1.«Allora Maria disse. Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di
me quello che hai detto». Carissimi fratelli, il Signore ci dona di porre
la nostra tre giorni sotto la protezione del S. Nome di Maria, sperimentandone
la forza e la dolcezza. E ci chiede di immergerci dentro al consenso mariano: «eccomi
sono la serva del Signore»; di porre il nostro sacerdozio dentro l’obbedienza
mariana: «avvenga di me quello che hai detto».
Il profeta dice: «chi ha misurato con il cavo della mano le acque del
mare e ha calcolato l’estensione dei cieli con il palmo? Chi ha misurato
con il moggio la polvere della terra, ha pesato con la stadera le montagne
e i colli colla bilancia?» [Is 40,12-13]. Ciò che il profeta riteneva
impossibile è avvenuto nella persona di Maria. Il “cavo della
sua mano” ha misurato l’immensità del Mistero, poiché Esso
si è chiuso dentro lo spazio ristretto del suo grembo. Il “palmo
della sua mano” ha calcolato l’estensione dei cieli, poiché questi
hanno ridotto la loro misura dentro il grembo di Maria. In Lei e su di Lei,
fragile ed umile stadera, si è posato tutto il peso della Gloria di
Dio: «lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la
sua ombra la potenza dell’Altissimo».
Che cosa ha reso possibile questo avvenimento? l’obbedienza di fede,
il consenso di Maria. Ella si è lasciata semplicemente occupare dalla
Presenza divina, rendendosi pienamente malleabile, senza nessuna resistenza
o durezza. è questo il mistero più profondo della nostra libertà . è una
facoltà finita, ma nell’obbedienza della fede essa diventa capace
di attingere la stessa Realtà infinita: si estende all’infinito.
Ciò è accaduto in modo unico quando Maria ha detto: «eccomi,
sono la serva del Signore».
L’obbedienza della fede ha reso feconda Maria, poiché l’ha
resa capace di generare lo stesso Figlio di Dio nella nostra natura umana.
2.Carissimi fratelli, vi dicevo all’inizio di deporre il nostro sacerdozio
dentro al consenso mariano. Che cosa significa questa “deposizione”?
L’apostolo parlando dei ministri della Nuova Alleanza dice: «noi
abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza
straordinaria viene da Dio e non da noi» [2Cor 4,7].
La riflessione paolina richiama il testo profetico. Anche il cavo delle nostre
mani è chiamato a misurare le acque del mare e il nostro palmo a calcolare
l’estensione dei cieli? Anche le nostre spalle portano il peso delle
montagne? «noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta». Di quale
tesoro parla l’Apostolo? Il tesoro di un incontro nel quale abbiamo conosciuto “la
gloria divina che rifulge nel volto di Cristo” e siamo stati inviati
ad annunciarlo; il tesoro della potenza di Dio che opera nella predicazione
del Vangelo [cfr. Rom 1,16-17] che è stata affidata alla povertà della
nostra parola. Infatti «Ã¨ piaciuto a Dio di salvare i credenti
con la stoltezza della predicazione» [1Cor 1,21b].
Esistenzialmente come è possibile vivere bene questo condizione? L’apostolo
stesso ci dona la risposta: «animati … da quello stesso spirito
di fede di cui sta scritto: ho creduto, perciò ho parlato, anche noi
crediamo e perciò parliamo» [2Cor 4,13].
Carissimi fratelli, qui c’è il “nodo” centrale della
nostra vita sacerdotale: l’obbedienza della fede, mediante la quale trasferiamo
la proprietà di noi stessi da noi stessi a Cristo nel servizio della
sua Chiesa.
Più concretamente. Ciascuno di noi possiede se stesso mediante la sua
libertà , l’esercizio della sua libertà . Dispone di se stesso
mediate la sua libertà .
Maria dice: «eccomi, sono la serva del Signore», e ritrova se
stessa in una modalità nuova e più vera. Deponendo il nostro
sacerdozio in questo consenso mariano, noi apriamo totalmente la nostra libertà ad
essere abitati dal dono [eucaristico] di Cristo alla sua Chiesa. In forza di
questa “deposizione” non ti appartieni più, sei stato espropriato
nei tuoi gusti, nelle tue preferenze, nell’esercizio della tua libertà ,
perché sei divenuto proprietà di Cristo per il servizio della
Chiesa. Questa espropriazione ha la sua radice ed il fondamento nell’obbedienza
della fede, ma essa è nient’altro che la carità pastorale.
E la persona umana realizza se stessa solo nel dono sincero di se stessa.
Ecco, carissimi fratelli, la grandezza e la bellezza della nostra esistenza
sacerdotale, «perciò» diciamo con Paolo «investiti
di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci
perdiamo d’animo» [2Cor 4,1]. E, non dimentichiamolo mai, «se
vai dietro [a Maria] non devierai, se la preghi non dispererai; se pensi a
lei non potrai sbagliare. Se lei ti guida non cadi; se ti protegge non puoi
aver paura» [S. Bernardo].
