Giornata nazionale per la Vita

Saliamo insieme, da Maria, Madre di Dio e Madre nostra, per farci aiutare da Lei che ha donato Cristo al mondo, nel quale “era la vita e la vita era la luce degli uomini”. In realtà è Lei che ci aiuta a “salire” con il cuore, a distaccarci dalla nostra meschinità e dall’amore per noi stessi. Abbiamo bisogno di questa madre per trovare anche in noi la sua forza, quella debole, tutta umana, capace di amare e difendere la vita. Lei è stata innalzata perché umile e canta la vera gioia di chi trova la vita donandola ad altri. Insieme a Lei guardiamo gli uomini, la loro vita, così fragile, esposta al nemico della vita, il male, che la vuole spegnere o dissipare. Come una vera madre non ha interesse e non ha tempo da perdere per quella virtuale, verosimile, così offerta, venduta e comprata nei mezzi di comunicazione. Maria ci aiuta a trovare la misericordia. Mi ritrovo nelle parole di Madelein Delbrel, grande mistica del secolo scorso: “Dobbiamo fare in modo che i cristiani non si lascino modellare da un ideale di misericordia al ribasso, che non si accontentino di un lavoro corretto che li fa classificare nella categoria della gente onesta e competente. C’è bisogno di una misericordia rivoluzionaria e non di misericordia da burocrate e del giusto mezzo. Non possiamo aspettarle le inchieste sensazionali di qualche giornale per pensare che c’è oggi una marea di sofferenza! Il mondo si contorce in dolori pressoché infiniti. La chiesa è come la madre ansiosa alla porta di un ospedale dove degli estranei curano i suoi bambini. Lei aspetta da noi che attraverso di noi possa sedersi accanto a tutti i loro letti. La misericordia è il segno attraverso il quale le persone hanno riconosciuto il Cristo: mostriamolo senza ritoccarlo, il nostro tempo lo riconoscerà”. La misericordia vera ci rende grandi, perché materni, paterni, veri amici. E scopriamo il nostro cuore scegliendo la via della misericordia per il prossimo!

Qualche volta pensiamo che il Vangelo ci chieda una vita grama, giusta, ma poco umana, in fondo come se ce la limitasse, chiedendoci sacrifici che alcuni giudicano inutili altri giusti ma vissuti come un dovere. Tutto il Vangelo, invece, parla di amore e quindi di vita. Gesù non parla di un “altro” mondo, lontano dalla realtà, di una vita per pochi eletti, dotati di particolari virtù impossibili ai più. La vita del Vangelo la comprendono i peccatori, i poveri, quelli che la vita l’hanno perduta e la cercano, che vengono da lontano, che hanno sbagliato tutto e non ne possono più, i malati che la agognano e ne comprendono il valore e quanto è un soffio. Il valore del Vangelo lo comprende l’uomo mezzo morto, cui i banditi di ogni tempo rubano metà della vita e che può non perdere anche l’altra metà solo se qualche samaritano si ferma perché ha misericordia. Per questo l’indifferenza è il vero nemico della vita. La vita del Vangelo sembra dura a chi la riduce a legge perché ha il cuore altrove, a chi cerca di salvarsi da solo, a chi pensa al di avere benessere perché non si perde per nessuno. La verità più profonda di Gesù, vero segreto della vita, è che solo se cade in terra il chicco di grano può dare frutto e non resta solo. E da soli non c’è vita. Non abbiamo paura. Come una madre che trova vita donandola! La misericordia fa fiorire la vita! E’ il titolo della giornata della vita che celebriamo oggi. Gettare le reti significa contagiare di misericordia. Come Pietro all’inizio non capiamo, lo facciamo solo per la sua parola, che è sempre di misericordia e che prepara il futuro anche quando noi non lo vediamo. Non dobbiamo farlo nelle acque vicine alla riva, cioè pigramente, con rassegnazione, senza gioia, con un amore piccolo, calcolato, pauroso. Andiamo al largo, dove le acque sono profonde, dove si affronta la vita vera così com’è, dove andiamo solo se abbiamo speranza. La misericordia è questa rete di amicizia, di cuori che si uniscono e di vita che riprende forza e trova l’opportunità di sbocciare, di esprimersi, come solo la fiducia di qualcun altro può permettere. Davvero non c’è vita senza misericordia e la misericordia accende tutta la vita. “La vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio. Di fatto, coloro che sfruttano di più le possibilità della vita sono quelli che lasciano la riva sicura e si appassionano alla missione di comunicare la vita agli altri”, scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. “La vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri”. Perché non farlo? Perché avere misure piccole? Che cosa perdiamo? Non è questione di dovere, ma di cuore! Altrimenti tutto è sempre troppo difficile. Quanto si difendono i diritti dell’individuo, ma non la persona! E la persona non ha senso da sola, ma in relazione! E tutti hanno valore e tutti hanno il diritto alla vita!

Al cristiano la vita piace e per questo non la vuole proprio buttare via. Gesù, non dimentichiamolo, è quello delle nozze di Cana, della gioia che non finisce e dell’acqua trasformata nel vino buono dell’amore. E proprio per questo è venuto tra gli uomini: perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza; perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena. Gesù ci aiuta ad amarla tutta, a contemplarla, a non perderla mai, a difenderla sempre. Misericordia è fare bella la vita degli altri. Facciamo agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi, è la legge della misericordia. Se riduciamo la vita a affermazione di sé, se dimentichiamo che non si vive di solo pane e che “fatti non fummo per vivere come bruti”, la vita la sciupiamo, finiamo per dissiparla, per non riconoscerla più, per averne paura. Dobbiamo anche non sfuggire ad una considerazione che può apparire triste, che spesso allontaniamo, come fosse un cattivo pensiero, per poi ritrovarcelo ovunque, tanto da condizionarci proprio perché lo esorcizziamo. La nostra vita è debole, segnata dalla fragilità, quella del nostro limite, della malattia, dell’equilibrio così instabile dei nostri sentimenti, dalla fine, la morte. La giornata per la vita ci porta anzitutto proprio a pensare a chi sperimenta il limite, per superarlo con la forza di Dio, l’amore. Non sfuggiamo alla nostra fragilità, ignorandola o nascondendola. Se ci ricordassimo tutti la nostra e l’altrui fragilità, quella che scuote come un terremoto, forse ci aiuteremmo di più, non accetteremmo tante cattiverie, violenze e indifferenze che rendono la vita peggiore, spesso la soffocano.

Iniziamo da dove la vita è minacciata, dalle migliaia di persone che in questi giorni stanno scappando da Aleppo, perché non hanno più niente e sono vittime di una guerra che rende insignificante la persona, quella violenza cieca che giustamente ci terrorizza e che scuote la Siria da cinque anni. Lì c’è vita, disperatamente alla ricerca di vita, cioè di futuro. Loro ce lo ricordano a noi che spesso pensiamo di averne tanta, di avere sempre tempo pure i lusso di sprecarlo. Celebriamo la vita di chi non vede riconosciuto il suo diritto a nascere e anche a morire. Sempre nell’Evangelii Gaudium Papa Francesco parlando dei tanti deboli, scartati, che sono i “sommersi” o gli invisibili, indicava anche “i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”. Non c’è in questa attenzione né atteggiamento ideologico o oscurantista: è la difesa di qualsiasi diritto umano. “Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà”. “Ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”. “Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”. La giornata di oggi ci aiuta a difendere sempre la vita e di tutti e a non avere paura dei problemi. I senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i rom, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i migranti, le donne vittime della violenza, i bambini soldato e costretti a lavorare, ci pongono la domanda della misericordia perché vogliamo una Chiesa senza frontiere, madre di tutti. La misericordia accende la loro vita, la rende bella, attraente. Per questo ci libera dalla paura e dalla rassegnazione. La misericordia non si accontenta, non si nasconde dietro al facile “non è possibile” oppure “già faccio abbastanza”, non vuole adattarsi al nostro egocentrismo ma alle domande degli uomini, così come esse sono.
“Prendi il largo”. La sera diventa un inizio. Come Pietro, peccatori come siamo, gettiamo le reti della misericordia nel mare di questo mondo, usando le nostre capacità e dove siamo. Vedremo rifiorire la vita, daremo frutti di amore, di gioia! “Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. Con l’intercessione della Madonna di San Luca che sia così anche per ognuno di noi.

06/02/2016
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