Santissima Trinità nella basilica di Sant’Antonio a Padova

Celebriamo oggi il mistero di Dio che è esso stesso comunità. Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone ed un’unica sostanza. Davvero il mistero dell’amore non lo comprenderemo mai con una dimostrazione, che risolva ogni dubbio e sollevi dalla cura e dalla fiducia che un amore richiede. Non è un algoritmo che fa trovare risposte sicure e dimostrazioni convincenti. Non sarebbe amore, ma l’accettazione di un’evidenza, mentre l’amore è sempre una libera e totale apertura e un abbandono pieno nell’altro.

L’amore è aprirsi gratuitamente, disarmati, solo per amore, appunto, non per interesse o calcolo. Il mondo intorno a noi suggestiona con passioni incolte e superficiali, induce a amori facili, rapidi, senza forzo e sacrificio. Sono superficiali ma feriscono lo stesso, e la delusione indurisce il cuore o banalizza l’amore. Dio non smette di insegnarci ad amare perché ci vuole davvero suoi, a sua immagine. Non rinuncia a credere che lo possiamo diventare, che poi significa essere persone e non bruti.

Oggi è la festa della comunione, che rende uno. La divisione, al contrario, scompone quello che è unito, riduce a singolare quello che è plurale, divide facendo credere che stiamo bene da soli, che la persona trova la sua identità affermandosi sugli altri, facendo da sola.

Quante volte la non autosufficienza viene giudicata una condanna, addirittura la fine della vita stessa? E anche nella pandemia abbiamo visto come si finiscono per scartare sempre i più deboli. Dio stesso potremmo dire non è autosufficiente, tanto che è comunione di tre persone e ci cerca, manda il Figlio, perché non vuole stare da solo. Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico figlio per salvarlo. Noi saremo comunione piena, cioè un amore senza diaframmi, senza paure e gelosie, una cosa sola con Dio e tra di noi. E in realtà lo siamo già ogni volta che prendiamo sul serio l’amore che Gesù ci ha lasciato come comandamento.

La salvezza che Gesù è venuto a portare è entrare nella comunione di amore di Dio, essere suoi, come Lui, stare assieme, trovare il posto nella casa del padre. Non su un’altra tavola, ma la sua mensa; non nella casa del custode, ma nella casa del padre, dove “tutto ciò che è mio è tuo”. Solo lo Spirito ci aiuta a conoscere, sentire, vivere oggi la sua presenza, quella che Gesù ha rivelato, nella nostra povera vicenda umana, concreta com’è. Dicevano i padri della Chiesa che la Trinità non è un’addizione, perché non diciamo “uno, due e tre o primo, secondo e terzo”.

E’, come diceva un padre della Chiesa moderno, Dio non è uno più uno più uno che fa tre, ma è uno per uno per uno che fa uno! Tutti noi camminiamo verso questa comunione e la viviamo quando ci pensiamo per gli altri e condividiamo quello che siamo e abbiamo. “Abbiate gli stessi sentimenti”, scrive l’Apostolo Paolo alla comunità di Corinto. Non cediamo alla tentazione di imporre i nostri, esercitandoci nei confronti, imponendo le ragioni, pensandoci sempre al centro e riducendo il prossimo solo a quello che serve a noi. L’amore è esattamente il contrario: siamo al centro perché in relazione a qualcuno, non viceversa. Noi, individualisti come siamo, facciamo enorme fatica a capirlo perché siamo attenti al nostro io, convinti che per trovarlo dobbiamo distinguerci dagli altri, spesso contrapporci; pieni di difese anche da chi ci vuole bene.

L’amore ci rende uno, tanto che la prima comunità aveva un cuore solo ed un’anima sola. Non avevano un’attività in comune, una frequentazione o un momento di festa anche esaltante. Non basta qualche interesse anche importante e nobile per vivere in comunione, ma ci chiede tutto il cuore, cioè la vita! Dio è relazione, si pensa per noi e ci ama perché così si diventa uno la metà dell’altro! Solo insieme si è se stessi. L’io trova l’io solo col noi! In queste settimane siamo stati tutti obbligati esattamente il contrario: l’isolamento. Ma forse proprio a causa di questo, del digiuno dalle abitudini e dalle convenienze, abbiamo capito meglio che non possiamo vivere come isole e che possiamo non vivere come isole, che diventare un’isola è una condanna.

Abbiamo sentito il peso di essere lasciati soli, lo smarrimento, il turbamento che questo provoca. Abbiamo vissuto la sofferenza di non potere accompagnare le persone amate, come avremmo desiderato, come è accaduto dolorosamente a tanti. Non accettiamo mai che qualcuno sia lasciato solo nei momenti più difficili e drammatici della vita. Questa consapevolezza delle conseguenze dell’isolamento ci porta a costruire relazioni profonde, piene dell’amore che Dio ci insegna e vive per primo, a proteggere dal virus della solitudine e dell’abbandono. Non possiamo mai accettare che si arrivi a togliere valore alla vita tanto che da teorizzare e ad accettare come normale che uno sia salvato e uno no a seconda dell’età.

Il contrario dell’isolamento è la comunione, la comunità. Il cristiano non dovrebbe mai pensarsi senza comunità da amare e servire come la propria famiglia. Davvero siamo sulla stessa barca! Solo l’umiltà ci permette di essere una cosa sola, perché l’orgoglio ci fa pensare da soli e ha paura di perdersi nell’altro. Umile è anche chi non si riempie delle sue agitazioni per dimostrare quanto è capace, ma si ferma per ascoltare l’altro, fa silenzio dentro di sé.

Diceva Sant’Antonio: “Se vuoi che ti appaia in te il volto di Cristo che ti guarda, distenditi e riposa”, cioè fermati, come Maria ad ascoltare Gesù e non agitarti come Marta. Distendiamoci sulla Parola e riposiamo nella preghiera. Sant’Antonio si pensava così: “Io, il più piccolo di voi tutti, vostro fratello e schiavo, ho composto questo commento ai Vangeli della domenica per la vostra consolazione, per l’edificazione dei fedeli, per la remissione dei miei peccati”. L’amore vicendevole, la comunione dei fratelli e con Dio inizia proprio nell’essere umili, pieni di gioia perché amati e consapevoli della grazia di essere suoi.

Sant’Antonio non nasce come predicatore, ma lo diventa per obbedienza! Prendiamo anche noi sempre sul serio quello che il Signore e i fratelli ci chiedono e quello che è utile a loro e all’edificazione della comunità e umilmente disponibili scopriremo il nostro talento. Raccontavano di lui che all’inizio era considerato “pratico più nel lavare le stoviglie di cucina che nell’esporre i misteri della Scrittura”. Il vangelo che Sant’Antonio predica e vive è molto concreto e chiede di cambiare i cuori e cambia il mondo intorno.

A Padova vi era molta usura, e lui arrivò a fare modificare anche la legislazione nei confronti dei debitori insolventi. Questa è la forza del Vangelo e sapere trarre da questo stili di vita e visioni per difendere la persona e cambiare anche le regole della vita comune. E pensiamo ai rischi della disoccupazione o di quanti si trovano in difficoltà economiche e finiscono nei tentacoli pericolosi delle mafie. Il Vangelo apre al cielo ma anche alla terra!

Raccontano di Sant’Antonio i suoi contemporanei: “Riconduceva a pace fraterna; ridava la libertà ai detenuti; faceva restituire ciò che era stato rapito con l’usura o la violenza, liberava le prostitute dal turpe mercato e ladri famosi per misfatti trattenevano dal mettere le unghie sulle cose altrui (Vita prima 11-12) Il Vangelo cambia la vita, guarisce quello che è malato nel mondo e ripara quello che è rotto. C’è molto da guarire in un mondo segnato da tanti virus ai quali non potremo mai abituarci.

Nella pandemia alziamo lo sguardo per riconoscere il Signore in mezzo a noi, che viene per liberarci dalla tentazione di salvarci da soli e ci insegna ad amare il prossimo, ad iniziare dai poveri. Sant’Antonio diceva: “Il tuo cielo sia il povero: in lui riponi il tuo tesoro, affinché in lui sia sempre il tuo cuore”. Il povero come il cielo: amarlo ci apre all’amore vero, perché solo dono, gratuità, senza calcoli e convenienze, come quello di Dio.

Con le parole di Sant’Antonio anche noi preghiamo così: “Ti preghiamo Signore Gesù che tu ci leghi con l’amore verso di te e verso il prossimo in modo tale da riuscire ad amarti con tutto il cuore, cioè così profondamente da non essere mai distolti dal tuo amore; con tutta l’anima, cioè con sapienza per non essere ingannati da altri amori; con tutte le forze e con tutta la mente, cioè con grande tenerezza per non essere mai indotti a separarci dal tuo amore e per amare il prossimo come noi stessi. Accordacelo Tu che sei benedetto nei secoli dei secoli. Amen”

07/06/2020
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