44° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

1. Come avrete notato, il brano evangelico proclamato oggi è molto breve. Non dobbiamo però essere tratti in inganno dalla nostra superficialità: sono parole assai profonde e ricche di significato.

L’inizio ci rivela che fra Gesù, il buon pastore, e noi suoi discepoli esiste una relazione molto intima: «le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono». La relazione che Gesù ha col suo discepolo è di conoscenza: «io le conosco».

Miei cari fedeli, si conoscono le cose e si conoscono le persone. Che diversità fra le due conoscenze! Conoscere una persona significa  entrare nel suo mondo interiore: significa sentirne i pensieri, i gusti. Per cui alla fine conosce veramente una persona chi la ama. è l’amore che rende perspicaci gli occhi della conoscenza. E quindi Gesù aggiunge subito: «io do loro la vita eterna».

Miei cari fedeli, la nostra fede cristiana è l’esperienza di questa conoscenza – amore di Gesù: è “sentirsi” conosciuti – amati da Gesù. Che cosa c’è di più triste per la persona umana che vivere nella solitudine; che dover dire: “nessuno mi conosce; nessuno si interessa di me”? Oggi la parola evangelica ci rivela che ciascuno di noi è conosciuto da Gesù; che Lui si interessa di ciascuno di noi. E lo fa nel modo più grande: «io do loro la vita eterna».

Tuttavia è anche vero che per conoscere una persona, questa deve consentire ad essere conosciuta: non deve chiudersi allo sguardo dell’altro. Così è anche per il discepolo del Signore: «le mie pecore ascoltano la mia voce… ed esse mi seguono». Che cosa significa “lasciarsi conoscere dal Signore”? due cose, come avete sentito: ascoltare la sua parola e seguire la sua via. Non si costruisce nessun rapporto reciproco se non ci si ascolta, se non si condivide la stessa vita. Così è con Gesù: come potremmo dire di conoscerlo come Lui ci conosce, se non abbiamo i suoi pensieri, se non camminiamo sulla via da Lui percorsa, se non abbiamo i suoi gusti e le sue preferenze?

            Quando si istituisce fra Gesù ed il suo discepolo un rapporto reciproco vero, accade un avvenimento straordinario: noi diventiamo proprietà di Gesù; noi apparteniamo a Lui. Questo avvenimento è narrato con l’immagine forte dell’essere tenuti in mano: «nessuno le rapina dalla mia mano». Miei cari fedeli, quest’appartenenza a Gesù è la nostra vera salvezza. «Il vero pastore» infatti «non possiede le pecore come un qualsiasi oggetto che si usa e si consuma; esse gli appartengono appunto, nel conoscersi a vicenda, e questa conoscenza è un’accettazione interiore. Indica un’appartenenza interiore che è molto più profonda del possesso delle cose» [J. Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, Rizzoli, Milano 2007 . pag. 325].

            Ma Gesù fa un’aggiunta che lascia veramente stupiti e sgomenti: «Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo  una cosa sola». Il nostro rapporto con Gesù si radica nel rapporto di Gesù col Padre: appartenendo a Gesù noi apparteniamo al Padre. Il rapporto che in questo momento noi stiamo vivendo con Gesù, ci introduce nel Mistero stesso di Dio, della sua vita trinitaria.

2. La Chiesa oggi sparsa su tutta la terra prega il suo Sposo perché non le lasci mancare la sua presenza di Pastore mediante i pastori delle varie comunità, mediante i sacerdoti. Pur ringraziando il Padre di ogni grazia perché questi giovani oggi segnano una nuova tappa verso il sacerdozio, la nostra Chiesa comincia a soffrire seriamente della mancanza di sacerdoti.

Non è questo né il luogo né il tempo di fare analisi sulle cause di questa situazione. Questo è il momento della preghiera perché Cristo non ci abbandoni. Sì, carissimi fedeli, la carenza di sacerdoti indica un vuoto di presenza visibile del Signore che vive e condivide il destino dei suoi discepoli.

Ma ci può essere un rischio: abituarsi a questa situazione. Intendendo e vivendo sempre più la fede come una scelta soggettiva, non si vede più chiaramente la necessità del pastore che guida e ci dona la vita della grazia. Che questa giornata accresca per noi il desiderio del sacerdozio; che il desiderio renda più fervente la nostra preghiera; che la nostra preghiera ci riveli le nostre mancanze al riguardo; che la consapevolezza della nostra povertà ci faccia gridare al Signore: “non abbandonarci; non lasciare, o santo pastore, i tuoi fedeli senza guida; non dimenticare, o buon pastore, i tuoi discepoli”. Amen

 

29/04/2007
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