Solennità di Santa Maria Madre di Dio

Cattedrale, Bologna

(Omelia non pronunciata)

La pandemia ci ha aiutato a capire fisicamente (quanto è diverso avvenga nella vita concreta rispetto al virtuale!) che tutte le pandemie ci riguardano. Il virus del COVID anzitutto, certo, che ha cambiato così profondamente le nostre abitudini. Ma non dimentichiamo che questo avviene anche per tutte le altre pandemie, sempre collegate tra loro: la guerra, la fame, le malattie, la povertà.

Le pandemie riducono il mondo ad un ospedale da campo! Chi pensa di vivere sano in un mondo malato analizza con disincantato distacco la sofferenza e non capisce la constatazione drammatica di Papa Francesco. La giudica un’esagerazione, un’insistenza eccessiva, avverte il pericolo che l’orto-prassi faccia dimenticare l’ortodossia. Al contrario il Papa chiede a tutti la cristiana compassione.

Solo Gesù la insegna, tanto da chiedere di amare tutti incluso il nemico! Senza la compassione si passa dall’altra parte della strada, scansando l’uomo mezzo morto che pure vediamo! Bisogna curare l’altare e il povero, la Parola e il Prossimo, lo Spirito e la carne, la verità e la carità.

Un mondo ridotto a ospedale da campo chiede di non scappare dal male ma di affrontarlo, di non pensare che non si possa fare nulla o credere di farlo con poco per poi deludersi ed esporsi alla sua subdola forza. Si tratta di lotta vera, come in realtà è sempre stato, duello tra le tenebre e la luce, tra vita e morte, tra speranza e rassegnazione, tra futuro e fine, tra amore e egoismo. Per questo Dio nasce nel mondo. 

Prendersi cura delle persone è lavorare per la pace. La violenza nasce molto più facilmente e rapidamente dove non c’è cura, cioè attenzione, fiducia, speranza, per la persona, dove la vita non vale niente o dove sono le mafie che si prendono cura di te! Bisogna sempre lavorare per la pace perché questa non è mai garantita una volta per sempre.

Non è assenza di guerra. Il seme del male è sempre fertile, contagioso, irretisce con le sue ragioni e sollecita l’istinto. Il male cresce con il rancore che diventa odio, l’ignoranza che diventa pregiudizio, le convenienze individuali che diventano corruzione, il cinismo che produce tanta diffidenza. Paolo VI – e come non ricordare con lui il nostro Cardinale Lercaro – volle che il primo giorno dell’anno fosse dedicato alla pace perché la vedeva minacciata e con previsioni di avvenimenti terribili, che “possono essere catastrofici per nazioni intere e forsanche per gran parte dell’umanità”.

Pace, non pacifismo inutilmente romantico, ma lotta per “i più alti ed universali valori della vita, la verità, la giustizia, la libertà, l’amore”. Oggi è ancora così! Sulla nostra stessa barca da anni si consuma la terza guerra mondiale a pezzi e ognuno di questi sparge tanto veleno che inquina l’aria e intossica le acque che servono per vivere.

L’odio, la violenza, le armi, il pregiudizio arrivano ovunque. Il vero antidoto è Fratelli Tutti, che ci chiede di iniziare noi a considerare il prossimo come tale e ad esserlo da subito per qualunque persona incontriamo. 

“La cultura della cura come percorso di pace” è il messaggio di questo anno. E’ vero. Siamo custodi gli uni degli altri e Gesù ci insegna ad avere cura della vita di ognuno. Chi cura l’altro trova guarigione alla sua ferita! Chi cura un estraneo lo fa diventare suo prossimo.

Questa la forza della condivisione che protegge la vita e rende chi cura come un angelo! Quante volte è successo accanto ai letti di chi è malato e viene custodito da chi si fa loro prossimo? Non dovrebbe essere sempre così, specialmente quando si è fragili nel corpo, non padroni di sé, non autosufficienti, impoveriti, soli? Il mondo può essere curato! Non accettiamo di lasciarlo così, cioè di giudicare senza amare, di lamentarci senza fare nulla.

C’è una “bussola” che orienta la rotta comune: i principi della dottrina sociale della Chiesa che sono la base della cultura della cura, la sua “grammatica”. Si tratta della promozione della dignità di ogni persona umana, della solidarietà con i poveri e gli indifesi, della sollecitudine per il bene comune, della salvaguardia del creato.

Tutto è collegato, perché al centro c’è la persona, amata da Dio. La cura del bene comune si realizza nella solidarietà che “esprime concretamente l’amore per l’altro, non come un sentimento vago” ma sollevando quanti soffrono dalla povertà, dalla malattia, dalla schiavitù, dalla discriminazione e dai conflitti. 

Papa Francesco sogna perché la Chiesa non rinuncia a sperare in un mondo più umano. Indica nel suo Messaggio un obiettivo concreto: “Costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri!”.

Non si rassegna! Ha gli occhi aperti su chi soffre e il cuore pieno di compassione! Più di cinquant’anni fa un grande cristiano e sognatore, Raoul Follereau, ripeteva: «Datemi l’equivalente in denaro di un bombardiere e vi assicuro di sconfiggere la lebbra». Ecco il nostro impegno. Smettiamo di investire nelle lance e trasformiamole in falci.

Ognuno può iniziare a creare questa cultura di pace, mostrando la cura verso l’altro, rendendo normale avere attenzione per chiunque, trasformando i giudizi in comprensioni, le proprie energie in amore per il prossimo, cercando la riconciliazione con e tra i nemici, perché il male non è mai inerte e solo la riconciliazione lo sconfigge. 

Curare richiede pazienza, perché non si guarisce subito, ci vuole tempo, come ci vuole tanto sforzo e attenzione per sconfiggere il COVID. La pandemia ha provocato tanta sofferenza e ha isolato le persone, ma ha anche suscitato tanta solidarietà, la consapevolezza che siamo ad una svolta decisiva e che dobbiamo curare questo mondo perché altrimenti peggiora, ci abituiamo a vivere male, si compromette il futuro, si accetta la logica del più forte o del più ricco.

Proviamo a curare quello che abbiamo visto non funzionare e che la pandemia ha rivelato e ad aiutare il bene che ha mostrato. Padre Pino Puglisi voleva combattere il mostro della mafia e diceva con serena umiltà e determinata passione: “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.

Ma aggiungeva: “Quelli che riflettono troppo prima di fare un passo, trascorreranno tutta la vita su di un piede solo”. Seminiamo sempre amore, costruiamo ponti di relazione e conoscenza: ecco come curare il mondo malato. Auguri! Ecco, questo sarà senz’altro un anno buono. La Madre di Dio e Madre nostra ci aiuti ad essere fratelli tutti e a fare crescere questa cultura della cura perché sia un percorso di pace, nel piccolo e nel grande. 

01/01/2021
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