Ordinazione dei diaconi permanenti

Oggi celebriamo insieme una gioia che è vostra, nel ministero del diaconato, ma che è per tutti. Il vostro servizio non è un ruolo perché il più grande è colui che serve. Il servizio è sempre un dono, non dimentichiamolo mai, soprattutto quando si affaccia persuasiva la sottile tentazione di trasformarlo in un possesso, un merito che poi ci farà andare a cercare la ricompensa, fosse solo la considerazione, finendo per mettere al centro la nostra umanità e non questa a disposizione del Vangelo. Dio pensa per ognuno di noi un servizio e la Chiesa ha bisogno di ognuno. Nessuno è indispensabile, certo, ma dobbiamo tutti pensare che cosa togliamo alla comunità nascondendo il talento e tenendolo per noi! Ognuno di noi è una vocazione su questa terra. Non lo capiamo nelle tante introspezioni, così amate dalla nostra generazione individualista e sempre allo specchio perché sa poco capirsi in relazione all’altro. Tutti noi, oggi capiamo la nostra vocazione in questi fratelli, troviamo noi stessi quando ascoltiamo Gesù, il primo altro, il vero prossimo che ci aiuta a vedere e legarci al prossimo. E avviene così anche il contrario. Ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo, scrive Papa Francesco. “Se uno divide da una parte il suo dovere e dall’altra la propria vita privata, tutto diventa grigio e andrà continuamente cercando riconoscimenti o difendendo le proprie esigenze. Smetterà di essere popolo”. E aggiunge: “Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita”. “Acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!”. Rompiamo le pareti della rassegnazione, del limite e gettiamo le reti! E’ proprio la pesca abbondante per tutti che abbiamo davanti, i frutti del Vangelo e di una umanità che rifiorisce quando gettiamo le reti della misericordia. Questa è la chiamata alla quale tutti noi possiamo rispondere, liberandoci dalla tentazione di Pietro, quella della prima parte della sua risposta a Gesù nel Vangelo di oggi. Lui era stato generoso, ma non aveva capito la chiamata. Aveva fatto qualcosa di buono, mettendo a disposizione la sua barca a quel maestro che “insegnava” a tutti. Ma la sua vita continuava come sempre, il suo privato stava da un’altra parte, il suo cuore era nella barca. E’ la differenza tra fare qualcosa di buono – lo sanno fare tutti – e sentire la chiamata di Dio. Pietro risponde dicendo: “Abbiamo lavorato tutta la notte non abbiamo preso nulla”. Mette Gesù davanti alla realtà, con il sottile rimprovero di non capire la personale condizione. So io chi sono, conosco io la mia esperienza, che cosa vuoi sapere tu che non sei pescatore delle mie possibilità? Cosa capisci tu della mia esperienza? Io mi conosco? Qualche volta ci mettiamo di fronte al Signore con rassegnazione, forti del nostro limite, difesi dai nostri fallimenti, quelli che per certi versi la chiamata di Gesù rivela, per cui sentiamo, di fronte alla sua proposta, la nostra piccolezza. Per me è andata così, il mio percorso è stato questo, fatalmente! E poi perché adesso dovrebbe andare diversamente? E la vita è la mia, seguo quello che sento, che penso io! Io so chi sono!
La chiamata inizia quando diciamo: “sulla tua parola getterò le reti”. Non più solo per me, ma per te, perché me lo chiedi tu. E vediamo che proprio quella sua parola diventa la mia, permette proprio a me quello che io non avrei mai o più pensato possibile, che va oltre di me. Sono io e sono io con lui, perché la sua parola è entrata nella mia vita. Questa è la vocazione, peccatori come siamo. Pietro lo capisce perché sa che è solo sulla sua parola e non dalla sua esperienza che ha potuto raccogliere tanti frutti. Ascoltiamo quello che il Signore ci chiede, oggi; passiamo da un po’ di generosità a lasciare tutto e seguirlo; continuiamo a fare i pescatori ma di uomini, cioè non più per noi ma per gli altri. E questo cambia tutto. Lo faccio solo “sulla tua parola”, anche se all’inizio non capisco. E’ come la misericordia: non sappiamo dove ci porta, ma fa rifiorire la vita molto più di quanto noi pensiamo!
Siate diaconi, servi, gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. E fatelo in un mondo dove si crede di comperare tutto, dove tutto ha un costo: mostrate, con gioia la gratuità dell’amore. Il titolo più bello per un cristiano è servo. E’ il titolo di quel primo servo che è Gesù, che ci rivolge quella parola che annunzierete e che io vi consegnerò ammonendovi: “credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede e vivi ciò che insegni”. Non maestri, non annunziatori di parole lontane dalla vita vostra e degli altri, ma testimoni credibili di un Vangelo che diventa vita. Solo chi ascolta serve. Vi chiederò di “custodire e alimentare nel vostro stato di vita lo spirito di orazione e adempiere l’impegno della liturgia delle ore, insieme con il popolo di Dio, per la Chiesa e il mondo intero”. La preghiera alimenta la nostra vocazione. Custodire e alimentare. Non siete professionisti e per questo abbiate cura di crescere. Servite e fatelo con gioia, ricordandovi che il Signore vi chiama nonostante che abbiate faticato tutta la notte senza prendere nulla. Servire sarà anche faticare. Non ne abbiamo paura, anzi. In eo quod amatur, aut non laboratur, aut et labor amatur. Quando si ama, non si fatica, o, se si fatica, questa stessa fatica è amata. (De bono vid. 21, 26). Servite la chiesa e questa comunione così preziosa, delicata, che vuole uscire e rimettersi in viaggio con tanti, essendo “sinceri nella carità, premurosi verso i poveri e i deboli, umili, retti e puri di cuore, vigilanti nel servizio”. Il Vangelo ci fa guardare in modo nuovo quello che sembra definitivamente compromesso e riaccende la speranza. Pietro non ha chiaro tutto. Non cerca prima di vedere i risultati. Sarebbe troppo facile credere così! La fiducia è “sulla parola” che ascolta e finalmente vive in maniera personale.
Andate al largo, con la passione dell’inizio, come un nuovo giorno, parlando con chi non pensereste, riprendendo discorsi, ascoltando tanto, essendo testimoni che attraggono con la loro umanità. Al largo, dove le acque sono profonde, anche dove ci sono le domande vere, senza tante sicurezze, perché il Signore è con noi e non abbiamo paura.  Lui ha bisogno di cuori aperti, di fratelli veri che mettono in pratica le opere di misericordia, perché il mondo ha bisogno di misericordia e non di giudizio, di mani tese e non di buon consigli, di gente credibile e non di vuoti ripetitori di parole che poi non vivono. Quanti frutti di amore, di gioia, di vita, quando gettiamo reti “in altum”, vincendo la rassegnazione, la pigrizia; quando ci leghiamo a chi è solo, a chi ha bisogno, al povero invisibile, perso nel mare dell’indifferenza. “Ti rendo grazie Signore con tutto il cuore. Il Signore farà tutto per me, il tuo amore è per sempre”.

07/02/2016
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