Terza Veglia di Quaresima

La parola di Dio questa sera vuole introdurci più profondamente nel

mistero che è la Chiesa. Perché dobbiamo chiamare “mistero” la

Chiesa, la comunità cioè che siamo noi? Perché la sua

realtà non si riduce ad essere semplicemente una società di uomini.

Essa è la comunità di coloro che sono uniti a Cristo e quindi

fra loro, mediante la fede, i sacramenti e la carità. Nella Chiesa è presente

Cristo stesso.

1. Il santo Vangelo ci rivela da dove ha origine il mistero della Chiesa;

da dove nasce questo nuovo modo di con-vivere dentro al groviglio della società e

della storia umana.

Nasce dall’incontro fra la povertà dell’uomo e la ricchezza

di Dio, la mendicità dell’uomo e l’elemosina divina. «Portavano

a Gesù tutti i malati e gli indemoniati»: ecco l’immagine

plastica della mendicanza umana. Ogni miseria e soprattutto la miseria di non

essere più in possesso di se stessi, schiavi di un potere: gli indemoniati. «Guarì molti

che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni»:

ecco l’elemosina divina. L’uomo viene liberato e riportato alla

sua regale dignità.

Notate bene quello che dice Gesù: «per questo … sono venuto!».

Sono parole che aprono come una feritoia attraverso la quale possiamo gettare

uno sguardo pieno di venerazione dentro al mistero dell’identità di

Cristo. Egli ha la coscienza di essere un inviato in questo mondo per realizzare

una missione, quella precisamente di guarire e liberare l’uomo. Nel Vangelo

secondo Giovanni Gesù dice: «non sono venuto per condannare il

mondo, ma per salvare il mondo» [12,47b].

Ma è su un particolare della pagina evangelica che desidero soprattutto

attirare la vostra attenzione. In un certo senso, il villaggio dove Gesù si

trova cerca di trattenerlo. «Egli disse loro: andiamocene altrove per

i villaggi vicini, perché io predichi anche là»: ogni uomo è un

mendicante di salvezza e Dio in Cristo non limita la sua elemosina ad alcuni.

La sua mano si apre ad ogni uomo: «la morte di Cristo infatti è stata

la redenzione del mondo intero», ci ha appena insegnato Cromazio di Aquileia. è escluso

ogni particolarismo, ogni privilegio etnico. La salvezza cristiana non è indissolubilmente

identificabile con nessuna particolare cultura o civiltà. «Andiamocene

altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là»:

oggi ogni popolo è un “villaggio vicino” ad un altro popolo,

e il Vangelo della grazia che salva va predicato ovunque. Tutti gli uomini

sono uniti nella comunanza della stessa origine e dello stesso bisogno di salvezza.

Ecco, carissimi fratelli e sorelle, questa è la santa Chiesa. è il

luogo dove si incontra il desiderio dell’uomo e il desiderio di Dio:

di ogni uomo e di tutti gli uomini. S. Agostino mette sulla bocca della Chiesa

le seguenti parole: «io parlo tutte le lingue: parlo greco, siro, ebraico;

la lingua di ogni popolo poiché sono l’unità di tutte le

genti» [in ps. 147,19].

Ovunque la Chiesa è a casa sua e ciascuno nella Chiesa è a casa

propria.

2. La veglia di preghiera che stiamo vivendo esprime questa consapevolezza

e nello stesso tempo aiuta ad approfondirla.

La comunità di Usokami e la nostra comunità sono unite non da

vincoli di solidarietà semplicemente umana. La nostra unione è costituita

dal vincolo che è la Chiesa: la stessa Chiesa che è in Iringa, è a

Bologna. Questo vincolo è la carità effusa nei nostri cuori dallo

Spirito Santo che anima la Chiesa.

Viviamo ora nella preghiera questa intima comunione; in questi anni abbiamo

vissuto e continueremo a viverla nella scambio dei doni.

Nella Chiesa nessuno riceve solamente; nessuno dona solamente. Nella Chiesa

accade l’avvenimento di una reciprocità nella condivisione dei

beni che riflette la stessa vita trinitaria.

 

26/02/2005
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