7 gennaio 2005-2025

Zuppi: «Servono momenti e luoghi di memoria»

L'omelia dell'Arcivescovo nel 20° anniversario del disastro ferroviario di Crevalcore

Martedì 7 gennaio l’Arcivescovo a Crevalcore ha presieduto la Messa nella chiesa parrocchiale di San Silvestro in suffragio delle vittime del disastro ferroviario del 2005 nel 20° anniversario dell’incidente.

Nell’omelia il cardinale Zuppi ha ricordato come «Gesù non dimentica nulla, perché ama tutta la nostra vita, anche quelle parti che noi non conosciamo o non possiamo capire, tanto che conta perfino i capelli del nostro capo! La cosa peggiore è dimenticare, sentirsi dimenticati. Quanto è doloroso esserlo in vita e quanto ci amareggia pensare che avvenga dopo di noi! Diciassette persone e le loro famiglie, vittime del disastro ferroviario della Bolognina, del quale oggi, 7 gennaio, ricorre il ventesimo anniversario».

«Ci servono momenti e luoghi della memoria – ha proseguito l’Arcivescovo – . È un impegno il ricordo di tutti che fa onore alla vostra città, perché le parole pronunciate non restino di circostanza e di facile condoglianza, ma diventino un preciso impegno e comunità di destino. Impariamo a fermarci, a raccoglierci in un momento intimo di riflessione e di memoria, per non consumare le storie, le emozioni, per nutrire l’interiorità, per condividere il dolore e le speranze. Le lezioni della vita, a volte così severe, devono servire perché non si ripetano più. La prevenzione, pensate agli incidenti stradali e soprattutto a quelli sul lavoro, una strage permanente, viene attuata se impariamo dalle dolorosissime lezioni di morte. Dobbiamo scegliere prima, non solo dopo. Peggio ancora se non lo facciamo nemmeno dopo! Dobbiamo combattere il male che si insinua nell’ordinario, a volte prevedibile, come i cosiddetti mali annunciati, altre volte incredibile e imponderabile. Portiamo con noi il dolore dei parenti e lo facciamo nostro, anche a distanza di anni, come quello dei sopravvissuti, con ferite nel corpo e nel cuore. Ferite che durano per sempre perché per chi ama i giorni finiscono il giorno in cui finisce l’amato. La morte casuale riempie di perché, di se, che diventano domande atroci, senza risposta, a volte dubbi laceranti. I ricordi ci accompagnano, la preoccupazione è sempre su cosa sarà dopo quando anch’io non ci sarò più. A volte chiedono silenzio o altre parole, sofferte, meditate, vere, altrimenti sono retoriche e danno fastidio, fanno male».

«Noi conserviamo i loro nomi – ha concluso – ricordando che questi significano, e i parenti lo sanno bene, tutta la persona, quel segreto che è la loro vita, i tratti, insomma, di quell’originale unico che è. Le vittime le sentiamo tutte nostre. Certamente abbiamo capito la necessità di sistemi di sicurezza, i ritardi nel realizzarli, e quanto è indispensabile non rimandare, non perdere tempo e non aspettare. O pensare stoltamente che tutto andrà bene. Il loro ricordo così è il nostro passato ma è anche, soprattutto per chi crede, il nostro futuro. Il loro ricordo ci proietta a scorgere il limite della vita che è avanti a noi, oltre il quale essi sono andati, mistero che l’amore di Cristo, e la nostra fede permette di penetrare. È la risposta del perché Dio viene sulla terra e dove sta, l’Epifania di quell’Astro del ciel che dona luce alle menti e che la pace infonde nei cuori, ancora di più a chi è ferito dal male. L’amore lo pensa! E combatte il male e così amore diventa prevenzione, sistema».

Qui il testo completo dell’omelia dell’Arcivescovo

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