Messa per la festa di San Petronio

La memoria di San Petronio ci aiuta ad allargare lo sguardo, sempre partendo dal nostro particolare ma non limitato a questo, per abbracciare la città tutta e, da questa, il mondo intero. Ne abbiamo bisogno. Spesso la città rischia di diventare anonima e noi anonimi alla città. Basta davvero poco per rovinare l’equilibrio così delicato dei nostri sentimenti e delle relazioni. Il piccolo particolare della nostra vita lo avvertiamo smarrito in un mondo complesso, imprevedibile e minaccioso. E anche la città ci fa sentire insignificanti se non è una rete di amicizia. La paura che cresce nel cuore si insinua (e la paura è una “comandona” che approfitta delle nostre debolezze, le aumenta e finisce per imporsi su tutte le nostre scelte facendoci credere di fare il nostro interesse), ed è accentuata dalle polarizzazioni che sono la modalità diffusa. Alla fine ci troviamo più chiusi e arrabbiati. La paura ci spinge a cercare ossessionatamente risposte adeguate, imprigiona il cuore, per cui rinunciamo e non facciamo il bene che pure possiamo e spesso vogliamo.

Quest’anno la memoria di San Petronio è accompagnata da molta sofferenza e dalla preoccupazione per tante violenze e guerre. Siamo nel pieno del Giubileo dedicato alla speranza. Tanta sofferenza, quella che vediamo e che ci suscita partecipazione, ma anche quella che rimane nascosta, perduta in un villaggio del Sud Sudan o del Nord del Mozambico. Tanta sofferenza chiede di fermare le guerre, di crescere nella solidarietà e di scegliere (perché la pace va scelta altrimenti non viene e la perdiamo!), di essere operatori di pace, sfuggendo alle ideologie e alle strumentalizzazioni. La pace va invocata e chi la invoca – come faremo l’11 ottobre prossimo in unione con il nostro Papa Leone XIV – sceglie di costruirla ogni giorno dentro di sé e attorno a sé. Se siamo con Gesù e se al centro c’è Lui al centro ci sarà il prossimo, chiunque esso sia (tutti sono il nostro prossimo e tutti lo possono diventare se noi lo siamo per loro!) e ognuno con il diritto a vivere e ad essere rispettato. Ecco la speranza che Gesù ci affida, dandoci la sua pace e chiedendoci di viverla. Questa è la “sua” pace. La speranza scaccia la paura!

La speranza, però, non è senza prezzo. L’ottimismo non costa nulla e attrae proprio perché non chiede impegno, offre rassicurazione e non pensare garantito, giustifica facendo credere di aver fatto il possibile. L’ottimismo, però, ci abbandona e scompare quando si misura con le avversità, cosa che accade sempre. Commentava, con un fondo di amarezza, San Giovanni Paolo II: “Oggi del futuro si ha più paura che desiderio” (EE n. 9). Eppure tutti sperano, perché “nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Spesso incontriamo persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità” (SNC3). Sono parole che ci ha consegnato Papa Francesco per questo Giubileo, auspicando che possa “essere per tutti occasione di rianimare la speranza”.

Questo auspicio è anche la nostra richiesta oggi a San Petronio. La Chiesa e i cristiani sono e siano testimoni di speranza, perché amici di Gesù, nostra unica speranza, che l’accende nei cuori anche di chi ancora non lo conosce. E dona speranza e fiducia senza meriti di chi lo incontra. Dio spera ostinatamente su ognuno di noi! Senza speranza non si cambia il mondo e si finisce per cercare solo un compromesso o il benessere individuale. Senza Gesù finiamo per credere che ignorare la sofferenza ci protegga da questa, interpretiamo i problemi ma senza la determinazione per superarli. Papa Benedetto XVI ammonì, nella Spes Salvi, che quando gli uomini, nel tentativo (vano) di evitare ogni sofferenza, cercano di sottrarsi a tutto ciò che potrebbe significare patimento, là dove vogliono risparmiarsi la fatica e il dolore della verità, dell’amore, del bene, scivolano in una vita vuota, nella quale forse non esiste quasi più il dolore, ma si ha tanto maggiormente l’oscura sensazione della solitudine e della mancanza di senso. Ecco perché è un tempo che ci sfida alla speranza, non ignorando le difficoltà delle nostre comunità e i cambiamenti della Chiesa, necessari, ma sempre solo per essere più Chiesa e più testimoni di Gesù. “La speranza è una fune: potesse sperare, un dannato, Dio lo trarrebbe dal fango nel quale è sprofondato”, scriveva Silesius. Dipende da noi aggrapparcisi, e noi possiamo, con la nostra vita e con le nostre comunità, aiutare altri a farlo. Bernanos diceva che il peccato contro la speranza è il più mortale di tutti e forse quello più tollerato, quello che riesce meglio perché ci lusinga con l’idea di tranquillità e vanagloria. “Solo dopo molto tempo lo si riconosce, e la tristezza che lo annuncia, lo precede, come è dolce! È il più sostanzioso tra gli elisir del demonio, la sua ambrosia”. Perdiamo la speranza perché confidiamo nella nostra forza o nei nostri programmi e non nella semplicità del Vangelo. Non siamo avvelenati dalla disillusione, che spinge a lamentarsi e a condannarci all’impotenza? Ecco, allora, cosa chiediamo oggi al Signore con l’intercessione di San Petronio per le nostre comunità e per quella persona vivente che è la nostra città, dove, come in famiglia, impariamo l’arte della relazione e del pensarci insieme.  Solo insieme c’è futuro. La nostra è la stagione del disincanto, dei calcoli prudenti, del rischio da evitare e della responsabilità da sfuggire. Finiamo per gestire il presente e per vivere con speranze modeste, di rapida riuscita e pronto possesso, verificabili, come in una perenne, e sempre insoddisfatta, prestazione di sé. La speranza è seguire Gesù che si mette in cammino senza paura dell’imprevisto. È affrontare il buio, perché sappiamo che in fondo c’è già la luce. E la nostra speranza si nutre di quella più grande ma decisiva: la vita eterna, l’orizzonte ultimo che ci fa vivere bene il presente, che ci fa cercare oggi quello che resta. La vita eterna ci aiuta a vivere pienamente questa vita, perché senza speranza cerchiamo solo di consumarla più che possiamo e finiamo per dipendere dalle infinite offerte commerciali, o per studiarci davanti all’ingannevole ma attraente video, il nostro specchio digitale che lascia solo l’io. “Noi, invece, in virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria”.  Guardiamo allora con rinnovata speranza la nostra città e la speranza chiede di diventare relazione, incontri, generosità, gentilezza. Scopriremo tante ferite, anche nel profondo della psiche, la solitudine che piaga i cuori di chi vi abita, le presunzioni e l’indifferenza che rendono la città più anonima e violenta. Ma vedremo anche le messi che biondeggiano e le opportunità di toccare i cuori e radunarli. Aiutiamo la speranza con la solidarietà possibile a tutti, feriale, ordinaria, che tanto solleva e protegge, apparecchiamo un po’ di accoglienza dove ci è possibile, perché senza saperlo ospiteremo il Signore. Dovremmo correre a farlo!

Sia una città che sconfigge il resistente seme dell’odio, odio che inizia anche solo con l’irrisione dell’altro, dileggiandolo, facendolo apparire quello che non è, denigrandolo. La Chiesa sia casa di pace e di speranza vissuta, non proclamata, e sia capace di accenderla in tanti sfiduciati e di farla incontrare a molti che in tanti modi la cercano. Ognuno di noi è una porta di questa accoglienza e un mattone di una casa di pace. La pace, dice Papa Leone XIV, non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. La pace inizia da noi. Sia il nostro impegno, e sia la speranza che guarda e prepara il futuro e che dà senso e forza al nostro presente. Annalena Tonelli diceva: “La vita è sperare sempre, sperare contro ogni speranza, buttarsi alle spalle le nostre miserie, non guardare alle miserie degli altri, credere che DIO c’è e che LUI è un DIO d’amore.” Sia così. Speranza e pace.

Bologna, Basilica di San Petronio
04/10/2025
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