processo di canonizzazione di don Elia Comini

Bologna, chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù

Dopo sei anni di ricerche, di indagini, di riflessioni, che hanno raccolto e vagliato tutte le testimonianze reperibili circa la vita, le virtù, la drammatica morte e la fama di santità di don Elia Comini, il processo canonico diocesano è giunto al suo positivo compimento.

Con questa celebrazione noi rendiamo grazie al Signore della storia e dei cuori, che ci ha consentito di arrivare a questo primo traguardo: un traguardo ancora preliminare, ancora segnato soprattutto dalla speranza; ma un traguardo obbligato e necessario perché potesse proseguire il percorso che ci porterà, se sarà nei disegni di Dio, a contemplare questa bella ed eroica figura sacerdotale proposta dalla Chiesa come sicuro modello di adesione a Cristo e di coerente fedeltà al Vangelo.

Ed è altresì doveroso, in questa circostanza, esprimere la più viva riconoscenza a quanti a vario titolo e in varie forme si sono adoperati perché questo consolante risultato fosse conseguito.

Oggi è un giorno di commozione e di gioia per la famiglia salesiana, che tra i suoi membri più degni di imperitura memoria si onora e si allieta di annoverare don Comini, che fu in essa religioso esemplare, valido insegnante, educatore attento e appassionato.

Ma è giorno di commozione e di gioia per l’intera Chiesa bolognese. Don Elia è un fiore della nostra terra, un figlio di questo popolo. La sua nascita e la sua morte, gli anni della sua prima giovinezza e gli anni del suo ultimo generoso impegno pastorale, si collocano entro lo scenario della valle del Reno, che fu teatro allora di una delle più terribili tragedie della nostra storia.

La carità pastorale, che gli impediva di abbandonare quelle popolazioni in momenti così difficili (oltre che l’attaccamento filiale e la riconoscenza per il venerando arciprete di Salvaro, che l’aveva avviato alla vita religiosa) ha indotto don Elia a non discendere da quei monti insanguinati e a mettere in gioco la sua unica esistenza, ben consapevole di quanto quella decisione fosse rischiosaUna ferocia barbara l’ha condannato a una catastrofe, che a un giudizio puramente umano appariva senza rimedio. In realtà, nel più alto progetto di Dio, era l’inizio di un destino di gloria.

Adesso, dopo l’accurato esame di questi sei anni, possiamo con più fondata fiducia sollecitare su questa mirabile vicenda umana, cristiana, sacerdotale, il giudizio autorevole e determinante della Sede Apostolica.

25/11/2001
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