È per me una grazia particolare celebrare con voi la festa del Corpus Domini. Siamo una cosa sola nell’amore di Cristo, anticipo di quell’unità di cuore che vivremo in cielo. E canteremo come il vostro coro, tante voci e ognuno ha la sua, con una voce sola. E danzeremo come Davide intorno all’Arca, pieni dell’amore di Dio. Oggi viviamo in un mondo litigioso, ingiusto, che mette paura. Troppo spesso il fratello alza le mani contro suo fratello: ogni guerra, ogni violenza è fratricida. È un mondo dove vince la legge del più forte, dove nulla è gratuito perché tutto è piegato all’interesse personale, al guadagno, al proprio star bene a qualsiasi prezzo. Per questo è un mondo pieno di divisioni e di violenze che vengono sempre quando l’amore per sé è più forte di quello per il prossimo, e così si arriva a cancellare l’altro come fece Caino che uccise suo fratello Abele.
È la violenza più grande quella della guerra, scatena solo morte e sofferenza, si impadronisce di interi Paesi e uccide la vita di tanti fratelli e sorelle, di bambini innocenti. Ma è anche un mondo segnato da tante violenze ordinarie, piccole, come la mancanza di rispetto, lo sfruttamento, l’alzare le mani e parlar male. Proprio in un mondo così Gesù inizia un mondo nuovo, ci ama e si fa compagno di strada perché impariamo tutti ad amarci gli uni gli altri. Non è un sogno, un’illusione! È la Chiesa, è questa casa, è la nostra amicizia, che è d’oro per cinquant’anni di comunione, che ci rende una cosa sola, diversi ma uniti, mai divisi. Ecco la mia gioia: il Corpus Domini è il mistero dell’Eucarestia che vediamo su questo altare e che è anche il Corpo della Chiesa, fatto delle nostre persone e dei tanti fratelli e sorelle lontani e di quelli che celebrano la liturgia in cielo.
Il Corpus Domini è Gesù che ci riempie del suo amore, ci nutre di Lui perché diventiamo come Lui. Gesù non ci fa una promessa, non esprime un’intenzione, come spesso facciamo noi e che poi non mettiamo in pratica. Gesù ci dona se stesso. Infatti non basta dire ti voglio bene perché l’amore si deve vedere, deve diventare presenza, opera, a cominciare da quelle di misericordia come dar da mangiare all’affamato e visitare l’infermo. Gesù è la verità dell’amore e ci ama proprio perché anche noi non abbiamo paura di farlo. Gesù nell’Eucarestia non dà “qualche cosa” ma tutto se stesso. Offre il Suo corpo e versa il Suo sangue. Se lo fa Lui, che è il più grande, l’eterno, l’onnipotente, noi non faremo lo stesso? Chi ama dona tutto quello che ha per fare star bene la persona che ama. Non fa così una madre, un padre con i suoi figli? Non fa così un amico vero? L’Eucarestia ci unisce a Cristo e ci apre agli altri, ci rende membra gli uni degli altri, una cosa sola in Lui.
Il Vangelo ci parla della comunità degli amici di Gesù e della folla di persone. Il giorno finisce e ci sono tanti problemi perché il luogo è deserto. Ma il vero deserto, quello in cui manca più tutto e che rende tutto privo di vita, è quello dell’amore. Anche i discepoli pensano: che ognuno deve pensare a sé. Vanno da Gesù come per ricordarglielo! Sembra che Lui non si renda conto della situazione. A volte lo pensiamo anche noi facciamo qualcosa di buono per gli altri, ma poi devo pensare a me. Anche i discepoli vogliono pensare a sé e per questo vogliono che Gesù smetta di voler bene. Non hanno speranza. È la regola del mondo: ognuno pensi a sé. La risposta di Gesù è sorprendente: “Voi stessi date loro da mangiare”. Noi?
Anche in questo sembra che Gesù non si renda conto. Potremmo dire: ma noi siamo a Mapanda, non contiamo nulla! E poi pensiamo subito: dopo cosa rimane a noi? Davanti ai problemi della vita spesso pensiamo così anche noi! Non possiamo occuparci degli altri perché anche noi dobbiamo trovare un posto! E poi non abbiamo niente, abbiamo troppo poco, come se amare fosse un problema di mezzi e non di cuore. Gesù continua a dircelo: voi date loro da mangiare, deboli come siete. Gesù prende proprio il nostro poco, inadeguato e lo dona. In realtà siamo preziosi se rendiamo preziosa la vita del prossimo, cioè se vogliamo bene, specialmente a chi sta male, a chi ha bisogno, anche se non lo conosciamo. È il nostro prossimo. Se doniamo, cioè amiamo, basterà per tutti, non mancherà a nessuno. Non è mai troppo poco quello che abbiamo per non donarlo. Nessuno è così povero da non poter aiutare qualcuno che è più povero di lui.
E, in realtà, così diventano ricchi tutti perché pieni di amore. Quei cinque pani sono oggi i cinquant’anni di amicizia tra noi, che Gesù ha reso pieni per tutti, moltiplicando il poco della nostra vita. Il mondo è diventato piccolo e abbiamo vissuto la gioia di amarci come fratelli! Quanti infiniti frutti di amore, di gioia, di consolazione, di dignità, di vita in questi anni! Quanta gioia per tutti, a Bologna, a Usokami e a Mapanda! Il mondo non è stato più un deserto ma un luogo di amore dove pensarsi insieme. Comunione con Lui, comunione con noi e tra di noi. Un mondo finalmente unito, dove capiamo che solo insieme troviamo il pane e viviamo un’amicizia più forte delle distanze! In questi anni non solo non è diminuita, ma è cresciuta. Questa casa è vostra e nostra, e desideriamo sia una casa di pace dove possiamo aiutare Gesù a sfamare tanti che cercano il pane dell’amore e della speranza. E oggi insieme a Gesù diciamo: Signore, noi stessi diamo loro da mangiare, perché la terra è deserta di amore! Grazie, Signore Gesù! Grazie per la tua fedeltà che sostiene la nostra speranza e ha reso piena di speranza la nostra vita.
“Buon Pastore, vero Pane, o Gesù, pietà di noi; nutrici, difendici, portaci ai beni eterni, nella terra dei viventi!”. Amen.
