XXXII Giornata per la vita

Bologna, Santuario di San Luca

Ancora una volta siamo saliti su questo colle  dedicato alla Madre di Dio, per celebrare la 32ª “Giornata per la vita”, in comunione con tutte le Chiese che vivono in Italia. Siamo qui per celebrare l’Eucaristia, “pane spezzato per la vita del mondo”.

L’orizzonte liturgico è quello della 5a domenica del Tempo Ordinario, che pone alla nostra attenzione il tema della vocazione profetica e apostolica nella Chiesa. Il Profeta Isaia, di fronte alla santità di Dio, avverte lo squallore della sua umanità, che viene purificata e abilitata alla missione, dall’intervento diretto “di uno dei serafini”, i messaggeri di Dio che stanno davanti alla sua gloria.

La purificazione col carbone ardente, si configura come un gesto sacramentale, un battesimo che non solo purifica, ma crea e consacra: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato” (Is 6, 7).

A questo punto Dio avanza la grande richiesta: «Chi manderò e chi andrà per noi?» Isaia risponde: «Eccomi, manda me!». Questa risposta nasce da un uomo in possesso della grazia di Dio e, perciò, capace in piena libertà di mettere in campo la sua disponibilità, con entusiasmo e prontezza – senza riserve o restrizioni mentali – per introdurre nel mondo la Parola di Dio che salva l’uomo dal male,  dalla morte e  da una vita senza senso.

Gesù, presso il lago di Genezaret, delinea con più precisione il senso della chiamata al ministero. A Simone e agli altri pescatori – delusi e stanchi per la lunga pesca notturna infruttuosa – dice: “Duc in altum: prendete il largo e gettate le reti per la pesca” (Cfr. Is 5,4).

Nonostante le forti perplessità, i pescatori di Galilea si fidano di Gesù e Simone, sicuro di sé, a nome di tutti, dice; “Sulla tua parola getterò le reti”  e il risultato è sorprendente: “presero una quantità enorme di pesci” (Cfr Is 5,5-6).

Di fronte a questo prodigio, Simone, come Isaia, avverte la sua inconsistenza: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Is 5,8). Ma proprio sulla pochezza di Simone e dei suoi Gesù innesta la sua proposta stupefacente e rivoluzionaria “Non temere – disse a Simone – d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. E senza indugio, “lasciarono tutto e lo seguirono” (Cfr Lc 5,8-11).

Proprio nel “lasciare” e nel “seguire” emerge l’originalità della vocazione cristiana, caratterizzata dall’opzione fondamentale per il Regno, già presente in mysterio nella Chiesa, che sgorga “dal costato di Cristo dormiente sulla Croce”, dove “morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita (Cfr Sacrosanctum Concilium, n. 5).

Anche San Paolo, come Isaia e Simon Pietro, di fronte al Vangelo che annuncia, si sente “indegno di essere chiamato apostolo”, ma non perde tempo in piagnistei inutili e, subito, prende coscienza della realtà: “per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana” (1 Cor 15,10).

Oggi, di fronte all’emergenza della “questione sociale”, divenuta radicalmente “questione antropologica” (Caritas in Veritate, n. 75), ogni credente deve riscoprire la sua vocazione battesimale, che lo abilita a prendere il suo posto di combattimento spirituale e pastorale nella battaglia contro il “mysterium iniquitatis”, sempre in atto (Cfr 2Ts 2,7), “contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù” (Ap 12,17).

Se vogliamo dare spazio alla speranza, è necessario ritrovare il senso del mistero che è in noi e sentirci piccoli e “servi inutili” (Cfr Lc 17,10) di fronte all’abbondanza della grazia di Dio, data “per la vita del mondo” (Gv 6,51).

Se vogliamo usufruire dell’infinita misericordia divina, dobbiamo “umiliarci davanti a Dio; resistere al diavolo, purificare le nostre mani e santificare i nostri cuori” (Cfr Gc 4, 7-10). Ciò significa dare spazio all’”ecologia umana” accanto alla doverosa “ecologia ambientale”.

“Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale – scrive Benedetto XVI – se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano gli embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e con esso quello di ecologia ambientale” (Caritas in veritate, n. 51).

Per questo – continua il Papa – “non si possono minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i nuovi potenti strumenti che la cultura della morte ha a disposizione”: l’aborto, la pianificazione eugenetica delle nascite, la mens eutanasica dilagante (Cfr Caritas in veritate, n 75).

In tale prospettiva, dobbiamo verificare se “anche nell’ambiente ecclesiale è emersa qualche stonatura” (Benedetto XVI) e se la nostra libertà non sia divenuta un pretesto “per vivere secondo la carne” (Cfr Gal 5,13). Se vogliamo che l’”albero della vita” riprenda a germogliare (Cfr Ap 22,2) dobbiamo “camminare secondo lo Spirito” e produrre i suoi frutti: “amore, gioia, pace, fedeltà, dominio di sé” (Cfr Gal 5, 16-22).

Allora, torneranno le famiglie stabili e feconde, fondate sul sacramento del Matrimonio indissolubile tra l’uomo e la donna; torneranno, in numero sufficiente, le vocazioni di speciale consacrazione maschili e femminili; crescerà il numero dei sacerdoti per la celebrazione dell’Eucaristia, senza la quale l’umanità diventa sterile.

 

06/02/2010
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