veglia di Pasqua

Bologna, Cattedrale

Questa è la notte dell’evento più determinante dell’intera storia umana.
È la notte del “passaggio” del nostro Capo – il Figlio di Dio fatto uomo – dalla morte alla vita, dall’umiliazione alla vittoria, dalla tomba al Regno. È la notte del rinnovamento dell’universo – decaduto e contaminato fin dall’origine – che si riconcilia con il suo Creatore e riceve le premesse della gloria futura.
Ed è altresì la notte della nostra personale rinascita dall’acqua e dallo Spirito Santo: noi tutti riviviamo questa nostra fortuna con animo grato, attraverso le letture e le preghiere di questa veglia, e più ancora attraverso la commossa attenzione che presteremo all’esperienza battesimale di alcuni nostri fratelli.

Gesù sulla croce davanti a tutti si era congedato dalla vita terrena con un “alto grido” (cf Mt 27,50); voce di tutta l’angoscia umana ed espressione del veemente appello dei figli di Adamo a Dio Padre che sembra averli abbandonati.
Risorge invece nell’oscurità e nel silenzio: non ci sono testimoni dell’ora in cui egli “mise il potente anèlito della seconda vita”.
Ma la sorprendente notizia che il profeta di Nazaret si è ridestato, trapela, si diffonde e a poco a poco si impone.

Dapprima c’è lo sconcerto e l’ansia strana davanti al sepolcro vuoto, coi lini funebri ripiegati con ordine. Poi l’inquietudine diventa bisbiglio di donne che, “piene di timore e di spavento” (cf Mc 16,8) raccontano di aver ricevuto il giubilante messaggio di un angelo. Infine è Gesù stesso vivo e splendente – con la verità e l’integrità del suo essere, autenticato dalle cicatrici delle sue piaghe – a mostrarsi e a parlare a Maria di Magdala, a Pietro, a Giacomo, ai due viandanti di Emmaus, agli apostoli e a più di cinquecento discepoli.

“Il Signore è risorto”; l’annuncio di quei giorni non si è più spento: si è diffuso di cuore in cuore, di generazione in generazione, ha attraversato i secoli, ha varcato gli oceani. E noi questa notte l’abbiamo ancora una volta proclamato con la gioiosa consapevolezza che questa risurrezione è anche principio della nostra, che il trionfo di Cristo sulla morte è primizia e causa del nostro trionfo, che il suo risveglio a un’esistenza trasfigurata e imperitura è premessa della nostra interiore giustificazione e del nostro possesso dell’eredità di Dio.
Un giorno Gesù aveva chiesto agli incauti figli di Zebedeo, che speravano di fare con lui una bella carriera nel mondo: “Potete bere il calice che io bevo e ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?” (Mc 10,38), rivelando così che il suo più vero battesimo sarebbe stato proprio la sua vicenda pasquale di passione, di morte e di risurrezione.

La vita cristiana, che comincia dal lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo (cf Tt 3,5), è dunque sostanzialmente un inserimento nel “battesimo” di Cristo, cioè nella sua Pasqua.
Il “Primogenito dei risorti” ha voluto che fossimo tutti coinvolti in quel suo felice “passaggio”. Egli, ormai libero da ogni miseria e da ogni condizionamento terrestre, ha disposto che per mezzo del battesimo noi potessimo camminare nel mondo godendo di una libertà che è riverbero della sua: libertà dal buio dell’errore e dalle nebbie del dubbio, libertà dalla paura di una fine annientatrice, libertà dalle colpe commesse, libertà dalla nostra debolezza congenita di fronte alle forze del male.

San Paolo ce lo ha insegnato poco fa con molta chiarezza: “Per mezzo del battesimo siamo sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Dunque “anche noi consideriamoci morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù” (Rm 6,12).

In questa lunga veglia – scandita dal succedersi di molte significative pagine del Libro di Dio, dai nostri salmi responsoriali, dalle orazioni del vescovo – noi abbiamo celebrato appunto la nostra libertà: nessun uomo è più libero di chi è stato riscattato dal sacrificio di Cristo, di chi è stato integralmente riplasmato dalla sua risurrezione, di chi si lascia ogni giorno guidare dalla luce e dall’energia dello Spirito inviatoci dal Signore che siede alla destra del padre.
Le più vere oppressioni non stanno fuori di noi. Le radici di ogni alienazione sono nel nostro mondo interiore. Su quelle radici lo Spirito, che ci è elargito nel battesimo, fa scendere la sua affilatissima scure per abbattere tutte le possibili tirannìe che ne possono derivare: quella dei sensi, che incatena al piacere sregolato e senza finalità; quella dell’avidità per i beni economici, che induce troppe volte all’imbroglio, al sopruso, alla durezza di cuore; quella dell’aspirazione al potere e dell’orgoglio, che spinge a sostituirsi a Dio e a spadroneggiare sugli altri.

Questa della Pasqua è la sola festa incontestabile e universale della liberazione dell’uomo.
Il Signore ci aiuti a non perdere mai questa certezza: una liberazione che non nasca dalla purificazione della coscienza – compiuta nel fuoco dello Spirito (cf Mt 3,11) – non approda mai a una piena e non illusoria libertà.
Solo chi è purificato e liberato nell’intimo, in virtù della rinascita battesimale e della vita di grazia che dal battesimo si sviluppa, porta in sè un vigore che da nessuna coazione esterna può venire mai soffocata; un vigore che consente all’uomo di spendersi coraggiosamente per ogni giusta causa a favore della verità, della giustizia, dell’autentico bene dell’uomo.

29/03/1997
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