsiasi, non voglio che il roteare immenso dei cieli e la gran voce di Dio che parla nel silenzio».
Ecco, la morte è quello che rende seria la vita, che ci fa capire la presenza dell’infinito. Non siamo cristiani senza vivere la Resurrezione. Renderemmo il cristianesimo una vaga morale o un tranquillante. Se crediamo alla vita eterna crediamo che questa nostra vita può cambiare, cerchiamo le soluzioni ai problemi che oggi angosciano gli uomini, ci svincoliamo dall’appiccicosa rassegnazione che tutto spegne. Il cristiano è uomo di speranza, anche quando intorno è tutto buio e drammaticamente ostile. “La speranza non delude”. Non guardiamo il futuro “con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità”. Per questo siamo cristiani, per il suo amore dal quale non ci può separare nessuno, che ha affrontato la morte e l’ha vinta. Non corriamo “verso un punto cieco o un baratro oscuro”, ma la nostra vita è orientata “all’incontro con il Signore della gloria”. Gesù morto e risorto è il cuore della nostra fede. “Cosa sarà dunque di noi dopo la morte? Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà! «Cosa caratterizzerà dunque tale pienezza di comunione? L’essere felici. Ma che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire già ora: “Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi”. La vita eterna va afferrata e capita qui e ora, è la nostra, il nostro cammino, inizia nel fatto che Dio ti ama e vuole che niente di te vada perduto». E cercare quello che non finisce ci aiuta a trovare la vita vera, l’essenziale e non il superfluo, quello che ci basta mentre il sovrappiù ci confonde e ci inganna. Quello che ci unisce sulla terra è quello che ci unirà in cielo e, in realtà, già ci unisce sulla terra, dà valore al poco della nostra vita.
«Credo la vita eterna». «Se manca la base religiosa, e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si constata spesso al giorno d’oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione». «Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi». Cerchiamo solo l’amore, ad iniziare dai suoi fratelli più piccoli. È quello che non ci può essere tolto. È la nostra gloria vera. Sia così. È così.
