Messa per la XVII edizione del Festival Francescano

Pieno di gioia ringrazio di tutto cuore il Festival Francescano perché in questi giorni ha aperto tante connessioni, quelle vere, quelle che non si misurano con i followers, per i quali ci si esalta e ci si abbatte. Sono i tanti incontri e i legami di comunione. E di amore, che è la vera connessione. Ognuno di noi ha l’apparecchiatura per farlo! C’è sempre qualcosa di originale in ognuno, come un timbro, una capacità speciale che arricchisce la connessione di tutti. Spesso, però, il nostro apparecchio – che si trova nel cuore, nel profondo dell’anima, un po’ più giù delle viziatissime emozioni, in quella che è l’interiorità – rimane spento. E poi ci sono le tante interferenze, che ci confondono, ci spaventano, perché non sentiamo più nulla. Sono le interferenze dell’orgoglio, che disturba e rovina il legame con gli altri, e quelle del consumismo, delle tante pubblicità che ci confondono e si inseriscono nelle relazioni per rovinarle, specialmente quella con Dio e con i fratelli. A volte le connessioni sembrano perdute perché troppo forti sono le difficoltà e così facciamo fatica a trovare qualcosa di bello, un po’ di speranza, di gioia.

Anche il ricco di cui ci parla il Vangelo non era connesso con Lazzaro, come gli immancabili e tanto diffusi “spensierati di Sion” o “quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!”. Le parole del Profeta e quelle così chiare della parabola ci irritano perché difficilmente ci identifichiamo in loro, mentre ci sentiamo noi poveri, tanto da lamentarci e pensarci vittime. Succede che chi potrebbe lamentarsi non lo fa, mentre chi ha molto si sente in diritto anche di chiedere per sé, anche se ha tanto, compreso “il lusso di sprecarlo”. La Parola di Dio – connessione che se facciamo nostra diventa lampada per i nostri passi, cambia la vita facendoci sentire amati e liberandoci dalle paure piene di amarezza dell’ego, per cui amiamo poco e solo se ci conviene –  ci aiuta a capire. Oggi ci fa vedere quell’inferno, terribile e pieno di tormenti, del povero Lazzaro, ci ricorda che è una persona e ha un nome e che la sua condizione è frutto del male e delle tante complicità che hanno scavato, poco alla volta, un abisso di separazione. Il problema degli spensierati e del ricco è proprio questo: sono connessi solo con il proprio orgoglio e il proprio io, improvvisano vivendo alla giornata e si sentono compiaciuti per queste abilità, si inebriano ma “della rovina di Giuseppe non si preoccupano”. L’altro non esiste. I tanti beni, la stessa bellezza, servono solo per sé.

Nel culto dell’individualismo, che purtroppo difendiamo anche quando ci accorgiamo di quanto ci fa male, pensiamo che non hanno fatto nulla di male, che semplicemente vivevano come gli andava, che se lo potevano permettere. Il problema è che hanno spenta la connessione che spiega e salva la nostra vita: l’amore. Vivono per se stessi, l’amore è possesso, piegato a sé, alla ricerca del loro star bene. L’avvertimento del Profeta “Guai!”, non è una minaccia ma ci rende consapevoli della nostra condizione e delle conseguenze delle nostre scelte o non scelte. La connessione dell’amore per l’altro, da cui l’altruismo, del prossimo, è motivo di una fraternità universale perché rende tutto vicino e mio, parte di me e quindi io parte del tutto e di tutti, e ci salva dall’abisso. Il vero inferno è vivere per se stessi perché ci priva dell’amore di Dio e degli altri, ci fa sperimentare l’impossibilità di trovare sollievo da soli. La connessione che manca è non fare nulla per superare gli inferni in terra, quelli di chi è piagato nel corpo e nella psiche, prigioniero della solitudine, quelli della povertà e della fame che fanno disperare e cercare in tutti i modi futuro, quelli terribili, angoscianti, della guerra e della violenza, che tanto odio, disperazione, vendetta, rabbia producono. Io che c’entro e cosa posso fare?

C’entri, il tuo futuro dipende da lui, ci dice il Vangelo! Preoccuparci per gli altri ci fa star bene, ci connette certo con tanta sofferenza, ma ci rende umani, cioè quello che siamo, ci aiuta a spenderci per qualcuno per essere qualcuno, per trovare anche noi il nostro nome, perché esistendo per qualcuno capiamo il nostro nome. Possiamo fare molto, perché è proprio vero che i prepotenti devastano la storia ma questa “è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova”, da chi sceglie di “incontrarci curando le nostre ferite, perdonandoci il male che abbiamo fatto e anche quello che non abbiamo fatto, ma di cui portiamo gli effetti”. “Il male si trasmette da una generazione all’altra, da una comunità all’altra. Ma anche il bene si trasmette e sa essere più forte! Per praticarlo, per rimetterlo in circolo, dobbiamo diventare esperti di riconciliazione. Bisogna riparare ciò che è infranto, trattare con delicatezza le memorie che sanguinano, avvicinarci gli uni agli altri con pazienza, immedesimarci nella storia e nel dolore altrui, riconoscere che abbiamo gli stessi sogni, le stesse speranze. Non esistono nemici: esistono solo fratelli e sorelle”.

Doniamo anche solo una briciola, ma pensiamoci insieme a Lazzaro e ai fratelli! Non c’è vita senza la connessione con il povero che ognuno di noi può rivestire, sfamare, sollevare, curare. Immaginate cosa sarebbe stato se il ricco avesse accolto in casa Lazzaro! Un paradiso per tutti e due! Ecco la connessione che Gesù ci regala e che San Francesco ci aiuta a vivere con tanta umanità, fraternità e gioia. Giovanni Crisostomo disse: “Il povero Lazzaro non ha subito alcuna ingiustizia da parte del ricco: il ricco non gli ha preso dei beni; solamente non gli ha dato parte dei propri”. E aggiungeva: “È un furto anche il non dare parte dei propri beni. La rapina, la frode e il furto non consistono solo nel rubare i beni altrui, ma anche nel non dare agli altri parte dei propri beni”.

Ecco la connessione che ha acceso San Francesco. Lui viveva proprio come quei ricchi di cui abbiamo ascoltato. Trovò la verità: Gesù, non una regola ma l’amore che dà senso a tutte le regole. La connessione per lui iniziò in due modi: con Gesù, spirituale e poi molto materiale e con il povero, molto materiale e poi così spirituale. “Prostratosi davanti all’immagine del Crocifisso, durante la preghiera fu ricolmato da non poca dolcezza e consolazione. E, mentre con gli occhi pieni di lacrime fissava lo sguardo nella croce del Signore, udì con le orecchie del corpo in modo mirabile una voce che proveniva dalla croce e che per tre volte gli disse: “Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina”. E poi: “Mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo”. Tanto che poi andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca. Una connessione è unità stretta all’altra: Gesù e quell’altro Gesù che è il povero.

Quando le connessioni si accendono tutto cambia e vediamo, ascoltiamo, rivestiamo di amore tutto e tutti, il creato e le creature, scopriamo i doni che sono per noi e che prima disprezzavamo e non consideravamo, sentiamo nostro tutto e tutti. Lo Spirito ci rende più umani, direi veramente umani, non ci fa scappare da noi stessi o dal mondo ma ci fa essere quello per cui il Signore ci ha voluto e pensato (la nostra vocazione) e ci fa entrare nella storia senza paura, senza ossessioni, con tanta libertà, con la semplicità di San Francesco, il quale esamina se stesso e non condanna nel suo giudizio nessuno, lascia “le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nòcciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene”. La semplicità del volersi bene, e non mettersi a fare i professori che danno lezioni agli altri, spiegano tutto ma non aiutano a vivere. E senza le ossessioni che vedono il male ovunque e finiscono per non rendersi conto di ciò che veramente ci fa male. Tutti noi viviamo se siamo connessi, che vuol dire un legame, perché è attraverso i legami che noi cresciamo. “Solo relazioni sincere e legami stabili fanno crescere storie di vita buona”. Il legame con Cristo è diventato amicizia con tutti, tutti che diventavano amici, anche i nemici. “L’amicizia può veramente cambiare il mondo. Liberi dall’orgoglio tutto si accende. Perché? Ce lo spiega San Francesco:Dove è amore e sapienza, ivi non è timore né ignoranza. Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira né turbamento. Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia. Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione. Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa, ivi il nemico non può trovare via d’entrata. Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superfluità né durezza”.

“Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate”.

Piazza Maggiore, Bologna
28/09/2025
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