Saluto all’Assemblea nazionale Cna

L’artigianato è esperienza di creatività. Tocca una delle dimensioni più vere dell’uomo: si è u-mani perché si è capaci di usare le mani. Non a caso le forme di lavoro creative sono moltissime e ciascuna ha una sua dignità. Lo possiamo riaffermare nell’epoca dell’intelligenza artificiale, che sembra porsi come concorrente alla creatività umana. Ma è davvero in grado di «creare» qualcosa di nuovo? Oppure si tratta di una creatività frutto delle alchimie degli algoritmi? È un fare che ripete e ripresenta l’esistente, diverso dalla logica creatrice di Dio che ordina e dà un senso a ciò che crea. Lo mette al mondo all’insegna dell’originalità e unicità. L’uomo partecipa con l’opera delle proprie mani all’attività di Dio Creatore. Diviene suo collaboratore. L’artigianato rappresenta tutto questo. Non è solo un fare qualcosa manualmente, ma un «saper fare». L’unione dei due verbi, sapere e fare, tiene insieme la conoscenza e la manualità, il cervello e le mani, l’intelligenza e la praticità. Nell’artigianato vediamo riassunte tutte le caratteristiche dell’uomo. Siete portatori di un sapere pratico che non è meno importante di quello intellettuale. Una pessima concezione dell’uomo ha portato a vedere l’attività manuale come meno nobile rispetto a quella di studio. Niente di più falso: l’artigianato mette insieme creatività e applicazione. Viene alla mente la profezia dei miracoli di Gesù che guarisce persone con la mano paralizzata. Nel terzo discorso ai movimenti popolari (5 novembre 2016) Papa Francesco ha detto, proprio riprendendo quell’immagine:

«La mano, questo segno tanto forte dell’operare, del lavoro. Gesù restituì a quell’uomo la capacità di lavorare e con questo gli restituì la dignità. Quante mani atrofizzate, quante persone private della dignità del lavoro! Perché gli ipocriti, per difendere sistemi ingiusti, si oppongono a che siano guariti. A volte penso che quando voi, i poveri organizzati, vi inventate il vostro lavoro, creando una cooperativa, recuperando una fabbrica fallita, riciclando gli scarti della società dei consumi, affrontando l’inclemenza del tempo per vendere in una piazza, rivendicando un pezzetto di terra da coltivare per nutrire chi ha fame, quando fate questo state imitando Gesù, perché cercate di risanare, anche se solo un pochino, anche se precariamente, questa atrofia del sistema socio-economico imperante che è la disoccupazione».

 L’atrofia coinvolge tutta la persona, non solo la mano. Chi non sa fare, non sa neppure nulla della vita. Avere le mani in pasta consente di esprimere tutta la propria originalità.

L’artigianato in Italia si presenta in molteplici forme: singole iniziative, attività più strutturate, soprattutto piccole e medie aziende. L’idea di associarsi è una ricchezza perché significa che «nessuno si salva da solo». In molte zone le aree artigiane sono strettamente connesse tra loro, formando quei distretti che sono la forza di alcuni territori e una garanzia per il domani di fronte alle intemperie che soffiano dall’economia mondiale. Insieme, da alleati, si vince. Non smettete di tenere in relazione le varie realtà, soprattutto quelle in crisi. La perdita di posti di lavoro è una sconfitta per l’intera società, non solo per le singole comunità e per le famiglie.

Vi invito ad essere creativi sotto tre dimensioni:

  1. Artigiani di lavoro: la creatività nel mondo del lavoro non è scontata. Sappiamo quanto sia grave la mancanza di intrapresa in Italia negli ultimi anni. Il lavoro non lo porta la cicogna, ma la creatività di persone che hanno un’idea di produzione e la realizzano. Questa creatività non è in vendita al supermercato. Va educata attraverso un atteggiamento propositivo nei confronti della vita e del mondo. Si diventa responsabili cercando il proprio posto nel mondo e attivandosi per renderlo migliore. Il lavoro è creativo perché è un modo di prendersi cura della creazione. È vocazione. Ce lo insegna la Laudato si’ di Papa Francesco. Molti giovani non sono adeguatamente accompagnati in questo compito. C’è ancora molto da fare. Occorre favorire la creatività giovanile, stanarla, farla emergere. Molti tesori sono ancora nascosti sottoterra per paura, come ricorda la parabola evangelica. Non ci si deve rassegnare a vedere adolescenti NEET, né in formazione né al lavoro. Deve stringerci il cuore quando vediamo giovani ripiegati su se stessi, chiusi in casa, interiormente spenti. La creatività è sempre all’interno di una esistenza amata e capace di amare, accompagnata e promossa. Investiamo sui giovani, talenti o no, del nostro Paese. Ogni giovane merita una speciale attenzione.
  2. Artigiani della società: la nostra Costituzione repubblicana parte dal presupposto che sono molteplici le forme con cui si può partecipare al bene comune del Paese. Il voto è uno di questi. Ma anche attraverso la creatività del lavoro noi costruiamo la società. Le Chiese in Italia sono in cammino vero la 50a Settimana sociale, che sarà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. Rifletteremo sul cuore della democrazia, che risiede nel dono di partecipare al bene comune. La creatività di ciascuno edifica la società. Non rinunciamo a volare alto. Viviamo una stagione in cui siamo chiamati a grandi scelte. Ce lo chiede il futuro dei nostri giovani. Possiamo oggi cavalcare l’adattamento verso i cambiamenti climatici in corso. Il pensiero va alle famiglie e alle attività toscane che nei giorni scorsi si sono viste spazzati via in poche ore i sacrifici di una vita. Non possiamo assistere impotenti davanti a scene simili. Siamo chiamati in causa. Sentiamoci coinvolti. Non vogliamo più raccontare di siccità e alluvioni, ma di solidarietà e di prevenzione. Tutti siamo responsabili e siamo chiamati, come suggerisce il Papa, a reagire con determinazione, prima che sia troppo tardi. Scrive in Laudate Deum, 2:«Il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti». Anche l’artigianato può fare scelte condivise per limitare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle popolazioni locali. Forse serve una strategia di investimenti per realizzare Comunità energetiche rinnovabili (CER) nei territori. Può essere un primo passo. Ma segnala un cambio di paradigma culturale.
  3. Artigiani di pace. Mi sembra molto bello e profetico che Francesco nella Fratelli tutti usi il vostro lavoro per descrivere cosa bisogna fare davanti alle immani tragedie di guerra cui assistiamo impotenti. Siamo chiamati a divenire artigiani di pace. Sessant’anni fa un altro Pontefice, Giovanni XXIII, scriveva la Pacem in Terris nel pieno della guerra fredda e invocava architetti di pace. Possiamo connettere e mettere insieme i due insegnamenti pontifici per dire quanto oggi siano necessari sia artigiani di pace sia architetti di pace. Tutto ciò per dire che la pace ha a che fare con i gesti quotidiani, ma ha bisogno di strutturarsi dentro a istituzioni. Tutti e due i livelli sono importanti. Voi artigiani potete dirci cosa significhi diventare «artigiani di pace», attraverso il coinvolgimento in prima persona, grazie a gesti ordinari e abituali di riconciliazione. Alla pace o ci si allena tutti i giorni e tutti insieme, oppure si finisce per raccogliere i cocci nelle lacrime e nella disperazione dei civili innocenti. Quando prendono il sopravvento i potenti e i commercianti di armi è già troppo tardi. La visione di Papa Francesco in Fratelli tutti 231 è una bella sintesi:

«C’è una “architettura” della pace, nella quale intervengono le varie istituzioni della società, ciascuna secondo la propria competenza, però c’è anche un “artigianato” della pace che ci coinvolge tutti. A partire da diversi processi di pace che si sviluppano in vari luoghi del mondo, abbiamo imparato che queste vie di pacificazione, di primato della ragione sulla vendetta, di delicata armonia tra la politica e il diritto, non possono ovviare ai percorsi della gente. Non è sufficiente il disegno di quadri normativi e accordi istituzionali tra gruppi politici o economici di buona volontà. […] Inoltre, è sempre prezioso inserire nei nostri processi di pace l’esperienza di settori che, in molte occasioni, sono stati resi invisibili, affinché siano proprio le comunità a colorare i processi di memoria collettiva».

Il vostro lavoro può aiutarci ad avere un alfabeto della pace, partendo dai gesti più elementari per arrivare fino alle costruzioni giuridiche più complesse. Confidiamo nel vostro apporto.

Roma, Auditorium Conciliazione
10/11/2023
condividi su