“Insieme si va lontano”. È proprio vero e ringrazio Dio perché abbiamo vissuto insieme giorni di tanta comunione e ascolto della Parola di Dio. Abbiamo vissuto assieme quello che, in realtà, viviamo tutti i giorni. Farlo ci ha aiutato a “vederlo”, a capirlo meglio e a scegliere assieme verso dove indirizzare il nostro cammino, e a farlo non ognuno per conto proprio ma, appunto, insieme.
Significa anche che se siamo divisi non andiamo lontano, restiamo soli, ci accontentiamo del piccolo senza capirlo. E non si può restare fermi. Chi vuole conservare la sua vita la perde. E così si resta soli. Cosa significa per noi “insieme” e andare “lontano”? Verso dove?
Insieme non significa con quelli uguali a me (chi è poi uguale? E cosa ci rende “uguali”?), con quelli che mi danno ragione, con quelli che mi stanno simpatici, o che mi convengono. Insieme è con i miei fratelli, con il prossimo. Tutti possono far parte del nostro “insieme”. È quello che mi hanno scritto i bambini che ho incontrato in questi giorni, e ciò mi conferma che se non diventeremo come bambini non entreremo nel Regno dei cieli, non perché questo sia una cosa da bambini, niente affatto, ma perché entriamo in esso (già da oggi!) solo se ci affidiamo, se sentiamo l’amore e se, al posto di guardare tutto e tutti con diffidenza e paura, guardiamo invece con fiducia e amore. “Insieme” anzitutto a Dio, sentendo la Sua presenza, vivendola dentro e tra di noi, lasciandoci prendere per mano, ascoltando la Sua parola e facendoci proteggere da Lui.
È un Padre non è un codice di comportamento, un giudice indifferente o da convincere ad amarci, un’entità senza volto e senza amore perché assume le caratteristiche che vogliamo noi, e che ci dice quello che vogliamo farci sentir dire. No! È un Padre che capiamo e rispettiamo proprio perché padre.
Tutti i bambini della scuola d’infanzia, tutti, mi hanno preparato una festa e un canto bellissimo che mi porto nel cuore. Quelli di Ganzanigo mi hanno regalato un cartone da aprire dove fuori c’era scritto: “Quello che facciamo agli altri è come essere davanti ad un specchio”. Quando l’ho aperto ho trovato uno specchio vero e proprio con scritto: “Se diamo amore, ci ritorna”. Sì, se ci specchiamo per guardare solo il nostro volto non saremo mai sicuri, vedremo solo le cose che non vanno oppure ci pensiamo presuntuosi, e ci convinciamo di essere importanti studiando le apparenze, cercando solo la nostra considerazione. Invece se mi specchio nell’altro, se vedo lui, l’altro diventa me e io lui, insieme, perché l’amore ci unisce e l’amore è un legame bellissimo per il quale faccio agli altri quello che voglio sia fatto a me, e quello che faccio agli altri diventa mio e viceversa.
Se amo gli altri come me stesso (non contro me stesso, ma come me stesso!), se mi penso insieme a loro, se amo e possiedo non perché lo faccio mio ma perché legame dell’amore, solo così tutto ritorna, poiché l’amore non va mai perduto. Ecco, insieme si va lontano. Insieme nelle nostre comunità e insieme tra le nostre comunità. Lo abbiamo compreso bene – non dimentichiamolo – nella pandemia del Covid con tanto dolorosissimo isolamento, perché solo insieme abbiamo affrontato una condizione così terribile. Lo stesso nell’alluvione che tanta sofferenza, economica e umana, ha causato, così come tanta paura, e che ha pure rafforzato tanta consapevolezza, quella che solo aiutandoci possiamo contrastare la furia delle acque e trovare la protezione indispensabile per vivere.
È bello essere al mondo, abbiamo detto con i bambini. E ne vogliamo tanti non perché abbiamo tutto ma perché abbiamo loro e, quindi, abbiamo tutto, tutto il mondo che è ognuno di loro. Ed è bello essere comunità, insieme, per camminare lontano. Questa è la nostra speranza, che il Signore nutre con la Sua parola e i Suoi sacramenti, coltivando Lui per primo l’amicizia con noi e insegnandoci a viverla tra di noi, condividendo la speranza per non arrenderci di fronte al male che riempie di amarezza, disillusione, chiusura.
Il nostro è un cammino che non finisce perché l’amore non finisce, e noi non vogliamo che finisca. Ieri un bambino parlando delle nostre paure ha detto subito: “Io ho paura che qualche mio amico muoia”. È vero! Chi ama ha paura di perdere l’amato. Gesù è venuto tra di noi per questo. Per farci camminare insieme, così camminiamo tutti e camminiamo meglio, nessuno resta indietro e se qualcuno si perde non gli diciamo che è colpa sua ma aiutiamo Gesù che lo va a cercare. Gesù è così, si pensa proprio insieme a noi, del tutto insieme a noi. Camminiamo lontano, verso la casa del cielo che iniziamo a vivere qui e che oggi vediamo così bella e piena di vita, compresa quella dei nostri cari che sono lontano, eppure in mezzo a noi, perché stanno con Gesù nella casa del cielo dove siamo diretti. E Gesù ha preparato la via.
In questi giorni, sapete, qui vicino ho capito che si possono ascoltare le cose più lontane, che non vediamo e che pure esistono. Alla Croce del Nord hanno delle antenne incredibili, straordinarie, riescono a catturare rumori lontanissimi, con tanta pazienza e tanto sforzo, e dove, soprattutto, non ci devono essere altri rumori. È un po’ come per noi: per stare insieme, anzitutto, dobbiamo ascoltare il Signore che parla affinché raggiunga il nostro cuore. E l’antenna è proprio quella del cuore che quando è acceso, quando sta attento a Gesù e al prossimo, ascolta il Suo amore, si sente tanto amato da Dio che gli sta vicino, che capisce la domanda che ognuno ha dentro di sé e che, spesso, nessuno sa capire. Se abbiamo l’antenna del cuore accesa, e senza i rumori inutili dell’egoismo, sentiamo tante domande di amore, di aiuto, non ne abbiamo paura e impariamo a rispondere. Chi cammina lontano poi impara a scoprire quello che gli è vicino.
Non abbiamo paura di prendere sul serio il Vangelo, di legarci la nostra vita, perché chi cammina con il Vangelo cammina insieme a tutti, rende vicini tanti, diventa un astro sulla terra. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene. Guardiamo con benevolenza e non cerchiamo il male, altrimenti finiamo per guardare solo il male e non sappiamo vedere le cose belle. Dobbiamo togliere la trave che abbiamo negli occhi e imparare a guardare, cioè vedere con gli occhi di Dio, che sono quelli, poi, più umani di tutti. La trave è l’egoismo, l’amore per noi stessi, che è un’altra cosa che amare la propria vita, perché l’egoismo la contrappone all’amore per il prossimo. Se ci togliamo l’egoismo torniamo a vedere come vede Dio, con i Suoi occhi che sono i nostri. Pensiamo che il male venga da fuori, ma se combattiamo e togliamo la nostra trave possiamo vedere per davvero.
Se guardiamo con amore e non per invidia, non per i confronti e le gelosie, per le nostre classifiche credendoci migliori, e non con indifferenza o per condannare, ecco sapremo vedere non la pagliuzza ma la persona. E potremo anche aiutarla – per amore – a vedere meglio togliendo la pagliuzza. Quando vediamo con gli occhi di Gesù vediamo la speranza, il desiderio di infinito e di pienezza che è nell’intimo dell’essere umano, e così ci apriamo ad una felicità non momentanea o limitata ma eterna. Vediamo con tanta umanità, perché gli occhi di Dio sono quelli più umani. È lo sguardo che non offende, che non è dall’alto in basso, che non giudica, che non ferisce perché supponente o estraneo, ma che ama e unisce. Il Signore benedica ognuno di noi e ci doni di guardare con amore per scoprire la bellezza del prossimo e aiutare Dio a rendere il mondo il luogo per cui lo ha voluto: un giardino di amore e di pace. A cominciare da noi. Che siano così le nostre comunità.
