Veglia di preghiera per i martiri del XX e XXI secolo

Ieri abbiamo accolto il Signore che entra nella città santa. È un uomo consapevole di aver di fronte una condanna a morte e va lo stesso. Gesù ai suoi discepoli aveva sempre confidato che sarebbe stato messo a morte ma anche che sarebbe risorto. Seguire Lui, lo abbiamo ascoltato nel Vangelo, significa scontrarsi con il male, quello personale e quello che riguarda tutti, e dal quale non siamo preservati, come quello di essere trascinati davanti a tribunali, sperimentare le avversità anche dai propri familiari. Ricordiamo oggi quanti in situazioni diverse, con età e modalità differenti, in modo consapevole o meno ma sempre scegliendo di restare, hanno vissuto l’amore di Gesù fino alla fine. I martiri lo sono per amore di Gesù e dei suoi fratelli più piccoli, per amore della Madre di Gesù, nostra Madre, affidata a noi. Amare lei significa aiutarla a essere Madre per i più sofferenti e farlo ci protegge dal ridurre la Chiesa a condominio o parlamento.

I martiri non hanno assecondato il persuasivo “salva te stesso”, “pensa per te”, “rimanda”, “scendi a compromessi”, “accontentati di dichiarazioni magari raffinate e competenti e poi in maniera ipocrita non fare nulla”, o addirittura “combatti il male con il male” perché così fanno tutti. I martiri combattono per davvero il male, perché solo così lo si vince: amando! E spesso sono gli unici, preparano il futuro e sono seme dei cristiani perché fanno vedere in modo credibile l’amore di Gesù e per il prossimo. Non sono eroi. Anzi! Hanno avuto paura, hanno sofferto tristezza e angoscia, hanno chiesto di non bere il calice amaro, hanno chiesto di stargli vicino nell’orto della decisione. Hanno seguito Gesù e come Lui si sono affidati al Padre, non hanno smesso di voler bene. Gesù è il primo martire. Lui stesso si e ci protegge dal turbamento inevitabile che ci prende di fronte alla forza del male, alla sofferenza del giusto, alla vittoria dell’empio. Ama e l’amore non accetta misure mediocri, prudenti, falsamente equilibrate, che poi finiscono per renderci sterili e per farci scendere facilmente a patti con il male. Solo chi ama svela l’inganno del male, le trame e le complicità. Solo chi combatte le mafie, chi si contrappone ai loro inganni, chi non accetta in alcun modo la corruzione, le convenienze, la personale tranquillità, le connessioni con il potere politico, economico, in alcuni casi militare, sperimenta la reazione violenta contro la sua scelta. I martiri, inermi e non violenti, in un mondo dove si esalta in maniera sconsiderata e colpevole la forza, nelle armi e nel linguaggio, hanno difeso l’umanità da tanta barbarie e hanno fatto conoscere situazioni di sofferenza, i veri inferni in terra.

Il loro amore ci conferma e ci interroga. Sono diventati luminosi come “astri in terra” (Fil. 2,15) e a loro volta hanno acceso altre luci e orientato molti. La speranza diventa sempre speranza per altri. Floribert, martire di Goma, nostro fratello, diceva: “Se muoio difendendo gli altri, la mia morte avrà un senso”.  Non si è rassegnato, non ha detto che era troppo difficile, non ha cercato il proprio ruolo ma la convenienza del prossimo.  E per questo non si è piegato alla legge della corruzione e ai suoi profitti. Ha dimostrato che è possibile. I martiri rivelano l’ordinarietà dell’amore, la sua forza umile e resistentissima, liberano dalle discussioni intorno al proprio io, con qualsiasi etichetta sia. La memoria dei martiri, croce di Gesù, rimette l’amore al centro della nostra vita e della nostra comunità, la vera scelta a cui siamo chiamati e che è il primo e vero “problema” della Chiesa. Un amore così appare, infatti, esagerato. È impossibile? No, è amore, solo amore, che comprendi solo amando. La croce è esagerata per Pietro, scandalizzato da un Messia che doveva diventare Re e vincere facendo soffrire gli altri, non viceversa. Grande è chi si fa servo: e questo è evidentemente esagerato! Non qualche buona azione, esemplare, ma servo. “Non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività, lo si nega o, peggio ancora, si nascondono affari e ambizioni personali: Gesù le definirebbe ipocrite”, disse Papa Francesco. I martiri sono fratelli che, al contrario, hanno ascoltato il grido delle vittime e delle macerie di ogni guerra, che non sono rimasti a guardare da lontano ma sono scesi negli inferi della sofferenza per portare speranza. Essi non sono stati protagonisti, attenti alla loro considerazione e ruolo, ma umili servi del Vangelo.

La speranza dei martiri, che è quella dei cristiani, non è evitare il male, ma che questo sia sconfitto, affrontandolo e svelandone l’inganno. In tante difficoltà ricordiamo che la gente “preferisce ascoltare i testimoni: ha sete di autenticità […] reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’Invisibile”. (EG 8) Essi, “saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore. Essi sono presenti in tutte le epoche e sono numerosi, forse più che mai, ai nostri giorni, quali confessori della vita che non conosce fine. Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza”. La missione, intesa nella prospettiva di irradiare l’amore del cuore di Cristo, richiede missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha cambiato la loro vita. “Perciò li addolora perdere tempo a discutere di questioni secondarie o a imporre verità e regole, perché la loro preoccupazione principale è comunicare quello che vivono e, soprattutto, che gli altri possano percepire la bontà e la bellezza dell’Amato attraverso i loro poveri sforzi. Non è ciò che accade a qualsiasi innamorato? Amor sì dolce mi si fa sentire, che s’io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente”. È l’amore che essi vivono e trasmettono che fa innamorare.

La perseveranza vince il male. Bonhoeffer, ucciso 80 anni fa dai nazisti che aveva combattuto, scrisse: “Io credo che Dio può e vuole fare nascere il bene da ogni cosa, anche dalla più malvagia. Per questo egli ha bisogno di uomini che si pongano al servizio di ogni cosa per volgerla al bene. Io credo che Dio in ogni situazione difficile ci concerà tanta forza di resistenza quanta ne avremo bisogno. Egli però non la concede in anticipo, affinché ci abbandoniamo interamente in Lui e non in noi stessi. Ogni paura per il futuro dovrebbe essere superata con questa fede”. “Fratelli, finché non giunge, dopo la lunga notte, il nostro giorno, resistiamo!”.

La testimonianza di questi fratelli ce lo ricorda con umiltà e umanità. Essi sono rimasti perseveranti e la loro luce non è spenta dal male e, in tanta oscurità, chiede di diventare la nostra.

Chiesa Santa Maria della Visitazione, Bologna
14/04/2025
condividi su