celebrazioni per il ventennale del crocifisso di Pieve di Cento

Pieve di Cento,collegiata di Santa Maria Maggiore

Torna davvero a grande onore di Pieve di Cento il grande affetto e la singolare devozione, che qui da sempre si manifestano, per il Signore Gesù contemplato nell’ora tremenda dell’immolazione che ci ha redenti.

E’ un affetto, è una devozione che in voi non viene mai meno. Ma ogni vent’anni esplode, per così dire, in un’esaltazione di straordinaria intensità. E ancor più particolarmente significativa è l’odierna celebrazione ventennale, che si colloca nel contesto del Grande Giubileo e si disposa alla festa mondiale per il bimillenario della venuta in mezzo a noi del Figlio di Dio fatto uomo, unico e necessario Salvatore dell’umanità intera.

L’immagine benedetta – che voi avete ereditato dalla pietà dei vostri padri e custodite da secoli con immutata fedeltà – oggi ha percorso le vostre strade, quasi a indicare che il Crocifisso raggiunge con la sua grazia tutte le case e tutte le famiglie, intende arrivare con il suo messaggio di consolazione e di pace a tutti i cuori, vuol riaffermare con questo gesto esterno il vincolo d’amore che lo lega a questa comunità religiosa e civile.

In virtù di questo vostro culto tradizionale, ciascuno di voi può a buon diritto fare sua la frase appassionata dell’apostolo Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14).

Le pagine sacre, che sono risuonate nella liturgia eucaristica, ci possono aiutare a penetrare con miglior intelligenza d’amore nel grande mistero della croce.

Abbiamo ascoltato le parole sublimi, dette da Gesù a Nicodemo. E’ un’altissima considerazione sull’uomo e sul suo destino, che comincia con un’immagine inconsueta e inattesa, tratta dall’antica storia d’Israele.

Nel loro lungo e aspro vagabondare per il deserto, gli ebrei erano arrivati a una località infestata da molti serpenti velenosi, che “mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì” (Nm 21,6), come ci ha raccontato la prima lettura. Allora Mosè, su comando di Dio, costruì un serpente di rame e lo collocò sopra un’asta, alla vista di tutti. E, dice la Sacra Scrittura, “quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame restava in vita” (Nm 21,9).

Ebbene, dice Gesù, quel serpente sono io: quel serpente è la figura anticipata di quanto sarebbe avvenuto sul Golgota. “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,” perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,14.15).

Molti possono essere i pericoli che incontriamo nel nostro pellegrinaggio terreno, molte le tentazioni, molti i nostri peccati. Ma se abbiamo il coraggio di alzare gli occhi a colui che si è lasciato porre sul legno proprio per risanarci e ridarci serenità e gioia, allora ogni paura, ogni disperazione, ogni malinconia può essere vinta.

Gli ebrei nel deserto, per salvarsi dovevano guardare il serpente di rame. Noi dobbiamo guardare il Crocifisso: “guardare”, vale a dire contemplare con gli occhi della fede e con il cuore gonfio di commozione e di gratitudine colui che ha voluto morire per noi. Questo è il senso, carissimi, della vostra antica e bellissima devozione.

Nessun uomo può dirsi escluso da questa forza benefica che, promanando da Cristo, orienta tutti a Cristo. Certo, a questa attrazione salvifica si può sciaguratamente resistere; ma nessuno può impedire che essa, finché l’uomo è posto quaggiù sulla terra, continuamente si eserciti su ogni animo umano.

Che cosa c’è alle spalle di questo avvenimento di salvezza, che è il mistero della croce? C’è un incredibile e quasi incomprensibile atto di amore. E’ il segreto che abbiamo colto sulle stesse labbra di Gesù: “Dio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).

E’ tale e tanta la sua benevolenza verso la famiglia umana – traviata, contaminata, incattivita, eppure sempre ansiosa di luce, di libertà, di salvezza – che il Padre celeste non ha esitato a dar fondo, per così dire, alla sua infinita ricchezza, donando al “mondo” (cioè agli uomini bisognosi di redenzione) il suo stesso Figlio.

“Ha tanto amato il mondo”: l’uomo al quale è stato rivelato questo oceano d’amore che c’è nel cuore di Dio e che è traboccato fino a raggiungerci per riscattarci da ogni oppressione del male, non può più essere dominato da nessuna tristezza, da nessun avvilimento, da nessuna tentazione di disperarsi. L’esistenza nella Divinità di questo amore per noi è la strabiliante notizia, che oltrepassa la nostra mente ed è più grande del nostro piccolo cuore.

E noi l’andiamo meditando senza stanchezza, leggendo nel grande libro del Crocifisso, come facevano i santi: il “libro del Crocifisso” che è onnicomprensivo di ogni vera sapienza. Da quel libro noi veniamo soprattutto a conoscere, per usare ancora il linguaggio di san Paolo, un Dio “ricco di misericordia”: egli, “per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo” (cf Ef 2,4.5).

Questa è dunque la lezione di questa solenne celebrazione ventennale. Proprio perché è crocifisso per nostro amore, il Signore Gesù non ci si presenta affatto come colui che giudica e condanna, ma come colui che ama, perdona e salva, come egli stesso ci ha detto: “Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17).

Purché però non ci rendiamo impermeabili a questo amore appassionato e incalzante, e non ci rifiutiamo di “leggere” il Crocifisso. Chi non si arrende all’assalto di questa divina benevolenza, si chiude al Dio che sempre vuol salvare; e allora si autocondanna. Perciò Gesù ci ha anche ammonito: “Chi non crede, è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio” (Gv 3,18).

Noi però, che stasera siamo qui, vogliamo tutti ripetergli le parole di Simon Pietro che infallibilmente ci garantiscono la salvezza: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,9).

17/09/2000
condividi su