Una riflessione del direttore dell'Ufficio diocesano di Pastorale giovanile

Vidiciatico, quei giovani da accompagnare

Nella notte fra 15 e 16 agosto, la profanazione del Crocefisso

VIDICIATICO – Dopo i fatti della notte fra 15 e 16 agosto scorsi, che hanno portato alla distruzione del Crocefisso del Belvedere, don Giovanni Mazzanti riflette sullo stato di abbandono emotivo nei quali versano tanti giovani e adolescenti

“Ci sono tanti giovani in cammino e nessuno li accoglie o li accompagna». È la riflessione insieme amara e carica di consapevolezza e responsabilità di don Giovanni Mazzanti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale giovanile, di fronte al bruttissimo episodio avvenuto questa estate e che hanno coinvolto dei giovani: il crocifisso deturpato e distrutto da alcuni ragazzi a Vidiciatico.

A conclusione di un pellegrinaggio che lo ha portato da Bologna a Firenze sulla «Via degli Dei», don Giovanni rifette. «Rileggo questi avvenimenti – dice – e vorrei annotare ciò che vedo nel pellegrinare di questi giorni: i giovani camminano e noi adulti siamo fermi e perdiamo continuamente occasioni di accogliere e di accompagnare. Il vero tema non è trovare una tecnica educativa che sbaragli indifferenza o intemperanze dei giovani, ma ritrovare in noi adulti la passione dello stare accanto e dell’accompagnare».

«Diamo per scontato sempre che lo stiamo già facendo – prosegue don Mazzanti – ma troppe volte in casa, in piazza, a scuola, i giovani sono soli. Oggi sono passato per il bellissimo santuario di Monte Senario, tanti ragazzi in cammino si fermano a riposare e non c’è nessuno ad incontrarli, a offrire loro una parola, uno stimolo, un incoraggiamento. Questo diventa immagine di ciò che avviene troppo spesso: abbiamo abdicato allo stare accanto, appaltandolo al cellulare, allo psicologo in caso di problemi, al primo che passa e che per motivi non sempre buoni li cerca e li intercetta».

«Anche nelle nostre comunità – afferma il sacerdote, che è anche parroco – troppo spesso i giovani non trovano casa, perché non c’è casa, e non c’è perché non ci sono cuori pronti ad amare con pazienza, braccia ad abbracciare e a sostenere, mani ad indirizzare e incoraggiare. Siamo case senza un fuoco che arde e nessuno si ferma per entrare. Ci ha dovuto pensare Gesù, ad accogliere quei ragazzi che per una bravata gli hanno spezzato un braccio. Sì, Gesù, era lì, al suo posto come sempre, inchiodato a una missione d’amore che non ha mai fine e che accoglie anche il disprezzo e la violenza, continuando a rimanere in una fedeltà che perdona e offre ripartenze. Quella fedeltà ha bisogno di cuori e di braccia, e non possono essere che le nostre: adulti appassionati, uomini e donne dai cuori caldi, vite donate, capaci di attese, pronti ad accogliere e accompagnare».

E proprio sull’amore che Cristo comunque nutre e con cui abbraccia anche coloro che gli fanno violenza ha scritto un altro sacerdote della diocesi, in una sorta di «Lettera aperta» di Gesù Crocifisso a chi lo ha assalito e distrutto.

«Quella sera che tu arrivasti davanti alla mia immagine di crocifisso, avevo raccolto già tanti saluti, sussurri di preghiere e anche qualche lacrima. Nel mio silenzio, dalla mia croce avevo gettato un seme ora di speranza a chi era disperato, un seme di amore a chi odiava, un sorriso al bimbo che mi mandava un bacio. Poi arrivasti tu. Incrociasti il mio sguardo e non riuscii a placare l’ira che era in te. All’improvviso, come un demonio, essa ti armò la mano contro di me e mi colpisti non una ma più volte con furore e tra bestemmie. Rivivevo la mia passione e le ultime ore sul Golgota tra insulti e bestemmie. Finalmente mi staccasti dalla mia croce non con l’amore di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo. Ma perché mi hai voluto distruggere? Che male ti ho fatto? In che ti ho contristato? Tu mi hai staccato dalla croce e io ho voluto essere sepolto nel tuo cuore, essere adagiato in quell’intimo tuo, dove ancora vi è il buio di una notte ma che avrà la sua alba, la mia, quella della mia risurrezione. Sì io sorgerò dal tuo cuore perché io, che sono la Vita, sono la tua vita e ti trascinerò con me nella mia risurrezione; ti strapperò dal tuo sepolcro di morte e ti farò vivere la mia stessa vita di risorto e allora tu con le lacrime agli occhi mi dirai con il ladro che era alla mia destra: “Gesù ricordati di me, quando verrai nel tuo regno”; e io ti dirò: “Oggi sarai con me nel paradiso”. Vieni usciamo di qui e lasciami ancora raccogliere lungo la via, i fiori, le preghiere, le lodi, le lacrime di chi passa… anche le tue».

Chiara Unguendoli

Il video di 12Porte dedicato ai fatti di Vidiciatico

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