ordinazione sacerdotale

Bologna, Cattedrale

Questa è un’ora solenne e santa. Il Signore crocifisso e risorto è in mezzo a noi: è lui a presiedere il rito suggestivo che stiamo compiendo, è lui il protagonista dell’azione sacra che segnerà questi nostri fratelli con una nuova indelebile impronta interiore, è lui che mediante l’imposizione delle mani del vescovo oggettivamente li arricchirà di una specifica e permanente somiglianza a sé.

Egli chiamerà su di voi, carissimi ordinandi, lo Spirito del Padre suo, destinandovi così a essere in mezzo al popolo di Dio le sue immagini vive. I presbiteri – ci insegna il Concilio Vaticano II – sono marcati da uno speciale carattere che li configura all’unico eterno Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, capo, pastore e sposo della Chiesa (Presbyterorum Ordinis 2).

Se siete immagini di Cristo, adoperatevi a far sì che gli uomini possano vedere in voi una sua trasparenza nitida e, per così dire, leggibile; e quasi una calda estensione della sua imparagonabile capacità di amare.

L’amore di Cristo per noi non è stato un’esperienza temporanea, un contratto a termine, un impegno con qualche riserva esplicita o sottintesa: è stato un dono totale di sé, assoluto e definitivo; una decisione più forte di ogni incomprensione o ingratitudine e di ogni delusione pungente; una forza interiore in grado di non lasciarsi travolgere dall’amarezza di qualche abbandono; una volontà risoluta capace di oltrepassare senza danni la malinconia di qualche momento di solitudine.

E’ stato un amore che non ha esitato, per la nostra salvezza, ad affrontare e a percorrere sino in fondo la via del Calvario.

A questo concreto ideale, esigente e gratificante, deve ispirarsi sempre l’offerta della vostra vita alla Chiesa e la vostra dedizione al vero bene degli uomini, ai quali con l’ordinazione presbiterale siete inviati.

Del resto, chi oggi vi arruola in questo arduo e bellissimo ministero è leale con voi e non vi nasconde gli alti costi di questa sua sequela, tanto che ha voluto darvi un ultimo avvertimento anche nell’odierna celebrazione: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (cf Mc 8,34).

L’amore redentivo di Cristo non ha ondeggiato come canna cedevole al soffio delle opinioni correnti: non si è lasciato piegare dai consensi o dai dissensi, non si è fatto condizionare dalle lusinghe o dalle intimidazioni. Ne ha saputo qualcosa Simon Pietro – poco prima proclamato “beato” e detentore delle chiavi del Regno (cf Mt 16,17-19) – che, allorché lo vuol distogliere dal divino disegno salvifico, si sente dire : “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mt 16,23; Mc 8,33).

Nessuna comprensione delle situazioni umane, nessuna volontà di dialogo, nessuna ricerca di accordo a ogni costo ha mai potuto distrarre il nostro Maestro e Salvatore dall’adesione alla volontà del Padre e dal pieno rispetto della verità (che poi non sono due cose diverse): “Mio cibo – egli diceva – è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 8,34); e ancora: “Colui che mi ha mandato è veritiero, e io dico al mondo le cose che ho udito da lui” (Gv 8,26).

Nessuno di voi dunque arrivi mai a persuadersi che si possano amare meglio e di più i fratelli, attenuando o schermando la luce che ci viene dalla Rivelazione divina per renderla più accettabile a chi non vuol rinunciare all’influsso delle mutevoli ideologie del mondo o delle mode culturali non cristiane che tentano di affermarsi anche nella cristianità. Non dalle piccole condiscendenze nostre, arbitrarie e devianti, ma dalla grande “condiscendenza” del Padre – che ha fatto brillare la sua luce nelle nostre tenebre (cf Gv 1,5) – l’umanità può sperare di trovare salvezza.

Il generoso desiderio di farvi carico delle ansie e dei problemi degli uomini del nostro tempo non vi sospinga mai di concessione in concessione, di cedimento in cedimento, fino a offuscare la vostra identità di ambasciatori e di autentici rappresentanti dell’Unigenito del Padre che “venne ad abitare in mezzo a noi”, “pieno di grazia e di verità” (cf Gv 1,14).

A mantenere e accrescere questa interiore saldezza, preoccupatevi di essere e restare amici di questo unico Salvatore, che è il centro e il senso della nostra vita, di fare spazio al colloquio con lui in ogni vostra giornata, di cercarne assiduamente la parola, il pensiero, la mentalità nelle pagine sacre, lette con l’intelligenza della fede di cui ci sono maestri i santi e gli antichi Padri.

Sull’esempio del Signore Gesù, di cui diventate tra gli uomini una presenza eloquente e viva, fate in modo che il vostro amore non si rattrappisca in scelte limitative. Amate il “prossimo”, cioè coloro che la Provvidenza vi farà incontrare perché siano i destinatari della vostra passione apostolica. La vostra affettuosa attenzione non escluda deliberatamente nessuno – né il povero né il ricco, né l’acculturato né il semplice, né chi sta da una parte né chi sta dall’altra nella vita associata – perché tutti nella realtà profonda del loro essere sono dei mendicanti di giustizia e di gioia, e hanno bisogno della misericordia e della gloria di Dio (cf Rm 3,23).

Comincia oggi una stagione nuova della vostra esistenza, nella quale il destino spirituale di molti sarà poco o tanto legato all’irradiamento efficace della vostra fede e alla genuinità della vostra azione sacerdotale. Essi ancora non sanno il vostro nome, ancora non conoscono il vostro volto; ma già vi aspettano come si aspetta una grande speranza. Il Signore Gesù, di cui diventate oggi le immagini vive, vi aiuti a non deluderli; e vi consenta di guidarli di luce in luce, di liberazione in liberazione, fino alla piena novità della vita redenta.

16/09/2000
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