Anche noi come Elisabetta diciamo con gioia: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. È la beatitudine che ci è proposta, possibile a tutti, che riapre a noi la via del cielo. Maria, Madre del Signore e Madre nostra, ci genera quindi a figli e ci aiuta a ricostruire la fraternità perduta tra noi.
Ne abbiamo un enorme bisogno, perché la fraternità è diventata fratricidio, non solo per la violenza che uccide la vita di tante persone, per i tanti pezzi del nostro unico mondo, che quindi sono tutti nostri, ma per l’indifferenza, per le convenienze personali o di gruppo, che riducono l’altro a una categoria, ad un pericolo, ad un estraneo, un nemico e non mio fratello.
Gesù ci ricorda che anche chi dice stupido o pazzo a suo fratello è omicida. Non basta dire che vogliamo la pace. Lo abbiamo sentito troppe volte anche da chi in realtà preparava la guerra. Se togliamo i semi di inimicizia che ci fanno reagire al male con il male o che suscitano l’invidia, il senso di possesso, i confronti, la cupidigia, e impariamo invece a gareggiare nello stimarci a vicenda – cosa che può avvenire se non abbiamo un’idea alta di noi – se ci pensiamo insieme e ricordiamo che quello che è mio è nostro e, quindi, che quello che è suo è mio, così ci sarà la pace. La dolce memoria della Tutta Santa, sollevata da Gesù alla pienezza della vita, aiuta noi tutti a ricercare con rinnovata passione l’unità visibile e la comunione tra i fratelli, anche perché divisi siamo solo più deboli e meno credibili di fronte all’inquietante forza del male.
Maria ha creduto all’adempimento della Parola non perché aveva vagliato le risposte a tutte le domande, aveva trovato la chiarezza a tutti i dubbi, ma perché ha creduto nel compimento della Parola. Ecco perché è Madre della speranza e in questo Giubileo ci insegna a cercarla con determinazione, a partire da noi. Lei è la prima a sperimentare la nuova ed eterna alleanza che solleva la nostra umanità mettendo pace tra terra e cielo. Annalena Tonelli aveva detto, parlando di sé: “Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.
Così è per me. È nell’inginocchiarmi, perché stringendomi il collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato, che io trovo pace, carica fortissima, certezza che tutto è grazia”. Gesù si è abbassato perché possiamo alzarci stringendoci a Lui e sollevarci fino in cielo, come nell’immagine della dormizione di Maria. Vince l’umiltà, non la forza: questa distrugge, gonfia, cerca le apparenze e ha paura della realtà. Maria è l’umile che viene sollevata. Sembra perdere, invece è conservare.
Ma qual è la via al cielo, quella che oggi Maria ci ricorda e che anche ci suggerisce? Noi non aspettiamo tutto dalla terra che, non dimentichiamolo, “è semplicemente luogo di passaggio”. E, quando non c’è più qualcuno, anche noi vogliamo capire come mitigare l’assenza così atroce, e capire quando saremo insieme. In cielo troveremo quello che abbiamo legato o sciolto. In realtà, è già adesso legandoci agli altri che capiamo quello che conta.
Pensare al cielo ci fa vivere bene sulla terra, ci fa cercare ciò che conta davvero per gli altri, e quindi, ciò che non è vano o funzionale solo alla personale considerazione o successo. Ma qual è la via del cielo? Come possiamo conoscere la via del cielo, chiese Tommaso a Gesù che gli aveva detto: voi conoscete la via. Maria la via del cielo non smise di conoscerla. Non conosciamo la via, rivendica l’apostolo Tommaso. E Gesù disse: “Io sono la via, la verità, la vita”. Tommaso, infatti, pensava che la via fosse distante, qualcosa d’altro, mentre è proprio quell’uomo lì, in mezzo a noi, nel nostro cuore. Fate sempre quello che vi dirà per ascoltare e mettere in pratica.
Papa Leone XIV rivolgendosi al popolo di giovani, radunati a Tor Vergata per il loro Giubileo, con tanta paternità e fiducia in loro ha detto: “Aspirate a cose grandi, alla santità ovunque siate. Non accontentatevi di meno”. Non vivacchiare e non avere paura di scegliere. Viviamo in un mondo che ha perso le passioni unitive, anzi, attratti dal piccolo cerchiamo questo in opposizione al grande, così minaccioso e confuso, pieno di difficoltà, incomprensibile, dove tutto diventa uguale, dove faccio fatica a capire e a distinguere il vero dal falso, quindi a capire chi sono e cosa serve fare.
I leoni della tastiera sono vittime e attori di questo, spargendo veleno, accrescendo l’odio, il rancore, e allo stesso tempo vittime del loro stesso protagonismo, che isola ancora di più e, come sappiamo, si è colpiti da quello con cui colpiamo. Disarmiamoci a cominciare dai gesti di mancanza di rispetto, aggressivi, irridenti, distanti, ma anche da quelli virtuali che purtroppo segnano l’anima e in questo diventano reali. “L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada per la pace”, ha detto Papa Leone XIV, “perché è proprio vero che “ama veramente il suo amico colui che nel suo amico ama Dio”.
“Vogliatevi bene tra di voi!”, ha invitato. Viviamo una stagione fosca, attraversata piuttosto da tanta incertezza e crediamo poco possibile il “volersi bene”, lo rendiamo un’esperienza superficiale e non un’esperienza profonda come quella di amare la vita dal suo inizio alla sua fine. La speranza, però, attraversa i problemi, non li evita o non finisce quando sperimenta il veleno della delusione! La Chiesa, che vuol dire anche ogni nostra comunità, è una realtà non perfetta, è umana ma è santa perché contiene, come Maria, Gesù, lo genera nel presente.
Questo ci impegna a far sì che nell’umanità rifulga la bellezza dell’amore, a cambiare, ad essere santi e non saccenti, ad amare la misericordia non l’ossessione perbenista e ipocrita dei farisei, attentissimi alle pagliuzze ma che non sanno vedere la loro trave e coprono i sepolcri. Maria è senza peccato e come tale, per singolare privilegio, è sollevata dal Signore perché la figlia del suo Figlio nascesse condotta da Lui, segno di sicura speranza. Per questo non dobbiamo scandalizzarci del peccato, ma combatterlo amando il peccatore.
Liberiamoci di un modo ipercritico, di letture negative che non sanno più vedere il bello e la presenza di Dio nella creta della nostra contraddittoria umanità, che non sanno più valutare le proporzioni. Amiamo questa nostra Madre, mai offendendola, sempre rendendola forte con il nostro impegno, con il lavoro, cioè con la disponibilità, il servizio, con la testimonianza per una Chiesa che sempre più “cammina insieme” agli uomini, partecipando ai travagli della storia e coltivando il sogno di una società fraterna e universale.
C’è bisogno di comunità, cioè di persone che si mettono al servizio di questa Madre. Maria Assunta nel cielo ci aiuti a costruire una Chiesa fondata sull’amore di Dio, segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
