XXI Congresso provinciale del Centro sportivo italiano (CSI) « La pazienza di educare attraverso lo sport»

Bologna, Villa Pallavicini

Ringrazio il Presidente Stefano Gamberini per avermi invitato al vostro XXI Congresso Provinciale e, in qualità di Vicario Episcopale per l’animazione cristiana delle realtà temporali, sono particolarmente lieto di portare il saluto della Chiesa di Bologna.
Il nuovo Arcivescovo, S. E. Mons. Carlo Caffarra, mio tramite, esprime tutto il suo compiacimento al C.S.I. di Bologna per l’impegno costante e altamente meritorio profuso nel campo della promozione umana e spirituale dei giovani.
Un caro saluto anche ai Consulenti ecclesiastici Can. Luigi Guaraldi e Don Giovanni Sandri, che seguono l’associazione con animo sacerdotale, forte passione apostolica e piena dedizione.
Il C.S.I., quest’anno, compie sessant’anni. È sorto, infatti, nel 1944 come Opera della Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Il C.S.I. è un’associazione che promuove un movimento sportivo orientato a fare dello sport «un momento di educazione, di crescita, di impegno e di aggregazione sociale, ispirandosi alla visione cristiana dell’uomo e della storia» (Statuto, art. 1). Per questo è riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana come associazione ecclesiale e fa parte della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (CNAL).
“ La pazienza di educare attraverso lo sport”
Il compito educativo, oggi, soffre di una forte allergia e pochi se ne assumono l’esigente responsabilità. Pertanto, l’icona tematica che avete scelto per il vostro XXI Congresso vi fa onore e vi pone “in prima fila” nel rispondere alle esigenze primarie della nostra società.
Oggi si registra un alto indice di «inquietudine collettiva», alimentata dalla rincorsa al «nuovo», inteso come rottura irriflessa col passato. In nome del progresso «accelerato» e senza soluzione di continuità, si è innescato una specie di «circolo perverso», che ci schiaccia su un presente acritico ed «eclettico».
In tal modo, si spegne nei giovani la memoria delle nostre radici culturali e si concede spazio al peggio delle culture planetarie emergenti. Inoltre non si riflette sull’effetto del loro impatto con la nostra storia e tanto meno sul loro grado di verità, mortificando così il retto uso della ragione (Cf. Fides et ratio, 86), un fattore indispensabile per una democrazia aperta ai valori universali condivisi.
In tale contesto, anche lo sport entra in uno stato di “sofferenza”, perché annaspa tra mille difficoltà e tante contraddizioni che caratterizzano questa nostra società.
Ciò nonostante, la Chiesa – di cui voi siete una valida e feconda espressione – continua a guardare con simpatia lo sport come strumento che “appartiene al patrimonio comune degli uomini e particolarmente adatto al perfezionamento morale e alla formazione umana» (Gaudium et spes, 4).
Il 2004: anno europeo dello sport
Con lo slogan: «La pazienza di educare attraverso lo sport», il XXI Congresso Provinciale del C.S.I. si è messo in sintonia con l’“Anno europeo dello sport”, che ripresenta il compito educativo mediante l’attività sportiva come un’esigenza imprescindibile, sostenuta dal motto: «Muovi il corpo e attiva la mente».
In sostanza, l’Unione Europea, proponendo nel 2004 un’attenzione specifica allo sport, intende tornare allo «spirito olimpico» e ai principi di Pierre de Coubertin, ideatore delle Olimpiadi moderne, che poneva l’accento sulla formazione della persona, attraverso la pratica dello sport amatoriale, basato sull’ampia partecipazione, nello spirito di un leale confronto tra le risorse fisiche e spirituali dei singoli individui.
Di fatto, torna l’esigenza di riscoprire il valore pedagogico dello sport e di rafforzare il ruolo della componente ludica nella società, perché l’attività agonistica, non solo contribuisce all’equilibrio fisico, ma anche a quello spirituale e porta in sé la capacità di coniugare insieme la competizione e la solidarietà, l’affermazione personale col gioco di squadra, nel superamento delle spinte egocentriche.
In Italia, l’anno europeo dello sport ha spinto il “Forum del Terzo Settore” e le associazioni di promozione sportiva ad esso aderenti a varare la «Carta dei principi dello sport per tutti». Lo scopo, tra l’altro, è quello di giungere ad una riforma legislativa, che sancisca un diverso modello sportivo, nel quale trovi spazio il ruolo sociale dello sport per tutti.
Guardare in faccia la realtà
Si vuole, in sostanza, porre in essere un’alternativa alla situazione attuale, che molti hanno sintetizzato nella formula sbrigativa, ma efficace: «sport dopato»: in senso fisico, finanziario e morale, situazione che spinge le giovani generazioni nella deriva delle illusioni, delle frustrazioni e della stessa violenza come metodo di confronto.
Indubbiamente è giunta l’ora di guardare in faccia la realtà: oggi, in Italia, lo sport che fa parlare di sé ha preso una brutta piega. Si è trasformato in un macchina mangiasoldi che non vive di forza propria ma, a quanto pare, spende e spande più di quello che produce.
In sostanza si affaccia sempre più alla ribalta della scena nazionale ed europea come un grande “business”, che desume i suoi criteri operativi dal mercato, relegando il compito educativo e formativo a pure operazioni di facciata.
In questo contesto l’attività sportiva rischia di affogare nelle acque agitate di una competitività da “Grande fratello”, dove la prospettiva del “saranno famosi” non lascia più spazio all’autodisciplina, al superamento dell’egoismo, al sano confronto con gli altri.
Lo sport in un progetto educativo globale
Il Centro Sportivo Italiano sa che le potenzialità educative dello sport non vanno enfatizzate in se stesse, ma solo se messe in sintonia con un progetto educativo globale.
Per questo, nella proposta del C.S.I. l’esercizio fisico e il tirocinio spirituale si fondono per raggiungere traguardi sempre più esigenti nella promozione umana in quanto tale e non solo dei singoli.
In tale prospettiva, la pedagogia sportiva cristiana vede nel salire sul podio o nei piani alti della classifica, non solo un’affermazione dell’individuo o di una squadra, ma lo stimolo della volontà di tutti all’impegno, alla solidarietà, al recupero dei più deboli, al superamento di quelle spinte negative che generano il rambismo da stadio o da post-partita e che umiliano la società civile e la democrazia.
Secondo la visione sportiva cristianamente ispirata, l’atleta o la squadra vincente, diventa segno di un’umanità in grado di governare se stessa, perché sostenuta dalla grazia di Dio e, perciò, in grado di accogliere tutte le sfide dell’esistenza – sconfitte comprese – nella consapevolezza che l’uomo e la donna sono chiamati a vincere la battaglia del bene contro il male
Gioia, festa, lotta
Nell’ottica della pedagogia cristiana l’attività sportiva ha bisogno di rilanciare l’«identikit» che il Papa stesso ha disegnato: «lo sport è gioia di vivere, gioco, festa e come tale va valorizzato e riscattato, oggi, dagli eccessi di tecnicismo e di professionismo, mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere i vincoli di amicizia e di apertura verso gli altri» (Giovanni Paolo II, 12-4-1984).
In vista di questi traguardi, la Chiesa continua a mostrare a tutti la sorgente della gioia e della festa, cioè la Pasqua del Signore, che ogni domenica, nella Messa, viene resa disponibile a tutti i battezzati, come sorgente inesauribile di energie spirituali.
Su questo orizzonte, con la venuta di Cristo, sappiamo che sono iniziati gli «ultimi tempi» (Cf. Eb 1, 2), è scoccata l’«ultima ora» (Cf. 1 Gv 2, 18) e già è attivo il tempo della Chiesa, che si presenta come «momento favorevole» e «giorno della salvezza» (Cf. 2 Cor 6, 2).
Ma sappiamo anche che è scoccata l’«ora della tentazione» Cf. Ap 3, 10) e della lotta, un aspetto imprescindibile della nostra vita, per «non accogliere invano la grazia di Dio» (Cf. 2 Cor 6, 1) e rimanere prigionieri dell’«impero delle tenebre» (Cf. Lc 22, 53).
Il «principe di questo mondo» (Cf. Gv 12,31), precipitato sulla terra «pieno di grande furore», «sapendo che gli resta poco tempo» (Cf. Ap 12, 12), si è messo a «far guerra… contro quelli che osservano i comandamenti e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (Ap 12, 17). E una vittoria l’ha già ottenuta, convincendo molti, specialmente i “sapienti” di questo mondo, che il demonio non esiste.
Ma i credenti sanno che esiste e che Cristo, grazie al suo Mistero Pasquale, ci ha strappato dalla schiavitù di Satana e del peccato, facendo prevalere il tempo luminoso della benedizione sulla notte oscura della maledizione.
La dimensione “simbolica” e “profetica” dello sport
In questa prospettiva, il riposo domenicale e festivo vissuto anche nella dimensione sportiva assume essenzialmente una dimensione «simbolica» e «profetica»: esso sta ad affermare la superiorità dell’uomo sull’ambiente che lo circonda e sulle forze del male.
Col gioco e il riposo della festa, l’uomo riconosce come suo il mondo che Dio gli ha consegnato (Cf. Gen 1, 27-29), perché lo trasformi, con l’energia della Pasqua, nella creazione «nuova» e nella liberazione «definitiva» dai condizionamenti del peccato e dalle sue nefaste conseguenze, sulla vita personale e sociale.
Tutto ciò comporta delle conseguenze concrete nella pedagogia sportiva, che deve proporre alcuni traguardi:
a) aiutare i giovani a riconciliare la festa domenicale con lo sport: la programmazione sportiva che non lascia spazio alla Messa priva il giovane di un sostegno indispensabile per orientare al bene la sua vita;
b) reintrodurre nelle tappe dell’educazione fisica la dimensione morale, cioè l’osservanza dei Comandamenti di Dio, come palestra formativa della volontà, allo scopo di vincere la partita più importante, quella che punta alla vittoria del bene sul male, della condivisione e della solidarietà sull’egoismo, della regola di vita sulla sregolatezza sfrenata;
c) ridare, infine, ai ragazzi e ai giovani un bagaglio di valori più consistente perché possano trasformare il loro «tempo libero», in «tempo pieno» di opere buone, verso Dio e verso il prossimo.

Auguro a tutti un buon lavoro!

06/03/2004
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