10° convegno “Linguaggi della comunicazione giovanile nella cultura italiana”

Bologna, società Dante Alighieri

Ho accolto con piacere e gratitudine l’invito a partecipare all’apertura dei lavori del X Convegno Internazionale dei Gruppi Giovanili, promosso dalla Società “Dante Alighieri”, che da oltre un secolo diffonde la lingua e la cultura italiana nel mondo.

La scelta del tema – I linguaggi della comunicazione giovanile nella cultura italiana – mi pare felice non solo per la sua evidente attualità, ma anche e soprattutto per l’opportunità che esso offre di un’approfondita indagine e di una riflessione rigorosa su un fenomeno decisivo per la nostra stessa identità nazionale.

In Italia – come in tutto il mondo di qua e, più ancora, di là dall’Atlantico – trova oggi accoglienza e giustificazione una strordinaria babele espressiva, che dà luogo a una sorta di amalgama abbastanza insipido e scialbo, promossa generosamente da taluno al rango di “koinè trasnazionale”.
Si tratta in sostanza di un’omologazione culturale artificiosa, senza remore ma anche senza originalità, che viene a sovrapporsi al preesistente genuino patrimonio di valori e di forme, che i popoli europei con plurima e diversa sensibilità hanno per secoli attinto (e hanno poi variamente elaborato) dalla tradizione classica e dall’ispirazione evangelica.

Attraverso l’immagine, il suono, il gesto e ogni altra estrosità comunicativa indotta dalle nuove tecnologie, si diffonde ai nostri giorni un linguaggio che non solo mostra di non essere in amichevoli rapporti con la grammatica e la sintassi, ma più ancora diventa a poco a poco allergico a ogni costruzione logica, e perciò remoto da ogni autenticità umana.
La ripetizione ossessiva degli asserti sembra aver preso il posto del sillogismo e comunque di ogni parvenza di ragionamento: “ciò che ti dico è vero e inoppugnabile non perché te lo dimostro, ma perché te lo grido e te lo ripeto mille volte”.

In un simile contesto, la condizione giovanile risulta gravata di molte incertezze e molte insicurezze, e pare interessata più alle evasioni virtuali che ai progetti concreti, suggestionata e dipendente da un sistema informativo gremito di “dati” e carico di messaggi, ma povero di finalità e di valori. Qualche volta anche le analisi sociologiche, compiute con sbrigativa e un po’ sospetta sollecitudine, sembrano orientate, più che ad altro, a fornire una specie di alibi a questo stato di precarietà.

Tale malessere è stato confermato anche dai lavori del recente Convegno promosso dall Conferenza Episcopale Italiana sul binomio comunicazione-cultura: il mondo interiore dei giovani – è emerso da quel dibattito – si rivela segnato e insidiato da forti contraddizioni, veicolate mediante le parole “condensate” degli annunzi cellulari e globalizzate via Internet, in una rete di attenzioni e di incitamenti che esaltano le emozioni e mortificano la razionalità.

Non ci sono però soltanto motivi di preoccupazione; c’è anche qualche valida ragione di fiducia. Visti da vicino, nella consuetudine di un rapporto continuato e mirato alla loro “coltivazione” integrale, i giovani si dimostrano assetati di senso e bisognosi di certezze esistenziali.
Anche i giovani di oggi, di là dalle sovrimposizioni delle mode e delle mentalità dominanti, ringraziando il cielo restano uomini. Nella loro inalienabile natura umana sta la premessa della loro rinascita all’autenticità del pensare, del parlare, del vivere, e dunque anche il fondamento della nostra speranza.

Nella loro più intima verità, oltre i mimetismi imposti dalle abituali frequentazioni e i travestimenti desunti dall’ambiente, le nuove generazioni conservano caratteristiche positive, ricche di potenzialità e di energia spirituale, in grado di colmare il “vuoto” del loro linguaggio troppo schematico e astruso, e anzi di recuperare una preziosa libertà da preconcetti e da sclerotizzazioni ideologiche. A tratti nel loro comportamento e nelle loro scelte esistenziali viene alla luce una capacità di tensione verso traguardi non puramente utilitaristici, una disponibilità a pensare e a operare “in grande”, una forte propensione alla solidarietà e un vivo desiderio di una comunione non epidermica e non illusoria.

A conseguire effettivamente questa maturazione i giovani, che oggi coniugano i tempi della loro vita quasi esclusivamente al presente, hanno bisogno della figura e dell’esempio di persone in grado – perché “testimoni” convinti e convincenti – di trasmettere la memoria e l’insegnamento del passato.

Soccorsi con discrezione da queste “guide”, non autoritarie ma intrinsecamente autorevoli, potranno riuscire a ritrovare la voglia di guardare con animo al tempo stesso critico e appassionato al dono del loro presente, a mettere a frutto le loro risorse, a progettare coraggiosamente il loro futuro. I giovani, anche se difficilmente lo dicono a parole, interpellano sempre gli adulti e aspettano di essere aiutati efficacemente da loro.

Il mio intervento si conclude qui, con nostra comune soddisfazione. Non aveva altro scopo che quello di esprimere a tutti i partecipanti, insieme con il plauso ai promotori e ai collaboratori di questo Convegno, l’augurio di un lavoro sereno e fruttuoso.

23/11/2002
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