Nel primo anniversario della morte del maestro Luciano Pavarotti

Bologna

( Is 25,6.7-9, Sal 129: Gv 14,1-6)

È trascorso un anno dall’esodo terreno del Maestro Luciano Pavarotti e la Signora Marilena Ferrari si è fatta promotrice di questa convocazione eucaristica per offrire ai familiari, agli amici e ai tanti estimatori di questo sommo artista l’occasione per riflettere sul senso della vita e della morte e dare alla nostra preghiera di suffragio il suo ampio respiro.

In questa breve sosta orante, dove la nostra preghiera assume consistenza dal memoriale sacramentale della morte e risurrezione di Cristo, ci illumina la Sacra Scrittura, che ha posto alla nostra attenzione l’orizzonte liberatorio e salvifico proclamato dal Profeta Isaia e che il Vangelo di Giovanni mette a fuoco con la parola di Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me… io vado a prepararvi un posto… e vi prenderò con me” (Cfr. Gv 14,1-3).

Con la partecipazione a questa Messa, mediante la fede in Gesù Cristo, noi siamo introdotti nel mistero della Pasqua del Signore e abbiamo la possibilità di entrare così nel grande evento posto al centro della storia umana, che dà senso al tempo e a tutti gli avvenimenti accaduti prima e dopo l’era volgare (O. Cullmann, Cristo e il tempo, 39-46).

Con l’ingresso del Figlio di Dio nella storia (il Logos, la Parola intelligente) noi abbiamo un referente sicuro, che si pone come filo conduttore di tutti gli avvenimenti temporali accaduti nel passato e nel presente, come di tutti quelli che accadranno in futuro, mettendoli in relazione tra loro, nella prospettiva della ricapitolazione di tutto in Cristo (Cfr. Ef 1,10). Per questo Gesù ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6).

È la morte e la risurrezione di Cristo che ci permette di “strappare… il velo che copre la faccia di tutti i popoli” (Is 25,7), cioè di superare le condizioni di sofferenza, di angustia, di ambiguità proprie dell’esistenza umana dopo la colpa originale: “Il Signore – grida il profeta – eliminerà la morte per sempre” (Is 25,8).

Ma la preghiera in suffragio del nostro fratello Luciano ha assunto anche la forma del Salmo 129, il “De profundis”: “Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera” (Sal 129,1-2).

Questo Salmo è una piccola poesia orante, composta da 52 parole, pervasa da una profonda spiritualità che la qualifica come uno splendido inno al perdono divino. Comincia col mettere in evidenza la “voce” che, dal profondo dell’abisso della morte causata dal peccato, si pone come segno di speranza e, nonostante la colpa che caratterizza la “città del caos” (Cfr. Is 20,10-12), “il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto e farà scomparire la condizione disonorevole del suo popolo…” (Is 25,8-9).

La “voce” del Salmo 129, infatti, che tutti ci rappresenta, in controcanto con il Salmo “Miserere” (Sal 50), continua ad attirare l’attenzione della misericordia divina: “Se consideri le colpe, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono; perciò avremo il tuo timore” (Sal 129,3-4).

Questo timore, va oltre il “tremedum”, la paura del giudizio di Dio, per entrare nell’area del “fascinosum”, che include lo stupore, la venerazione e l’adorazione davanti alla bellezza, alla maestà e alla potenza di Dio.

Di fronte al perdono divino non dobbiamo dimenticare la realtà del nostro peccato, per stimolare in noi il timore reverenziale, che vede in Dio, più che la sua collera, il suo amore eterno e misericordioso, il pathos del Creatore di fronte alla sua creatura, da lui plasmata “a sua immagine e somiglianza” (Gn 1,26).

Giovanni Paolo II, nella Lettera agli artisti, comincia proprio col dire che una vibrazione di questo sentimento e pathos divino si riflette nell’espressività di ogni vero artista (Lettera del 4.4.1999, 1). In questa prospettiva, allora, la sublimità della “voce” di Luciano e la forma espressiva del suo Do di petto, diventano il grido emblematico dell’umanità che anela alla salvezza e manifesta col Salmista il bisogno di speranza: “Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. L’anima mia attende il Signore… perché presso di Lui è la misericordia e grande è la sua redenzione” (Cfr. Sal 129,5-7).

Oggi, con questa celebrazione, noi presentiamo al Padre la nostra preghiera di suffragio, ma rendiamo anche un grazie “eucaristico” al Signore per i “talenti” che ha dato al Maestro Luciano Pavarotti. “Trafficandoli” al Metropolitan di New York, in Hyde Park a Londra e in tanti altri luoghi del mondo, Luciano ha acceso in molti cuori la luce della “bellezza” che, in quanto proprietà trascendentale dell’essere, aiuta a scoprire lo splendore della verità e il fascino della bontà, e riempie di gioia il cuore degli uomini.

Preghiamo, dunque, perché il Signore conceda anche a noi di non seppellire i talenti ricevuti, ma di trafficarli perché facciamo della nostra vita “un’epifania della bellezza” e di quanto ne consegue.

Maria Santissima, la “tota pulchra”, dal Maestro sempre invocata e “cantata”, interceda per lui, per i suoi cari, per la piccola Alice e per tutti coloro che seguono Cristo “via, verità e vita”, accendendo nel buio del mondo le luci della speranza.

06/09/2008
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