«Lodate il Signore nel suo Santuario, lodatelo nel firmamento che è simbolo
della sua forza». Accolgo nel cuore l’invito del Salmo, avendo
il Signore ridonato alla comunità ebraica la sua Casa restaurata, ed
a me concesso di vivere questo momento di incontro con i figli di Israele.
La mia presenza si pone in continuità colla visita fatta dal mio venerato
predecessore, il Card. Giacomo Biffi, nel 1988, come segno della volontà della
comunità cattolica di Bologna di continuare, di migliorare, di approfondire
il rapporto colla comunità ebraica. Penso soprattutto al bisogno di
approfondire sempre maggiormente la riflessione teologica circa il rapporto
tra ebraismo e cristianesimo.
Noi pagani, per la divina misericordia che ci è stata usata, eravamo
oleastri e siamo stati innestati diventando così partecipi della radice
e della linfa dell’ulivo che siete voi [cfr. Rom 11,27]. Abbiamo così potuto
anche noi riconoscerci con voi nella paternità di Abramo [cfr. Gal 3,7;
Rom 4,11s], e con voi accogliamo come parola dell’Eterno gli insegnamenti
di Mosè e dei Profeti. La nostra preghiera è costituita come
la vostra dalla recita dei salmi. Pertanto nessuno può dirsi discepolo
di Cristo se non si sente spiritualmente ebreo.
Certamente non sarebbe degno di persone oneste dissimulare le profonde differenze
che riguardano punti fondamentali della nostra e vostra fede. Ma le differenze
non sono ragioni per non avere reciproco rispetto; anzi, sono ragioni che devono
spingerci ad una sempre più profonda conoscenza.
«Benedetto sia l’Eterno che ha dato la Legge al suo popolo d’Israele,
benedetto sia. Beato il popolo cui tanto è concesso». Questa “benedizione” mi
ispira un secondo pensiero. Israele benedice l’Eterno perché gli
ha donato la legge e considera sua beatitudine questa concessione divina.
Abbiamo una grave e comune corresponsabilità , noi comunità cattolica
e comunità ebraica, verso il mondo di oggi, soprattutto verso le giovani
generazioni.
Condividiamo l’intima convinzione che quando l’uomo vuole diventare
legge a se stesso, quando vuole vivere prescindendo dalla Fonte della vita,
finisce nell’autodistruzione. Queste parole risuonano particolarmente
gravi in questo luogo, nel ricordo particolare degli ottantatré ebrei
bolognesi deportati con il loro rabbino Alberto Avraham Orvieto. Quando si
nega la santità dell’Eterno si finisce per distruggere l’uomo.
La folle ideologia nazista ha cercato di compiere l’atto più sacrilego
della storia: cancellare il popolo d’Israele, segno vivente della presenza
del Mistero dentro la storia. Abbiamo in comune una grave responsabilità educativa
verso le giovani generazioni: custodire in loro la memoria dell’esito
cui conduce il rifiuto della legge dell’Eterno; comunicare loro la gioia
della verità circa il bene insegnataci dalla legge dell’Eterno.
Oh se noi riuscissimo a far sì che i giovani bolognesi tutti – cura
precipua del mio ministero – potessero dire con verità : «dirigimi
sul sentiero dei tuoi comandi, perché in essi è la mia gioia» [Sal
119,35]. Assicureremmo a questa città un futuro di giustizia, di pace,
di accoglienza.
Concludo rivolgendovi anch’io le parole della benedizione alla Comunità : «Il
re del mondo vi benedica e vi renda meritevoli ed ascolti la voce con cui lo
pregate: siate redenti e salvati da ogni angustia e distretta».
Così sempre sia.