Il Pellegrinaggio di comunione e pace in Terra Santa che si è svolto dal 13 al 16 giugno, oltre alle visite e alle preghiere nei luoghi santi, ha portato all’incontro con persone e comunità che hanno testimoniato la difficile situazione in cui vivono. Una situazione sociale ed economica che si è aggravata ulteriormente dopo gli attacchi del 7 ottobre scorso e le conseguenze della reazione israeliana. In ordine cronologico il primo incontro di giovedì 13 giugno è stato con due familiari degli israeliani rapiti il 7 ottobre.
«Fin dall’inizio ha detto Rachel Goldberg-Polin, la madre di Hersh – mi sono preoccupata per gli ostaggi e per i civili innocenti a Gaza che si ritrovano esattamente come gli ostaggi in una situazione che è quasi come un gioco. Le nostre famiglie e le famiglie dei civili innocenti a Gaza soffrono come noi stiamo soffrendo. Non è una competizione a chi soffre di più, non è una competizione in termini di lacrime. Siamo tutti umani e stiamo tutti soffrendo. E ho molto apprezzato il fatto che il Papa ha scelto espressamente di comunicare questo al mondo: non ci sono due lati, non c’è un lato che conta più dell’altro. Entrambi stanno soffrendo. E abbiamo bisogno che si fermi e che smetta di esistere la sofferenza che stiamo sperimentando in questa zona del mondo».
Il Papa ha incontrato nei mesi scorsi i parenti dei civili di Gaza e alcuni familiari dei 120 ostaggi appartenenti a 24 nazionalità diverse. Tra loro anche Dani Miran che ricorda con commozione ai pellegrini quell’incontro mostrando la foto sul telefonino ai presenti. Non si taglierà la barba finché suo figlio Omri non sarà liberato. Viveva in un kibbutz vicino alla Striscia di Gaza. Lì fu rapito il 7 ottobre scorso. Chiede aiuto, chiede sostegno, chiede che suo figlio possa tornare presto a casa e dalla sua famiglia.
Rachel qualche giorno dopo ha scritto una lettera di ringraziamento all’Arcivescovo: «L’incontro con voi è stato una fonte di conforto e sostegno per me. Ho visto il dolore, l’empatia e le lacrime sui volti delle persone gentili, benevoli e premurose. Ha toccato il mio cuore ferito e malconcio. Penso che quando le persone sono unite con la fede nell’amore del Signore, porta un sussurro della salvezza. Ho il desiderio che la sofferenza finisca… la sofferenza di mio figlio, di tutti gli ostaggi e di tutte le centinaia di migliaia di civili innocenti a Gaza». Per lei le parole dei Salmi che ogni giorno prega si realizzano anche nell’oggi: “Non temo il male, perché Tu sei con me…”. «Ringrazia il tuo gruppo – ha concluso – per le loro belle espressioni di compassione e grazia che mi hanno mostrato mentre ero con loro. Non dimenticherò mai la tua e la loro gentilezza. Per favore, continua a pregare che Hersh rimanga forte, sopravviva e torni a casa da me vivo e presto. Che tutti gli ostaggi amati tornino a casa ora. E che tutti gli innocenti che soffrono nella nostra regione trovino calma, conforto e salvezza… oggi».