Veglia di preghiera per la pace in Congo, in Africa e nel mondo

Il profeta Isaia (58,1-9) grida a squarciagola, con tutto se stesso, di fronte alle ingiustizie e ai frutti drammatici che queste causano nella vita delle persone, specialmente dei poveri. C’è un atteggiamento ipocrita pieno di rispetto formale che, in realtà, è solo indifferenza. Le sue parole ci aiutano a sentire il grido disperato di Rachele che piange perché i suoi figli non sono più. Lasciamoci ferire, e anche svegliare, da questa sofferenza che ci inquieta e ci interroga sulle cause e sulle complicità, a cominciare dalle omissioni, perché la speranza che ci è affidata non è un elegante e distaccato ottimismo, o l’ennesima ricetta per una felicità individuale, ma è lotta per la vita, è doloroso duello contro la morte, il nemico che inghiotte tutti e che non dobbiamo mai smettere di riconoscere, smascherare e combattere.

Siamo all’inizio del tempo di cambiamento che è la Quaresima, che ci prepara alla gioia e ci chiede tanta speranza per affrontare le pandemie e vincerle. Il profeta Isaia rimprovera che, invece di digiunare per capire il male e combatterlo, curiamo i nostri affari, cioè l’interesse individuale e non quello di tutti. Finiamo così, inevitabilmente, fra litigi e alterchi, “colpendo con pugni iniqui”, possessivi, come chi pensa solo a sé. Questa è la conseguenza della forza del mondo, dell’imporsi sopra agli altri, dello sfidare invece di convincere, di guardare dall’alto e non alla pari, del possedere invece che condividere, dell’utile di qualcuno contrapposto a quello degli altri. Abbiamo troppo poco paura della guerra mentre l’abbiamo del dialogo, perché lo abbiamo reso pavidità, arrendevolezza.

Abbiamo troppo poco paura delle conseguenze della violenza, di quella forza che diventa potere e che determina le decisioni. Senza scegliere il dialogo, l’incontro, senza difendere il “mai più contro gli altri”, “mai più senza gli altri”, diventa inevitabile la logica del riarmo, quella che non darà la sicurezza, perché solo con una forza che superi e unisca le tante forze si potrà dominare quella della divisione e della contrapposizione. Continuiamo a preparare la guerra pensando così di avere la pace? Non abbiamo ancora capito? Cerchiamo la pace! Chiediamo la pace! Il mondo ha bisogno di pace! È un dovere costruire la pace. Dio è Dio di pace.

A volte pensiamo tristemente che non possiamo fare nulla dimenticando le umili armi della Quaresima, le uniche che vincono il male. Quella dell’elemosina, il perdere e non conservare, la ricompensa che nessuno potrà toglierci, l’unica che dura per sempre. Quella della preghiera, che ci unisce a quel grido di pace e di giustizia che sale dalle trincee, dai villaggi, dai campi profughi, da chi ha perduto tutto, dagli ospedali senza medicine e senza medici, dai palazzi ridotti a rovine, dalle praterie africane dove sei perduto e senza nulla nella vertigine di uno spazio infinito.

Pratichiamo il digiuno che vuole il Signore per combattere il male e preparare la pace. Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo è possibile a tutti e richiede che “la fede sia gioiosa, la carità entusiasta”, che “ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza”. La pace inizia nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo. Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Troviamo pace dando pace.

Nel Giubileo ci confrontiamo con il mondo “immemore dei drammi del passato”. Papa Francesco si interroga: “Com’è possibile che il loro grido disperato di aiuto non spinga i responsabili delle Nazioni a voler porre fine ai troppi conflitti regionali, consapevoli delle conseguenze che ne possono derivare a livello mondiale?”. Com’ è possibile? “È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno «operatori di pace saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura”.

La guerra inizia quando si demonizza il nemico e, in realtà, è sempre tra fratelli. Allora il digiuno è dalle parole di odio e dall’insipienza della nostra vita perché senza amore. Perché non siamo ossessionati dall’idea di come smettere la guerra invece di esserlo per le armi? La guerra induce la contrapposizione bianco e nero, vittoria e sconfitta, e costringe tutti a fare quello che non vorrebbero perché trascina tutti nell’ingiustizia di alzare le mani contro il fratello.

La guerra rende tutti uguali, tutti nemici e tutti posseduti dal demone dell’inimicizia. La pace, allora, è un dovere ed è l’unica sopravvivenza. Per questo continuiamo a ripudiare la guerra e per farlo dobbiamo investire nella pace. Ce lo impone l’essere cristiani. Consideriamo la guerra un tabù, non perché inconsapevoli o pigri ma per realismo. Non come chi crede, invece, sia la guerra realismo e non quello che è, follia. Non smettiamo di credere che solo il dialogo e la costruzione di una convivenza pacifica siano l’unico futuro per l’umanità, fragili come sono anche nel rapporto tra Paesi, pericolosamente inquinati dal virus del nazionalismo e dall’etnicismo, che niente hanno a che fare con l’appartenenza ad una patria, ad un popolo e, tanto meno, alla casa comune.

Questa sera ricordiamo tutti i Paesi in guerra, e in particolare uno dei pezzi dimenticati della Terza Guerra Mondiale, il Congo, Paese attraversato da anni da una violenza disumana davanti alla quale, come disse Papa Francesco dopo aver ascoltatate le testimonianze dei sopravvissuti, “possiamo solo piangere, senza parole, rimanendo in silenzio”.

Bunia, Beni-Butembo, Goma, Masisi, Rutshuru, Bukavu, Uvira, sono i luoghi che i media internazionali non menzionano quasi mai. C’è guerra e guerra. Don Davide Marcheselli, ci ha scritto proprio per questa Veglia – lo ringraziamo per la sua testimonianza evangelica, per la sua passione per la giustizia e la promozione umana – e dice che c’è “guerra raccontata, spettacolare, perché noi siamo con i buoni, e guerra mascherata, per far apparire i cattivi buoni e i buoni cattivi. Chi fa la guerra non fa notizia, perché queste non valgono, e questa guerra non è nuova (anche se in molti la scoprono soltanto ora), dura da troppo tempo. La Repubblica Democratica del Congo è il Paese più ricco al mondo di minerali. La guerra è lucrativa. Ne sanno qualcosa i fabbricanti di armi che ammassano miliardi di dollari nelle loro tasche producendo strumenti di morte”.

Papa Francesco disse in occasione del suo viaggio in Congo e dopo avere ascoltato le testimonianze delle vittime: “Le vostre lacrime sono le mie lacrime, il vostro dolore è il mio dolore. A ogni famiglia in lutto o sfollata a causa di villaggi bruciati e altri crimini di guerra, ai sopravvissuti alle violenze sessuali, a ogni bambino e adulto ferito, dico: sono con voi, vorrei portarvi la carezza di Dio. Fratelli e sorelle, la Chiesa è e sarà sempre dalla vostra parte. Condanno le violenze armate, i massacri, gli stupri, la distruzione e l’occupazione di villaggi, il saccheggio di campi e di bestiame che continuano a essere perpetrati nella Repubblica Democratica del Congo. E pure il sanguinoso, illegale sfruttamento della ricchezza di questo Paese, così come i tentativi di frammentarlo per poterlo gestire. Rivolgo un vibrante appello a tutte le persone, a tutte le entità, interne ed esterne, che tirano i fili della guerra nella Repubblica Democratica del Congo, depredandola, flagellandola e destabilizzandola. Vi arricchite attraverso lo sfruttamento illegale dei beni di questo Paese e il cruento sacrificio di vittime innocenti. Ascoltate il grido del loro sangue (cfr Gen 4,10), prestate orecchio alla voce di Dio, che vi chiama alla conversione, e a quella della vostra coscienza: fate tacere le armi, mettete fine alla guerra. Basta! Basta arricchirsi sulla pelle dei più deboli, basta arricchirsi con risorse e soldi sporchi di sangue!”.

Questa sera sentiamo una forza di speranza per dire no alla violenza, sempre e comunque. No alla violenza! Papa Francesco citò un proverbio: «Quando mangi la noce vedi la palma, ma chi l’ha piantata è tornato alla terra molto tempo fa». Bisogna lavorare con lo stesso spirito dei piantatori di palme, seminando il bene. E la pace, che è l’unica che può dare frutti di vita e non di morte.

Bologna. basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano
07/03/2025
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