“Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune”. La perfezione non è quella ipocrita dei farisei, ma quella umana dell’amore, della comunione che rende anche le nostre imperfezioni e i nostri limiti amati e motivo di amore. L’amore ha la forza di riparare e rendere anche i nostri limiti motivi per amarci, per aiutarci a cambiare, non per dividerci. Nessuno era obbligato, o forse lo era per l’unico legame che il Signore desidera, cerca, stringe, dolce e leggero: l’amore. Lui ci lega e si lega. È un legame che libera perché unisce, ma unisce perché rispetta, dona, non possiede. Ama e fa’ ciò che vuoi. La nostra volontà più profonda è l’amore, così come ci insegna Colui che è amore e fa scoprire la sua immagine in ognuno: Gesù. Solo per amore mettiamo assieme tutto quello che abbiamo, anzi, se si ama non si vuole fare altro. Quello che è mio è tuo è la regola della casa del Padre, regola che non capivano né il giovane, che pensava di essere se stesso solo dicendo mio, né il fratello maggiore, che si sentiva defraudato e così pensava anche lui allo stesso modo.
Quando non c’è amore l’altro non esiste, lo si usa, lo giudichiamo, lo buttiamo via come un oggetto, lo “scartiamo”. Senza amore non sappiamo più vedere la bellezza che pure ha. Le persone diventano oggetti, bambole, indirizzi email per chi non sa amare e consuma pensando solo a se stesso! Ma così finiamo soli, legati soltanto a noi stessi. Dio, che è amore, ci cerca, dà importanza a noi che pensiamo di darcela da soli finendo, così, schiavi delle dipendenze che ci esaltano e ci abbattono. Dio si fa trovare e con pazienza ci aspetta finché non lo amiamo. “Sei venuto a cercarci quando noi non ti cercavamo; e sei venuto a cercarci perché noi ti cercassimo”, diceva S. Agostino. Lo rende così chiaro e umano nel celebre e sempre vero “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato”. Quando si ama qualcuno capiamo che abbiamo trovato proprio quello che cercavamo, ci rammarica non averlo trovato prima, non pensiamo ad altro, non cerchiamo più un’altra possibilità. Ma non è tardi, e non è mai troppo tardi riconoscere il Signore. “Tu eri dentro di me, e io fuori. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace”. La vera inquietudine delle persone è sempre spirituale, anche se spesso si esprime in maniera inconsapevole e negativa, cerca le risposte nelle cose, si rifugia nel facile e vano virtuale o nel materialismo pratico. Ma quello che cerchiamo non lo troviamo trasformando le pietre in pane, perché è una domanda di senso, di amore, spirituale, non viceversa.
Questa inquietudine non fa stare tranquilli, agita e ci fa cercare una risposta, che troviamo solo nell’amore di Dio e in quello degli uomini che lo riflettono e lo rendono concreto. Quanto è importante trovare degli innamorati capaci di comunicare l’amore! Non è una lezione, un codice da osservare, ma amore da incontrare e a cui affidarsi. “Dammi un innamorato e capirà quello che dico” (De cons. Evang. 26, 4). Perché è vero che accade così: “Ama ed egli si avvicinerà, ama ed egli abiterà in te” (Serm. 21, 2). Non un amore qualsiasi, superficiale, ridotto a istinto o superficiale emozione, ma l’amore interiore, disinteressato, personale, libero. “Ognuno è tale e quale il suo amore. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Che dirò? Sarai Dio? Non oso dirlo, ma ascoltiamo la Scrittura che dice: Io ho detto: Siete dèi e figli dell’Altissimo”. Dove metti il tuo cuore sarà anche il tuo tesoro. “Mentre tu desideravi di essere potente da solo, ecco che Dio t’ha fatto debole, per donarti la sua propria forza, giacché da te non eri che debolezza” (S. Agostino, In Psalmo 45). Ecco perché non abbiamo più paura della debolezza, delle imperfezioni che cambiamo proprio se le lasciamo amare dal Signore e dai fratelli. “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Confessioni, I,1,1).
Agostino aveva fatto molte esperienze, ma non era mai contento. Noi, superficiali come siamo, moltiplichiamo opportunità, non vogliamo perdere esperienze, in realtà tutte uguali, ma ci rimane l’inquietudine, la ricerca del senso profondo della vita. E la risposta non la troviamo né nella bulimia di esperienze e nemmeno nella ricerca di un’astratta perfezione di fede, ma solo nell’amore, che spiega tutto, il mistero di tutto, l’invisibile che è essenziale. Certo, come diceva Papa Francesco, il nostro cuore facilmente si addormenta, finisce anestetizzato dal successo, dalle cose, dal potere. Ma l’esperienza dell’amore con Dio diventa cammino con la comunità. I primi cristiani avevano tutto in comune. L’amore è pensarsi insieme. Vivevano con letizia e semplicità di cuore come può avvenire solo quando si ama. Questo non significa uniformità ma unità; non unicità ma comunione; non padroni e schiavi, influencer e follower, ma fratelli e sorelle. Non c’erano poveri tra loro. Il che vuol dire anche che i poveri ci sono quando teniamo per noi. Il contrario di Fratelli Tutti, la logica spietata del consumismo, il materialismo pratico per cui le cose diventano più importanti delle persone, ci rendono folli come quel ricco che accumula ma solo per sé, per l’esibizione, per la prestazione, per la davvero vana vanagloria. Pensare solo a sé fa male all’individuo e toglie a coloro cui manca tanto e potrebbero averlo. Per il cristiano i primi sono i poveri, quelli che hanno più bisogno. “Io non so come accada che, quando un membro soffre, il suo dolore divenga più leggero se le altre membra soffrono con lui. E l’alleviamento del dolore non deriva da una distribuzione comune dei medesimi mali, ma dalla consolazione che si trova nella carità degli altri”, diceva S. Agostino. La divisione aveva un criterio, così diverso da quello che riteniamo giusto, ma poi si rivela ingiusto perché, come diceva un uomo inquieto, saggio e molto obbediente, non c’è niente di peggio che fare parti uguali tra quelli che non sono uguali. Tutto veniva dall’insegnamento degli apostoli, cioè dalla Parola di Dio che arrivava attraverso di loro e dal prendere cibo, quella che noi oggi chiamiamo Eucarestia. Ecco chi è la porta delle pecore: Gesù. E Gesù non è venuto a limitarci la vita ma a renderla piena, eterna e a proteggerla dal lupo che la rapisce. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. C’è un’altra porta che spesso appare larga, facile, attraente, piena di adulazione, quella del vivere per se stessi, cioè senza amare perché per amarsi bisogna amare. Il riflessivo c’è solo se usiamo il transitivo! Il Signore dà la vita per le sue pecore. Il male la prende. Il Signore si pensa insieme a loro. E loro insieme a lui, anche quelle che non provengono da questo recinto. Ascoltare la sua voce e seguirlo ci fa diventare “un solo gregge, un solo pastore”. Il male divide, ci rende soli, diffidenti, prigionieri dei confronti, guidati dall’istinto che ci fa compiere il male che non vogliamo. Ecco la gioia di celebrare S. Agostino, che ha scoperto l’amore e ha insegnato ad amarsi e a pensarsi insieme. La Chiesa è comunità. È comunità per tutti perché al centro c’è Gesù e tutti ascoltiamo se amiamo Lui. Nella Regola lo dice con chiarezza: “Nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggiore impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è scritto che non cerca il proprio tornaconto, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni”.
Facciamo nostre le parole di San Paolo VI del maggio 1960: “O Agostino, sii a noi maestro di vita interiore; fa’ che ricuperiamo in essa noi stessi, e che rientrati nel possesso della nostra anima vi possiamo scoprire dentro il riflesso, la presenza, l’azione di Dio, e che docili all’invito della nostra vera natura, più docili ancora al mistero della sua grazia, possiamo raggiungere la sapienza, e cioè col pensiero la Verità, con la Verità l’Amore, con l’Amore la pienezza della Vita che è Dio”.
