Il 19 agosto 1954 moriva Alcide De Gasperi, fra i padri della Repubblica e dell’Unione Europea.
Fondatore della Democrazia Cristiana, De Gasperi rialzò il Paese dalla disperata situazione dopo la Seconda guerra mondiale, collocando l’Italia nell’alleanza delle democrazie liberali dell’Occidente. A settant’anni di distanza l’Istituto de Gasperi di Bologna ha voluto ricordare la sua eredità ma soprattutto la sua attualità con un convegno, lunedì scorso nella cappella Ghisilardi del complesso di San Domenico.
All’incontro pubblico dal titolo “Al cuore della democrazia, riflessioni sulla 50esima Settimana Sociale dei cattolici, a 70 anni dalla scomparsa di De Gasperi” sono intervenuti Giuseppe Tognon, presidente della Fondazione De Gasperi di Trento e Francesco Russo, promotore della “Rete di Trieste” che raccoglie qualche centinaio di amministratori cattolici. All’incontro, moderato dalla consigliera comunale Cristina Ceretti, era presente anche Romano Prodi, già presidente della Commissione Europea, Elisabetta Gualmini, europarlamentare, Paolo Bordon direttore generale Usl di Bologna, don Paolo Dall’Olio, direttore dell’ Ufficio Diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro e numerosi rappresentati di associazioni e movimenti ecclesiali.
Settant’anni fa i funerali del fondatore della Democrazia cristiana furono come l’epopea di un popolo. Eppure nel palcoscenico della politica dei partiti italiani Alcide De Gasperi è il grande dimenticato, e, a parte studiosi e storici, è il grande rimosso. Non se ne può parlar male, ma non per questo se ne parla bene. Quasi una “damnatio memoriae”. Una memoria che non va strumentalizzata da una parte o dall’altra ha detto Romano Prodi, fondatore e primo presidente del De Gasperi nel 1977, che ha portato il suo saluto all’inizio dell’incontro. «De Gasperi – ha detto Prodi – riuscì a riconciliare l’Italia dopo la guerra e ha saputo navigare nella corrente esatta della storia »