DOMENICA XXVII PER ANNUM (A)

1. Carissimi fedeli, una delle metafore di cui la Parola di Dio si serve per rivelarci l’amore che Dio ha per il suo popolo Israele, è la metafora della vigna. Lo avete sentito nella prima lettura.

La narrazione della vicenda amorosa che coinvolge Dio ed Israele è commovente: «Egli l’aveva vangata e sgomberata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti…».

Ma questa stessa metafora serve alla Parola di Dio per richiamarci anche alla corrispondenza dovuta alla cura che Dio si prende del suo popolo: «Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica». Fuori metafora: «Egli aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue; attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi».

Mediante l’immagine della vigna dunque la Parola di Dio ci dice due cose legate fra loro: Dio si prende cura del suo popolo, ma esso deve corrispondere all’amor divino con una vita buona e giusta.

Gesù nel Vangelo riprende questo grande insegnamento che Dio aveva dato al suo popolo per mezzo del profeta Isaia, ma vi introduce una novità assoluta. E la novità assoluta è Lui stesso. Dio cioè si prende cura del suo popolo inviando il suo stesso Figlio unigenito: «quando venne la pienezza del tempo» dice l’Apostolo «Dio inviò il suo Figlio, nato da donna» [Gal 4,4].

Narrando, come avevano fatto i profeti, la storia dell’amore di Dio verso il suo popolo, Gesù ci rivela il significato profondo della sua presenza. Egli è la definitiva prova, il segno insuperabile dell’amore di Dio verso Israele: avendo donato il suo Unigenito, ha dato tutto.

Cari fratelli e sorelle, il rifiuto di Gesù da parte del suo popolo è stato totale: «e, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero». è qui suggerita la morte di Gesù sulla croce.

Ed è a questo punto che entriamo in scena noi, ciascuno di noi. Il testo evangelico infatti prosegue: «darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». Cari fedeli, la parola di Dio ci rivela un grande mistero. Poiché Israele ha per ora rifiutato il Vangelo, esso è stato annunciato a noi pagani: è stato annunciato a ciascuno di noi. Noi che non eravamo suo popolo, siamo chiamati popolo di Dio e lo siamo realmente [cfr. Os 2,25]; noi che eravamo esclusi dalla misericordia, abbiamo ottenuto misericordia [cfr. 1Pt 2,10].

Noi oggi celebriamo e glorifichiamo l’amore di Dio che per pura misericordia ci fa oggetto di ogni cura e sollecitazione: siamo diventati la sua vigna.

2. Ma in un certo senso è vero anche di noi ciò che è stato detto di Israele: «sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare». La cura che Dio si prende di noi esige che ciascuno produca frutti di giustizia e di bene.

Ci aiuta a capire bene questa verità una pagina del Vangelo di Giovanni. In essa, Gesù dice di essere lui la vera vite; e noi suoi discepoli i tralci [cfr. Gv 15,1].

Con queste parole Gesù indica la condizione indispensabile perché possiamo produrre frutti: essere uniti a Gesù; essere come innestati in Lui; rimanere in Lui. Solo in questo modo la linfa vitale che è in Gesù scorrerà anche in noi, e noi diventiamo fecondi di buone opere.

In che modo restiamo uniti a Gesù? Mediante la fede e mediante i Sacramenti.

Mediante la fede noi assimiliamo il pensiero di Gesù, e la nostra mente viene illuminata dalla sua Verità. Mediante i sacramenti, soprattutto mediante l’Eucarestia, siamo trasformati in Cristo.

Carissimi fedeli, Dio ci ha usato misericordia ed ora attende da noi frutti di bene. Restiamo uniti a Gesù e produrremo frutti abbondanti.

«In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri»: è per questo che Dio ha dato a voi il Regno.

3. L’apostolo Paolo scrive ai cristiani di Filippi, come avete sentito: «ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare».

Queste parole sono una stupenda descrizione dell’azione catechetica. Essa istituisce un rapporto fra chi catechizza e chi è catechizzato attraverso e la trasmissione di un sapere a cui corrisponde l’ascolto, l’accoglienza e l’apprendimento e la testimonianza di una vita che può essere veduta. E questo rapporto genera una forma di esistenza, un modo di esistere [«quello che dovete fare»].

Alla luce della parola profetica ed evangelica questo evento – ciò che accade quando catechizzate – deve essere compreso all’interno della storia della salvezza. Voi siete coloro che sono inviati a “coltivare i vitigni”, così che producano frutti buoni, siete dentro a quella storia d’amore di cui parla il profeta ed il Vangelo.

Custodite i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù: solo così educherete le persone a fare oggetto dei loro pensieri tutto e solo «quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode». Iniziando le persone al mistero di Cristo, date risposta a quel desiderio di vero e di bello che è nel cuore di ogni persona.

05/10/2008
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