Messa in San Petronio

Ringrazio di cuore l’Associazione “Messa in musica” e il Maestro Marco Taralli per questa composizione dedicata a San Petronio, patrono della nostra città, in questa casa che esprime tutta la nostra casa comune e la vuole raccogliere, specialmente quanti hanno più bisogno di protezione e speranza. La melodia, la poesia ci aiutano a comprendere con la bellezza l’inesprimibile bellezza del mistero di amore di Dio, che si fa nutrimento nella Parola e nel suo corpo. Non smetteremo mai, e questa bellezza ci aiuta sempre a contemplare il mistero invisibile per vedere meglio la vita visibile, per comprenderla con gli occhi di Dio, che sono quelli dell’amore.

La liturgia è la nostra armonia: tra noi, perché ci aiuta a pensarci assieme, a fare suonare quel timbro unico che siamo ognuno di noi ma non da soli, assieme, perché solo assieme trova il suo significato. Così avviene nell’orchestra e anche nella grande sinfonia della vita. Così avviene pienamente in cielo e la celebrazione liturgica, che anticipa quella celeste, ci permette di vivere questa comunione profonda. Nella liturgia non si è mai spettatori, perché è il servizio sacerdotale comune che celebriamo e che si esprime in quello del celebrante.

La partecipazione è la preghiera, la comunione, il canto stesso, in questo popolo unito dall’amore di Dio, il vero diapason che offre la nota per accordarci tra noi, ciascuno come detto con il suo timbro ma nella grande sinfonia dell’amore. Ci aiuta la poesia. Quella che accompagna la celebrazione di oggi ricorda Dante che celebriamo nell’anno del centenario, che aiuta anche con le sue espressioni così profonde e originali ad esprimere quei gemiti inesprimibili del desiderio nascosto in ogni persona. “Io ti immìo tu intùami niente mi dà la gioia che mi dai nessun riso nessuna vittoria nessun regalo niente mai io ti mangio tu divorami io m’intùo tu immìati”.

Ecco cosa significa l’amore che ci è chiesto e che realizza ognuno di noi. Lo spirito del Signore Dio è anche la creatività che esprime l’ingegno dell’uomo, la sua capacità incredibile di comporre in quegli spartiti che sono affidati a noi nella grande libertà che è di Dio. È il mistero dell’ispirazione che va oltre all’autore stesso, che lo supera, come sempre quando lasciamo parlare il cuore secondo il soffio dello spirito, tanto più quando è a gloria e lode di Dio.

Ci aiuta a contemplare, adorare il mistero dell’Eucarestia, che non smettiamo di comprendere e che soltanto nella sua pienezza, quando cadrà il velo, sapremo gustare pienamente e per il quale in cielo canteremo (canteremo!) la gloria a Dio. Il Vangelo è musica. Nella Fratelli tutti, grande visione di Papa Francesco perché gli uomini che sono tutti sulla stessa barca imparino ad andare d’accordo, a cantare assieme la bellezza della vita, canto che solo accordandosi tra loro possono eseguire, è scritto: «Se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna» (FT 277). Per noi questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo. Da esso «scaturisce per il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione di tutti». Questa sera celebriamo il centro e il fulcro di tutto questo!

Il rapporto stretto tra celebrazione e musica è da sempre. S. Agostino scrive: «Quando mi tornano alla mente le lacrime che canti di chiesa mi strapparono ai primordi nella mia fede riconquistata, e alla commozione che ancor oggi suscita in me non il canto, ma le parole cantate, se cantate con voce limpida e la modulazione più conveniente, riconosco di nuovo la grande utilità di questa pratica» (33, 50). Papa Benedetto ricorda come «egli afferma di non approvare, durante le liturgie cantate, la ricerca del mero piacere sensibile, ma riconosce che la musica e il canto ben fatti possono aiutare ad accogliere la Parola di Dio e a provare una salutare commozione». Del resto Papa Benedetto XVI scrisse: «Ringrazio Iddio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia. Che essa possa donarvi nuova e continua ispirazione per costruire un mondo di amore, di solidarietà e di pace». «Quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. È una letizia che nasce dalla chiara percezione di quanto quella musica riesca a penetrare in profondità ogni aspetto del reale». «Risuoni la Grazia della creazione, così come doveva essere all’origine e come dovrà essere alla fine dei tempi; risuona la semplice trasparenza di qualcosa che non deve essere cercato né edificato, ma è semplicemente donato».

Sì, è proprio vero, la musica è “dono” «esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio». «Al termine dell’ultimo brano sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio».

Il cardinale Biffi commentava circa la bellezza: «”Omne pulchrum” ogni bellezza, da chiunque sia espressa, viene dallo Spirito Santo, e quindi conduce anche a Cristo a prescindere dalla consapevolezza dell’artista. Notate che io questo discorso lo faccio a prescindere dai contenuti, cioè non è che sia importante che il contenuto sia espressamente religioso, l’importante è che sia un servizio alla bellezza; se è un servizio alla bellezza io son sicuro che è un servizio a Cristo. Quindi l’artista, anche se è ateo dal punto di vista suo personale, anche se è dubbioso (che forse è la posizione più comune), in realtà si pone in connessione con Cristo proprio attraverso il suo servizio all’arte». La nostra speranza è che questa bellezza si rifletta anche nelle nostre comunità ed esse sappiano essere attraenti, per comunicare nell’amore l’autore della bellezza.

È una forza, quella della bellezza, capace di illuminare anche le tenebre più profonde. San Francesco è stato anche lui un compositore e certamente ha saputo mostrare tanta bellezza umanissima e trovarla anche dove gli uomini non vedevano niente di bello. E la bellezza è possibile sempre. È scritto nelle sue storie: «Soffriva notte e giorno così atroce dolore agli occhi, che quasi non poteva riposare e dormire, e ciò accresceva e peggiorava queste e le altre sue infermità. Una notte, riflettendo Francesco alle tante tribolazioni cui era esposto, fu mosso a pietà verso se stesso e disse in cuor suo: “Signore, vieni in soccorso alle mie infermità, affinché io possa sopportarle con pazienza!”. E subito gli fu detto in spirito: “Fratello, dimmi: se uno, in compenso delle tue malattie e sofferenze, ti donasse un grande prezioso tesoro, come se tutta la terra fosse oro puro e tutte le pietre fossero pietre preziose e l’acqua fosse tutta profumo: non considereresti tu come un niente, a paragone di tale tesoro, la terra e le pietre e le acque? Non ne saresti molto felice?”. Rispose Francesco: “Signore, questo sarebbe un tesoro veramente grande e incomparabile, prezioso e amabile e desiderabile. Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creature”. E postosi a sedere, si concentrò a riflettere, e poi disse: “Altissimo, onnipotente, bon Signore…”. Francesco compose anche la melodia, che insegnò ai suoi compagni». Ci aiuta ancora a distanza di secoli, perché la bellezza non finisce.

«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». La nostra libertà è non esaltarci. Nella composizione c’è sempre anche un atto di umiltà, di essere strumento di ispirazione, di fare fatica anche nel trovarla. E poi è umiltà perché significa donare qualcosa agli altri, servire. Mettiamoci a servizio del bene e del bello. Con la vera libertà dell’uomo che è sempre servire il prossimo e liberare da tutte le schiavitù e dipendenze. «Noi servi e serve eravamo ora uomini e donne siamo qua ora tuoi poveri ci proviamo a vivere secondo libertà e sappiamo dove è la fonte di nostra uscita da schiavitù. Noi siamo i liberi di Gesù niente altro ci libera quaggiù puoi venire a cantare con noi noi siamo i liberi di Gesù».

Bologna, Basilica di San Petronio
03/11/2021
condividi su