S. Messa dopo i Primi Vespri della Solennità di Santa Clelia

San Giovanni in Persiceto, Chiesa di Santa Maria delle Budrie

La Solennità di Santa Clelia, ogni anno, ci offre l’opportunità di rivivere l’esperienza della fede, dentro la concretezza del mistero della Chiesa, presente nelle vicende liete e tristi della vita quotidiana. Una Chiesa che fa proprie “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi” (Gaudium et spes, n. 1), secondo l’insegnamento di Gesù, che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2, 6-7).

Quest’anno, la festa della Santa persicetana viene celebrata in un contesto di grande precarietà per molte comunità della nostra terra. Il flagello del terremoto ha sconvolto, di colpo, l’ordinarietà della vita di tanta gente, togliendo loro i riferimenti fondamentali della vita civile e religiosa, ritenuti consolidati e messi in sicurezza dalla prova dei secoli.

Il Cardinale Arcivescovo, nella sua lettera di solidarietà alle comunità ecclesiali colpite dal sisma, ha invitato tutta l’Arcidiocesi ad una profonda riflessione. Di fronte a questa immane catastrofe, Gesù non autorizza giudizi di colpevolezza verso qualcuno (Cf. Lc 13, 1-5), ma chiama in causa tutti indistintamente, perché il tragico evento sia occasione per una generale revisione di vita e una profonda «conversione». Dobbiamo prendere atto della precarietà della nostra condizione di creature e ridisegnare la mappa delle cose che veramente contano nella vita. In sostanza bisogna rimettere Dio al primo posto, se vogliamo ricomporre la gerarchia dei valori, secondo verità, nelle scelte concrete della nostra vita quotidiana.

In tale prospettiva la Solennità di Santa Clelia 2012 ci offre una preziosa occasione per guardare in faccia la realtà, che presenta due aspetti fondamentali: Dio e il suo amore misericordioso, da un lato, e la nostra concreta risposta al suo progetto salvifico, dall’altro. Circa il primo aspetto, lo sguardo globale alla vita della Santa, intrisa di fede genuina e semplice, ci dice che Dio c’è e che non ci abbandona, come Lui ha detto: «Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto» (Is 24, 10).

Ma, allora, che cos’è che non va? È presto detto: oggi – come ha ricordato più volte Benedetto XVI – si vuole espellere Dio dalla vita e dalla storia degli uomini, in nome del progresso accelerato e senza limiti, mentre il Salmo 144 dice: «Beato il popolo il cui Dio è il Signore» (v. 15). Abbiamo scambiato la modernità col cambiamento fine a se stesso, dimenticando che non tutte le novità sono buone. Abbiamo ridotto gli spazi della nostra capacità di ragionare: restringendo la nostra attenzione alla pura “ragione scientifica”; mettendo in disparte la “ragione filosofica”, cioè la ricerca razionale degli ultimi «perché» delle cose; ma soprattutto abbiamo snobbato e, talvolta, reinterpretato in senso mondano o ideologico la “ragione teologica”, vale a dire ciò che Dio dice di se stesso, del mondo e dell’uomo che Egli ha creato a sua immagine e somiglianza (Cf. Gen 1,22).

Gli uomini, dimenticando Dio, esaltano se stessi e finiscono col perdere la capacità di leggere il libro della natura che – come dice la lettera ai Romani – manifesta le “perfezioni invisibili” di Dio, ossia “la sua eterna potenza e divinità”. Essi “pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti”, al punto che “la loro mente ottusa si è ottenebrata”, portando confusione e degenerazione anche nei rapporti umani (Cf. Rm 1, 18-32).

Per esempio, la scoperta dell’esistenza del «bosone di Higgs» – chiamato da qualcuno la “particella di Dio” – è una grande conquista della scienza, ma non è Dio. È, invece, un ulteriore stupendo motivo per dare gloria a Dio. Scienza e fede non sono in contrasto, ma complementari, perché l’ambiente naturale – dice Benedetto XVI – non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore. Certo l’uomo, mediante la «cultura», interpreta e modella l’ambiente naturale, ma lo deve fare mediante l’esercizio della sua libertà responsabile.

Purtroppo, oggi, la cultura dominante si autocostruisce “come se Dio non esistesse”, perciò in essa prevale un uso strumentale della natura, considerata un insieme di semplici dati di fatto, mentre in essa è codificata una «grammatica», che rivela le sue finalità e i criteri per un uso sapiente delle sue risorse. Questo abuso strumentale della natura finisce per essere fonte di violenza nei confronti dell’ambiente e di azioni irrispettose verso la stessa natura dell’uomo (Cf. Caritas in veritate, n. 48).

Che fare? Bisogna «convertirsi» (Cf. Lc 13, 1-5), cambiare strada. Ciò significa recuperare il concetto genuino di «cultura»: rimettere in circolazione proposte educative capaci di «coltivare» l’uomo aiutandolo a uscire dalle sabbie mobili di una libertà senza verità. Occorre insegnare alle nuove generazioni il «quaerere Deum», la “ricerca di Dio” in senso esistenziale, cioè dietro le cose provvisorie cercare quelle essenziali che portano al senso ultimo della vita (Cf. Benedetto XVI al mondo della cultura, Parigi 12 settembre 2008).

Un modo per entrare concretamente in questa ricerca è quello di scrutare con maggiore attenzione l’esperienza spirituale ed ecclesiale di Madre Clelia, nella consapevolezza che «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (1Pt 5, 5). Il Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato, parla chiaro: «Ti benedico o Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. L’esperienza di Madre Clelia lo dimostra. La sua lettera a Gesù – il «memoriale» – parla dell’«inspirazione granda» che la spinge a “mortificare la sua volontà, per piacere sempre più al Signore”.

Nella sua semplicità, questa giovane donna, è consapevole della sua debolezza, ma anche dell’onnipotenza di Dio, che tira i fili della storia e offre ai piccoli, ai deboli, ai sofferenti il suo soccorso: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò» (Mt 11, 28). In sostanza, Santa Clelia ha sperimentato concretamente l’amore di Dio e supplica il Signore di accendere il suo cuore con le stesse fiamme d’amore che si sprigionano dal Cuore divino di Gesù. Ecco perché conclude il suo scritto con le parole: «Amate Iddio», parole che ripeterà sul letto di morte come testamento spirituale per le sue Figlie Minime dell’Addolorata e per tutti noi.

Nella vita di Santa Clelia emerge con chiarezza anche il secondo aspetto della realtà cristiana: l’esigenza di una risposta vitale all’amore di Dio. Questo grande amore per Gesù Clelia lo ha messo come «sigillo sul suo cuore» (Ct 8, 6), come si esprime il Cantico dei Cantici nella prima lettura. Lo ha fatto in modo esemplare e straordinario, vivendo i traguardi sacramentali come “i punti nodali della sua crescita” (Mons. L. Gherardi, Il sole sugli argini, p. 38).

In sostanza, la fanciulla Clelia Barbieri ha imitato il «» di Gesù al Padre, come dice l’Apostolo Paolo: “Per questo, attraverso di Lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria” (2Cor 1, 20). Clelia ha pronunciato il suo «Amen» il giorno della Cresima (8 giugno 1856), davanti al Vescovo Ausiliare di Bologna Mons. Giuseppe Passaponti che, ungendola col Sacro Crisma sulla fronte, le ha detto in latino: «Clelia, ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Lei ha risposto «Amen», cioè «è così, ci credo e mi impegno a crescere nella fede, nella speranza e nella carità, cioè mi impegno a farmi santa».

Così, dopo averci insegnato che Dio è il primo dei riferimenti vitali, l’«Amen» di Clelia ci insegna a pronunciare con maggiore consapevolezza il nostro «Amen», il nostro «» a Cristo, mediante l’unzione dello Spirito, che ha impresso in noi il suo sigillo, il carattere indelebile della nostra configurazione a Cristo profeta, sacerdote e re.

Durante l’«Anno della fede» – che  si apre l’11 ottobre prossimo – il nostro primo impegno dovrebbe essere quello di riscoprire il valore dei sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucaristia) che ci offrono le basi per una vita di fede autentica.

Una particolare attenzione dovremmo riservare alla Cresima che oggi, per molti, è diventata il sacramento dell’addio alla vita ecclesiale. In realtà è il traguardo che ci offre la possibilità di vivere una vita cristiana matura e consapevole, attraverso la partecipazione attiva, piena e consapevole all’Eucaristia. San Paolo ce ne spiega le ragioni: «È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori» (2Cor 1,21-22).

Questa «unzione» e questo «sigillo» appartengono ai simboli dello Spirito Santo. In particolare il «sigillo» indica l’effetto indelebile dell’unzione dello Spirito Santo nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine (Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 698). Ora, l’«unzione» e il «sigillo» producono in noi una configurazione reale e permanente (il «carattere») a Cristo profeta, sacerdote e re e – nel caso dell’Ordine sacro – una ripresentazione sacramentale di Cristo Capo, Pastore e Sposo.

Santa Clelia con il suo «Amen» crismale, cioè con il suo «» a Cristo e alla Chiesa, si presenta come un’icona da contemplare, ma soprattutto da imitare nel suo rapporto con l’Eucaristia domenicale, reso vivo proprio dall’unzione sacramentale.

A cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, guardando il dito di Clelia puntato verso il cielo e il suo desiderio di farsi santa, dopo aver ricevuto la Cresima, noi troviamo l’essenza della nostra fede e della nostra pastorale: amare Dio e il prossimo, sulle orme di Gesù, vero Dio e vero uomo, presente nei suoi Sacramenti, in particolare nell’Eucaristia, che edifica la Chiesa come «sacramento universale di salvezza» (Gaudium et spes, n. 45). In sostanza, dobbiamo aiutare la gente a riscoprire il senso della Messa domenicale, attraverso la presa di coscienza del valore dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana.

 

12/07/2012
condividi su