Solennità dell’Assunta a Villa Revedin

Bologna, Villa Revedin

Il Magnificat è il canto di chi è felice, della beatitudine di quanti, come Maria, credono nell’adempimento della Parola. Ascoltano e osservano e sono beati.

L’Assunzione è il Magnificat pieno, ma che è iniziato affidandosi, credendo che quanto gli aveva detto l’Angelo non era una promessa incerta o addirittura un rischio da evitare, ma una promessa che si sarebbe realizzata e avrebbe portato la salvezza per tutti. Maria dice di sì a Dio e al suo sogno di liberare gli uomini dal male. Non quello che la riguardava, ma quello che avrebbe dato luce al mondo. Per questo è beata! 

Dio innalza gli umili e rovescia i potenti dai troni. Difficilmente ci sentiamo noi “potenti”, anzi facilmente ci dichiariamo vittime. E’ questo un atteggiamento da combattere, perché distorce i nostri cuori e li fa sentire in diritto oppure assolti!

L’umiltà di Maria attraente, forte, di solo amore, ci aiuta a comprendere la nostra forza, le resistenze dei nostri orgogli e ci libera dolcemente dai nostri troni, dalle parole dure e dai giudizi taglienti, dalle assenze, dalle convenienze, disponendoci a fare come Lei e ad andare incontro al prossimo, ad ascoltare e mettere in pratica il Vangelo di amore che genera nella nostra vita la presenza di Gesù.

L’Assunzione inizia con l’abbassamento di Gesù. Dio scende dal trono e assume la nostra debolezza, perché sia accolta con Lui nella pienezza della vita. Maria è assunta perché Dio si è chinato su di Lei e su di noi. Possiamo noi restare dritti, indifferenti, senza piegarci noi sulle necessità di chi incontriamo e sulla grande necessità di un mondo segnato da tante difficoltà?

Solo che si umilia sarà esaltato, mentre chi resta dritto, in piedi, senza fermarsi, forte dei suoi giudizi, attento a fare solo quello che serve a lui e conviene a lui, insomma che non perde tempo con il prossimo o addirittura lo usa, rimane solo. 

Maria muore. Sperimenta l’umiliazione della fine e per prima vive il passaggio al cielo. E’ sempre faticoso morire, ma affidandosi a Gesù si affronta con speranza e forza straordinaria, perché non è l’ultimo e definitivo naufragio.

La tradizione vuole che tutti gli apostoli, miracolosamente, vennero condotti intorno al suo letto. Certo! L’amore rende vicino anche chi è lontano; diventa presenza, concreta, di quanti amano e sono amati! Vorremmo fosse sempre così per chi è nella debolezza e per chi lotta tra la vita e la morte, perché la presenza umana e sacramentale possa manifestare quella invisibile, ma la più vera, dell’amore di Dio.

Lo vogliamo anche per noi e lo vogliamo per i tanti che sono umiliati dalla solitudine, sprofondati nell’abisso della malattia che rende tutti poveri, guardati con indifferenza da uomini che quando non cercano più il cielo non sanno più amarsi tra loro ed amare la terra. Sappiamo dolorosamente che tanti e per tanto tempo non li abbiamo potuto accompagnare come avrebbero desiderato e come noi avremmo voluto.

Sono morti soli, senza la compagnia dei propri cari. Il male come il Drago dell’Apocalisse vuole divorare il bambino, annullare il dono della vita e della presenza di Dio tra gli uomini, la speranza del cielo che si riconcilia con la terra.

Nelle icone della dormizione, nella tradizione bizantina, Maria è raffigurata bambina, piccola, stretta da Gesù al suo petto, con tenerezza, perché lei, che lo ha generato al mondo, è generata alla vita del cielo. La morte è nascita e Maria, la prima dei credenti è la prima a nascere al cielo. E questo ci riempie di speranza e ci rende forti davanti alla morte. 

Non vogliamo mai che prevalga la logica della morte. Il vero diritto è quello della vita! E la vita ha diritto di essere difesa, ovunque e per tutti e in ogni sua stagione, dal suo inizio alla fine.

Sentiamo una sfida l’impegno di tanti per una nuova alleanza che non lasci mai sola nessuna donna, nessuna Maria, nell’interruzione di gravidanza e la aiuti a trovare tutte le soluzioni necessarie e possibili perché togliendo la vita muore, oltre che la vita stessa, sempre anche qualcosa in chi non la accoglie.

Non prevalga mai la logica di morte, per nessuno, per chi è lasciato in mezzo al mare nell’immensità delle acque e nell’immensità dell’indifferenza. Non prevalga la logica di morte quando l’interesse annulla la persona tanto che la speculazione giustifica rendere privato il bene comune.

Non prevalga la logica di morte che calpesta i diritti, per cui chi lavora non è tutelato, è ricattato de facto (“o così o perdi il lavoro!”) perché non ha altre possibilità ed alla fine dei conti è lasciato senza garanzie. Non accontentiamoci mai di guardare i problemi, ma forti dell’amore del Signore affrontiamoli, superiamo le montagne, con fretta, andando incontro agli altri, senza indugio perché pieni di Vangelo.

Costruiamo una rete di amicizie con il nostro prossimo, specie quello più isolato. Ad esempio: gli stranieri li conosciamo o sono anche per noi “stranieri”? Accettiamo che qualsiasi persona anziana sia lasciata sola per intere giornate e diventi così straniera nella sua realtà? E le persone con difficoltà di relazione? Chi diventa loro amico? Chi li va a trovare o li invita nella propria casa? Chi fa amicizia con loro? Che cristiani siamo se essi restano o diventano degli stranieri per noi? Qualche volta pensiamo: come faccio? Non sono parente? Ma loro sono nostro parenti! E l’amore rende vicino, rende prossimo l’estraneo! Ecco, anche così si contrasta la logica di morte e di solitudine. 

Maria, la Chiesa, nostra Madre, non resta lontana, ma cerca subito coloro di cui aveva parlato l’angelo. L’incontro è la premessa del Vangelo. Non c’è Vangelo senza incontro, concreto come deve essere. Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.

E’ la vera beatitudine che non è essere preservati dalla sofferenza, ma ricordarci che in questa non siamo mai soli e sentire la sua presenza, il suo amore dal quale nessuno ci può separare. E’ questa la preghiera che dobbiamo rivolgere, chiedendo, certo, la guarigione nel corpo, ma soprattutto di sentire sempre la sua presenza, il suo amore. 

Il cielo inizia nell’umiltà. Ha sollevato l’umiltà della sua serva. Tutti possiamo esserlo, anzi a dire il vero lo siamo, solo che stiamo a sentire l’orgoglio che ci fa credere che solo imponendoci troviamo amore e rispetto. Maria è la donna dell’umiltà. Umiltà non è annullamento di sé, anzi la più bella esaltazione di sé che è essere innalzati dall’amore. La fede è sapersi amati e rispondere all’amore con l’amore.

Non è un dovere, ma un grido di riconoscenza, quando comprendiamo che lui ci ha amati per primo. Donare se stessi è il contrario del narcisismo: non vantarsi, anzi stare attenti a non mettere in mostra la propria disciplina, dare gloria a Dio e non a se stessi per ogni cosa buona che sembra realizzarsi Com’è possibile?

Umiltà significa lavorare con tutti noi stessi per la vita. Maria, l’umile, è così leggera perché solo amore e Gesù la prende con sé facilmente e la porta in cielo. Cantava Alda Merini: “Maria vuol dire transito, ascolto, piede lieve e veloce, ala che purifica il tempo. Maria vuol dire una cosa che vola e si perde nel cielo”. Portaci con te Maria. Grazie Madre carissima, beata, che hai creduto all’adempimento della Parola. Amen

15/08/2020
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