Il Vangelo che abbiamo ascoltato è la chiave che spiega e riassume tutto l’annuncio di Gesù: combattere e vincere il male con l’amore. E Lui è venuto proprio per liberarci da ogni male, soprattutto il più grande, la morte. Non ci chiede qualcosa che è impossibile, secondo qualcuno addirittura contro natura, come se assecondare l’istinto sia essere se stessi… Caino non poté dominarlo, come invece gli aveva consigliato Dio. Gesù non ci chiede di amare i nemici come fossimo Dio, ma da uomini, perché il Signore non chiede qualcosa di impossibile per mettere alla prova la nostra vera volontà, per selezionare le persone. Il comandamento dell’amore, infatti, lo mettono in pratica gli umili e non i pieni di sé, coloro che si riconoscono peccatori e non quelli che si credono giusti, i fragili e non i sicuri che giudicano e condannano, i miti e non gli arroganti che si credono sapienti e intelligenti, o professionisti che spiegano le cose agli altri con dovizia di particolari, ai quali non si può dire nulla e che poi proprio loro non le sanno vivere.
Non ci sono vie di mezzo: amate i vostri nemici, pregate per loro, risparmiate la loro vita. Pregate per loro come fossero amici! Possiamo iniziare a farlo con benevolenza verso tutti. Solo così potremo parlare una lingua di pace con chiunque e incontreremo un fratello che non si riconosce più, accecato dall’odio. Come fece San Francesco con frate lupo, che chiamò anche frate, non lo combatté ma ci parlò, non rispose alla sua violenza con la violenza, non dette ragione alle paure degli spaventati abitanti di Gubbio e alla loro rabbia e vendetta. L’amore non è passivo, ma forte, diventa passione intelligente che capisce e affronta le cause dell’inimicizia, che aiuta a cambiare e a rientrare in sé, libera da pensieri e gesti che ci rendono predatori e ci fanno perdere perché facciamo ciò che fa male a noi e agli altri. Viviamo in un mondo che ha pienamente ripreso l’idea della forza, della supremazia, perché ha troncato quella del dialogo, dell’incontro, del pensarsi insieme. La forza, però, impone le sue soluzioni e pensa così di trovare quello che conviene e che serve, ma a lei! L’amore è un’altra cosa e solo l’amore vince l’inimicizia.
La forza semina e fa crescere inimicizia, confronti, gelosie, discordie, e chi di forza ferisce di forza perisce. Come si fa, ci chiediamo, ad amare i nemici? Non facendoci irretire dal male, dal quel male che addirittura fa credere giusta la vendetta, necessaria, come nella logica dell’onore mafioso, contraddizione in termini, per cui mi sento costretto a vendicare quello che ho subìto anche se ciò genererà altra violenza. Forte è chi ama, non chi usa la spada. Forte per davvero è chi resiste alla logica dell’inimicizia, con il suo terreno di cultura pericoloso e colpevole delle nostre classifiche, dei confronti, delle esclusioni, dei giudizi e dei pregiudizi che umiliano e scartano, dell’egocentrismo che ignora l’altro e gli toglie valore, dell’odio e della banale indifferenza per cui “sono forse io il custode di mio fratello?”. Il cristiano è chiamato ad amare suo fratello. Non è un super uomo e non ci è chiesto di diventarlo, anzi Gesù ci libera dalla tentazione di rincorrerlo o di esserlo. Il cristiano è uno che ama come può anche se l’inimicizia ha accecato suo fratello. Continua a trattarlo come è, libero dai meccanismi e dalle abitudini dei bullismi così diffusi in tutte le generazioni. Solo l’amore vince e solo l’amore resta. Solo l’amore prepara il futuro. Il male perde tutto e rende il presente un inferno.
L’amore genera vita, anche quando all’inizio sembra perdersi inutilmente. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. E ci lascia anche molto liberi. È questa la vera uguaglianza che ci fa trovare pure noi stessi, proprio perché troviamo il prossimo. È la gratitudine che in realtà cerchiamo. C’è molto senso di gratuità, quando oggi invece tutto ha un costo, ed è indipendente dalle convenienze personali. “E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”. Per noi cristiani, amati esageratamente da Dio, perdonati contro ogni misura, è una domanda aperta, perché non possiamo crederci a posto perché amiamo quelli che ci amano, alla fine non riusciamo a fare nemmeno questo, perché se non combattiamo il male esso riesce a non farci amare anche quelli che ci amano. “Quale gratitudine vi è dovuta?”, perché vi dovrei voler bene se avevo fame e non ti sei fermato, non mi hai degnato di uno sguardo, ti sei tenuto il tuo pensando che te lo portassi via? Perdiamo quello che possediamo perché non l’abbiamo dato. Resti tu senza pane e avrai una fame che non trova risposta. Regaliamo senza calcoli, senza sperarne nulla, perché l’amore darà frutto sempre e per essere tuo lo devi rendere suo. Solo così saremo figli dell’Altissimo, che poi significa uomini e donne umani, liberi dai giudizi che condannano, che giustificano la distanza, la freddezza, la mancanza di compassione, l‘estraneità, tutte cose che ci riguardano.
Dobbiamo davvero ringraziare il Signore per il Suo Vangelo che ci ha fatto conoscere e amare tanti Suoi fratelli più piccoli, rendendoci piccoli, insegandoci ad abbassarci, ad andare incontro, a non avere paura, a superare le misure, a conoscere, a guardare con benevolenza perché solo con l‘amore si vede bene il prossimo. Gesù ha sempre avuto attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze e le ha fatte Sue. «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite» (Mt 9,36). E senza di Lui non ci saremmo pensati con loro, non le avremmo mai conosciute, al massimo avremmo vissuto qualche rapida e presunta generosità ma senza amicizia: avremmo donato qualcosa, ma senza legarci a dei fratelli. Solo Gesù ci ha liberato dall’inimicizia che legittima l’indifferenza e ci ha insegnato a prestare attenzione, ad accorgerci, a pensarci insieme, non dall’alto in basso ma con qualcosa che ci unisce intimamente, da commensali invitati tutti all’unica mensa dell’amore.
Ha scritto Papa Francesco nella Dilexit nos: «Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle persone che erano qualificate come “indegne”. Questo è un principio nuovo nella storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente» (DN 170). Il male si supera con il bene, il male si vince con la crescita dell’amore. Non una vita con qualcosa di meno, quindi, ma con molto di più. Solo che per avere di più dobbiamo regalarlo, non calcolare, non investire e non condizionare l’amore al risultato. Il risultato è l’amore stesso! E se ci dedichiamo ad aiutare qualcuno, non significa che ci dimentichiamo di Gesù! Al contrario, lo troviamo in un altro modo. “Quando cerchiamo di sollevare e guarire qualcuno, Gesù è lì accanto a noi”.
Oggi ricordiamo questi nostri fratelli morti per strada, o che hanno vissuto senza un posto “dove poggiare il capo”, forestieri e lasciati senza sufficiente protezione, con lo stesso legame, affetto, commozione di familiari, perché lo sono. Sono i nostri cari. Spesso lo siamo stati per loro proprio in vita e nell’ultimo saluto, perché non c’era più nessun altro. Farlo ci ha permesso di trovare il nostro prossimo e di sperimentare la gioia di esserlo stato. La gratitudine è anzitutto la nostra verso di loro. La speranza che abbiamo vissuto sulla terra, che ci ha unito alla loro storia, ha anticipato lo stesso dono di Dio che essi e noi vivremo. Ricorderemo i loro nomi e penso che imparandoli abbiamo conosciuto meglio il nome di Gesù, e così abbiamo capito il nostro nome, chi siamo, il vero senso della nostra vita. Il pane dell’amore è lo stesso deposto sull’altare ed è sempre pane del cielo, pane degli angeli di vita che non finisce. La speranza cristiana consiste proprio in questo: l’amore ha vinto il male, e l’amore permette di non farci avvelenare dall’inimicizia che inquina il cuore e la mente, e che genera tante divisioni.
Vediamo con più chiarezza la vera speranza cristiana: la vita non è tolta, ma trasformata. Nella trasformazione che ha cambiato Tancredi e tutti gli altri, e che ha cambiato anche noi, vediamo i germogli del Regno di Dio, la Sua luce. «Cosa sarà dunque di noi dopo la morte? Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del Suo amore infinito». Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà. «Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi». Ecco perché l’amore gratuito, fedele, attento, è pegno di quello che Dio vuole per tutti, amore che supera le distanze che sembrano incolmabili sulla terra e vince quella più grande tra la terra e il cielo. Con gioia e riconoscenza, per loro e per noi che siamo diventati fratelli. In pace.