1. Cari fratelli e sorelle, nelle parole che Gesù pronuncia sul pane e sul vino nell’ultima cena, si manifesta quale significato Egli attribuiva alla sua passione e morte imminenti, con quale consapevolezza le affrontava. Partiamo dalla considerazione delle parole dette sul calice, perché sono più esplicite.
«Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti». è un sangue «versato», cioè effuso in sacrificio espiatorio. Gesù nell’ultima cena ha la consapevolezza che la sua morte avrà un significato sacrificale. Con quelle parole Egli ha veramente dischiuso il senso della sua morte come sacrificio.
è così che la Chiesa fin dall’inizio ha compreso quelle parole di Gesù, come risulta dalla seconda lettura.
L’autore ispirato della Lettera agli Ebrei istituisce due paragoni. Il primo fra il gesto del sommo sacerdote ebraico che entra nella stanza più intima del tempio, e l’ingresso di Gesù nella pienezza della gloria divina. Il secondo paragone è istituito fra le offerte di animali il cui sangue veniva effuso per ottenere il perdono dei peccati, e il sangue di Gesù effuso sulla Croce.
Questo duplice paragone mira ad un solo scopo. Tutto ciò che l’uomo aveva compiuto, consapevole come era del suo stato di peccato, per rientrare nell’alleanza col suo Creatore, erano solo tentativi inefficaci. Ma nello stesso tempo erano attesa, erano invocazione di un sangue versato, di un sacrificio vero che fosse capace di reintrodurre l’uomo nella comunione con Dio; capace di liberare l’uomo dall’assenza di Dio.
«Il sangue di Cristo, il quale con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente». La fede della Chiesa ci dà in queste parole l’interpretazione più profonda delle parole dette da Gesù sul calice nell’ultima cena. «Questo è il mio sangue … versato per molti» – «con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio». Abbiamo davvero raggiunto le profondità del Cuore di Cristo.
Nell’ultima cena Gesù, anticipando nel suo spirito la passione e la morte imminente, mosso dalla potenza dell’amore che è lo Spirito Santo, offre Se stesso, “per purificare la nostra coscienza dalle opere morte, perché potessimo servire il Dio vivente”. Gesù vive la sua morte e la sua passione come supremo atto di amore.
Ma Gesù ha detto sul calice un’altra parola profondamente suggestiva: «questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza». Questa parola viene lungamente meditata nella seconda lettura, dove si dice: «per questo [cioè per aver offerto Se stesso] Egli è mediatore di una nuova alleanza». Non solo, ma le parole di Gesù sembrano echeggiare le parole e i gesti di Mosè quando al Sinai siglò l’alleanza del popolo con Dio. «Allora Mosè prese il sangue», come Gesù prende il calice; e dice: «ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi», e Gesù: «questo calice è il mio sangue, il sangue dell’alleanza».
è Gesù che con il suo proprio sangue, cioè col dono che fa di Se stesso sulla croce, ristabilisce una nuova ed eterna alleanza di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio, e reintroduce l’uomo alla presenza di Dio. L’alleanza di cui parla la prima lettura era una prefigurazione ed indicava una meta oltre se stessa, che nell’ultima cena – sulla croce si compie. è la nuova alleanza, di cui i profeti avevano parlato [cfr. Ger 31, 31 ss.].
2. Cari fratelli e sorelle, non pensate che quanto ci ha narrato il S. Vangelo sia solamente un avvenimento accaduto molti secoli orsono. Le parole di Gesù istituiscono un rapporto reale fra la sua morte che è il dono di Sé, e il pane e il vino dati da mangiare e bere ai suoi commensali.
Come vi dicevo, il sangue sparso di Gesù sigla la nuova alleanza fra Dio e l’uomo; la sua morte “purifica la nostra coscienza dalle opere morte, perché possiamo servire il Signore”. Ma perché ciascuno di noi entri nell’alleanza del Signore; perché sia purificato e possa servire il Signore, deve essere “asperso dal sangue di Cristo”. Cioè: deve avere un rapporto reale colla morte di Gesù; ciascuno deve poter avere un rapporto personale con il Cristo che ci ama e dona Se stesso. Questa possibilità è offerta all’uomo ogni volta che celebriamo l’Eucarestia.
Mediante la celebrazione dell’Eucarestia il dono che Cristo ha fatto di Sé sulla croce, si fa presente in ogni tempo e luogo. Ma si fa presente sotto i segni del pane e del vino, manifestando che la presenza non è semplicemente uno stare l’uno di fronte all’altro, ma l’uno – Gesù – nell’altro, ciascuno di noi. é una presenza di immanenza: chi mangia la sua carne e beve il suo sangue, è in Cristo e Cristo è in lui. E siamo già , sia pure sotto i veli della fede, nella Vita eterna.
