funerali di mons. Francesco Marchi

Bologna, Chiesa di San Procolo

“Non sia turbato il vostro cuore”.

A quanti oggi, per la dipartita da noi di Monsignor Francesco Marchi – i suoi familiari, i suoi amici ed estimatori, tutta questa comunità di San Procolo – avvertono il turbamento del cuore e la pena che sempre suscita la morte di una persona cara, Gesù rivolge una parola rasserenante: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti” (Gv 14,1-2).

Don Francesco, che nella sua lunga vita ha sempre abitato con la totalità del suo essere nella casa di Dio che è la Chiesa, adesso si è solo sottratto al nostro sguardo e ha solo cambiato di posto: sempre restando nella stessa “casa” – cioè nella famiglia di Cristo – si è avvicinato di più al suo Signore.

Nelle parole di san Paolo che abbiamo ascoltato, non facciamo fatica a leggere le ragioni della nostra speranza e i fondamenti della nostra rassegnazione: “Nessuno di noi vive per se stesso” (Rm 14,7).

Sono in molti qui a poter dare testimonianza di come questo amabile e fedele sacerdote non sia vissuto per se stesso, ma per il Signore Gesù ravvisato e amato nei fratelli. C’è solo la difficoltà di poter sintetizzare in pochi istanti un ministero multiforme e generoso che si è protratto per più di sessant’anni, da quando il cardinal Nasalli Rocca ha imposto su di lui le mani nel lontano 6 luglio 1938.

Le parrocchie di Gaggio Montano, di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni, di Panzano, di Casa Calistri hanno potuto successivamente godere della sua saggezza pastorale e del suo zelo. E’ stato anche cappellano militare negli anni difficili e perigliosi della guerra.

Laureato in lettere e filosofia, ha retto come preside il Collegio Albergati di Poretta, tanto benemerito dell’istruzione dei ragazzi della nostra montagna.

Il gusto dello studio e la passione per la cultura gli sono poi rimasti sempre nel cuore, anche durante i molti anni della sua conduzione di questa parrocchia di San Procolo, senza che mai l’amore per i libri gli impedisse o gli attenuasse il suo impegno di carità e l’attenzione ai più bisognosi.

Ed è proprio questa comunità di credenti, da lui amata ed esemplarmente servita per trentatrè anni, a poter dare la più persuasiva testimonianza della sua limpida fede, della sua bontà, della sua dedizione.

“Nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”: il grande amore per la sua parrocchia e il desiderio del vero bene dei suoi figli alla fine persuasero don Francesco, ormai avanzato negli anni e fisicamente indebolito, a scegliere di concludere l’ultima parte della sua vita terrena senza essere più gravato della prima e diretta responsabilità pastorale. Così, vincendo le ragioni del cuore, decise di ritarsi, sempre restando però intimamente legato a questa comunità col suo affetto, con la sua preghiera, col suo quotidiano ricordo.

Sapeva che “nessuno muore per se stesso”. Perciò ha voluto che anche il modo di portare a compimento la sua operosa giornata sacerdotale fosse di vantaggio e di prosperità di questa famiglia di discepoli di Gesù.

Ora è tornato per l’ultima volta in questa chiesa, che a buon diritto egli ha sentito fino all’ultimo come ancora spiritualmente sua.

Davanti alla sua spoglia mortale, celebrando il sacrificio che ci ha redenti, noi preghiamo per lui e per noi: preghiamo per la sua pace eterna e per il nostro conforto. Al tempo stesso, ravviviamo la speranza nella futura risurrezione, quando ci sarà dato di ricomporre tutte le lacerazioni e i distacchi inflittici dalla morte.

Ma prima ancora noi tutti – e in primo luogo l’intera Chiesa bolognese – vogliamo ringraziare Dio nostro Padre per questa ammirevole esistenza sacerdotale, di cui siamo stati gratificati. E, adorando la volontà dell’Onnipotente, ci affidiamo alla sua misericordia perché ci continui a soccorrere adesso che, dopo questa perdita, ci sentiamo umanamente un po’ più poveri e più bisognosi dell’aiuto e della consolazione di Dio.

27/09/2000
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