Omelia nella Solennità di santa Chiara da Assisi

L’antifona della celebrazione odierna con molta poesia descrive: “Oggi è sorta una stella: oggi santa Chiara, poverella di Cristo, è volata alla gloria del cielo”. Una stella: luce, la vita che diviene vita che non finisce. Alziamo lo sguardo, allora, per capire qualcosa di noi stessi e della terra, e lasciamoci guidare dall’unico amore di Dio che ogni stella, come pensavano gli antichi, riflette. Abbiamo proprio bisogno di uscire “a riveder le stelle” per non restare avvolti nel buio dell’orrore della violenza e degli inferni di sofferenza che vediamo intorno a noi! La sua luce accende e rafforza la speranza! Non si cammina bene sulla terra senza guardare, scrutare, contemplare il cielo! Che inganno terribile pensare che il cielo ci faccia vivere di meno, ci renda meno noi stessi e meno umani! È esattamente il contrario, perché quando l’uomo si fa Dio, si crede onnipotente, cancella il desiderio che è, insieme, il suo limite e il superamento di questo, e così finisce per costruire dei veri inferni sulla terra. Guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra per risplendere, come ci è chiesto, “come astri nel mondo” ( Fil. 2, 15). La luce dell’amore è la stessa lassù e quaggiù! Disse Papa Francesco: “L’uomo non è onnipotente, da solo non ce la può fare. E se estromette Dio, finisce per adorare le cose terrene. Ma i beni del mondo, che a tanti fanno scordare Dio e gli altri, non sono il motivo del nostro viaggio sulla Terra. Alziamo gli occhi al Cielo per elevarci dalle bassezze della vanità; serviamo Dio per uscire dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo”. La nostra generazione dimentica l’Altissimo, lo riduce ad un’entità ineffabile e per questo falsamente rassicurante. Eppure lo cerca in tanti modi. I credenti sono chiamati a testimoniare la luce mediante la loro vita e la loro fraternità. C’è chi pensa di combattere i nemici nel nome di Dio, finendo per combattere il peccatore e dimenticando che questo si ama e che l’unico vero nemico, il male, si combatte proprio amando i nemici!

A Subiaco, nel Sacro Speco, è posta un’iscrizione: “Se cerchi la luce, Benedetto, perché scegli la grotta buia? La grotta non offre la luce che cerchi. Continua pure a cercare nelle tenebre la luce fulgente, perché solo in una notte fonda brillano le stelle”. È proprio nella “notte fonda” di tanta sofferenza che oggi ci lasciamo guidare dalla dolce e ferma Chiara e anche da voi, sue sorelle e figlie, che con la luce della vostra presenza siete un faro di umanità, di accoglienza, di preghiera e, quindi, di pensiero, insomma stelle del mattino che annunciano l’alba di un nuovo giorno, mostrano l’amore che ancora non c’è ma che ci sarà. Ella riflette e voi riflettete amore.

La gioia luminosa di Santa Chiara è stata sempre insieme alle sorelle. È stata una sposa che si è pensata in comunione. Quanto abbiamo bisogno di comunità, di madri e di sorelle, di pensarsi insieme, con relazioni non aziendali ma di amore, di luoghi dove vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri lasciatoci da Gesù! Clausura non è certo estraneità o distanza dalla vita concreta, anzi, è spazio per vivere pienamente la comunione con Dio e, quindi, scendere con Lui nel profondo della storia, nelle sofferenze che scuotono la creazione tutta e che con voi diventano preghiera e compassione. La risposta alla tribolazione, come abbiamo ascoltato dall’Apostolo, non è scappare dal mondo (quello lo fanno tanti che cercano un benessere improbabile e si costruiscono paradisi che in realtà diventano prigioni piene di paura e dipendenze, povere di vita vera) ma rimanere con Gesù, nostra speranza, forti del suo amore, motivo per cui “non ci scoraggiamo”. Ci aiutate, con la dimensione spirituale e così umana della vostra amicizia, a rimanere con Lui, a capire che Lui resta sempre con noi, che così troviamo la Sua e nostra gloria, i frutti che rivelano la grandezza e la forza nascosta nella vite e il senso di essere noi tralci.

È la gloria che contempliamo nell’umanità attraente e materna di Santa Chiara, sempre insieme a San Francesco, modello di rapporto di amore che unisce e completa. Chi ama Dio impara ad amare il prossimo e ad amarsi, sia nel senso transitivo che riflessivo! Santa Chiara ci ricorda che amare significa tenerezza. La abbadessa  «consolerà le afflitte», sarà «l’ultimo rifugio per quelle che sono nella tribulazione» (Cf. RsC IV,12: FF 2778). Le tensioni, i conflitti, non la turbano. Davvero non cerca soluzioni aziendali ma solo familiari, nella comprensione, senza nessun tono autoritario o assillante, ma sempre con premura e umiltà. Chiara preferisce farsi chiamare Sorella, che le sembra più importante del nome di «Madre». Un rapporto affettivo. Scrive ad Agnese, ma per certi versi a tutti noi: “Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da Lui, siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità” (Lettera primaFF, 2862).

Quest’anno ricordiamo l’ottavo centenario del Cantico delle Creature e oggi del canto “Audite, poverelle dal Signore vocate”. Francesco, malato, quasi cieco, compose parole e musica (il motivo per cui chi canta prega due volte è perché con il di più della melodia esprime quello che non riusciremmo a dire o a spiegare). Si rivolge a Chiara e alle sue compagne chiamandole “Poverelle” e poi termina dicendo che saranno “Regine”, coronate in cielo con la Vergine Maria. Per Chiara la prima scelta è sempre vivere il Vangelo, come si legge all’inizio della sua Regola, in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità, senza compromessi come l’amore vero. La seconda, strettamente unita alla prima, che la completa e la permette, è di vivere in fraternità, al servizio le une delle altre. Ma non c’è fraternità senza maternità, come Santa Chiara insegna e vive lavando i piedi alle sorelle ed essendo Madre premurosa e sapiente.

Ci può essere un cristiano senza comunità? Cosa diventa? Chi ama? Nella comunità, le Sorelle devono «amarsi e nutrirsi reciprocamente con più affetto di quello con cui una madre ama e nutre la sua figlia carnale» (Cf. RsC VIII,16: FF 2798) per vivere «il giogo della carità vicendevole e adempiere così la legge di Cristo» (Cf. LEr 17: FF 2918). Aiutateci a vivere la dimensione di relazione, effettiva tra noi perché la Chiesa non diventi un consultorio, un condominio, un luogo tiepido e anonimo che non vince l’individualismo e la solitudine. Aiutateci a sostenerci nella pace e nell’attenzione alla debolezza: “L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada per la pace”, ha detto Papa Leone XIV, “perché è proprio vero che ama veramente il suo amico colui che nel suo amico ama Dio”. “Vogliatevi bene tra di voi!”: ecco quello che ci insegna Santa Chiara. “Quelle ke sunt aggravate de infirmitate et l’altre ke per loro suo` affatigate, tutte quante lo sostengate en pace, ka multo venderite cara questa fatiga, ka ciascuna sera` regina en celo coronata cum la Vergene Maria”. Sono parole cantate da un uomo malato che ha faticato a trovare pace nella sua infermità e che è stato sostenuto dalle Poverelle, che si sono affaticate per lui.

Oggi, in questo Giubileo della Speranza, Chiara ci aiuta a scegliere la via della pace e ci ricorda che la preghiera è più forte della guerra e ispira sempre il mettersi in gioco con tutta se stessa seguendo il Signore che affronta il male. Solo così si spiega la scelta di restare a San Damiano, pur sapendo che un esercito nemico stava arrivando contro la città di Assisi, per proteggere le sorelle e la città. Insieme. “I saraceni, gente malvagia, assetata del sangue dei cristiani, che vogliono senza vergogna ogni sorta di nefandezza, giunsero presso San Damiano, dentro i confini del monastero, anzi fin dentro il chiostro delle vergini. I cuori delle «signore» si sciolgono dal timore, e le voci tremano dalla paura e portano i loro pianti alla madre, la quale, pur essendo malata, con cuore impavido ordina che la conducano alla porta e che la pongano davanti ai nemici, facendosi precedere dalla cassa d’argento racchiusa nell’avorio ove si conservava con grande devozione il corpo del Santissimo. Al che, dopo essersi prostrata tutta in preghiera al Signore Cristo suo, tra le lacrime disse: «Ti fa piacere, o Signore, che le tue ancelle inermi, che ho allevato nel tuo amore, ora siano consegnate nelle mani dei pagani? Signore, ti prego, custodisci queste tue serve che ora io non posso più custodire». All’improvviso alle sue orecchie risuonò una voce come di bambino, propiziatoria di una nuova grazia: «Io vi custodirò sempre». «E allora, mio Signore – riprese –, se ti piace, proteggi la città che ci sostenta per amor tuo». E Cristo a lei: «Sosterrà gravi prove, ma sarà difesa dalla mia protezione»”. Di fronte alla violenza seguiamo l’esempio di Chiara che affronta il male disarmata e disarmante. È sempre così per la Chiesa e per i cristiani. Santa Chiara benedici le tue figlie e tutti noi. “Vi benedico in vita mia e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni, con le quali lo stesso Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i suoi figli e le sue figlie spirituali, e con le quali ciascun padre e madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali.

Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui. Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia. Rivolga a voi il suo volto e vi doni la sua pace. Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui. Amen”.

Basilica di Santa Chiara - Assisi (PG)
11/08/2025
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