centenario di fondazione della banca di credito cooperativo di Castenaso

Chiesa di San Giovanni Battista a Castenaso

Sono lieto di essere qui stasera con voi a ricordare i cento anni di attività della Banca di Credito Cooperativo, nata come Cassa Rurale appunto nel lontano 1902 nella casa canonica dell’arciprete di Castenaso, don Luigi Pieralli. Così come nel 1956 essa è poi rinata a una più intensa vitalità nella casa canonica dell’allora parroco di Villanova, don Mario Lodi.

Questa celebrazione eucaristica vuole implorare la benedizione di Dio su un’opera benemerita, che esprime e richiama – nel solco della grande tradizione cooperativa cattolica – le esigenze di solidarietà, di fraternità, di aiuto reciproco che sono proprie della visione cristiana.

Ed è anche preghiera di suffragio per i fondatori: preti e laici, tutti uomini intelligenti e lungimiranti, che sono stati pronti a rispondere alle sollecitazioni di presenza sociale del papa Leone XIII, e, in Bologna, del cardinal Domenico Svampa; preghiera di suffragio dunque per i fondatori e per tutti i soci, che si sono avvicendati durante questo secolo a salvaguardare l’efficace operosità e lo spirito di questa istituzione.

Verso la fine del secolo XIX cominciò purtroppo a diffondersi tra la nostra gente, afflitta da gravi problemi di sopravvivenza, un’opinione nefasta che ancor oggi trova spazio nella mentalità di molti; e cioè che sia necessario, per migliorare le condizioni dell’uomo, rinunciare alla religione dei padri, alla fede limpida e ardente in Cristo, unico Salvatore del mondo, alla gioiosa e dinamica appartenenza alla Chiesa.

Ebbene, le molteplici opere del Movimento cattolico – tra le quali ci sono appunto le Casse rurali e artigiane, costituite per la più parte proprio all’ombra dei campanili – hanno inteso dimostrare, e hanno realmente dimostrato coi fatti, che quella persuasione è menzognera: frutto di un’ideologia senza autenticità e senza saggezza, conseguenza di un tragico malinteso della vicenda storica.

Perché il contrario è vero, e noi non dobbiamo stancarci di ribadirlo anche ai nostri giorni. Dobbiamo cioè proclamare senza paura e senza complessi – sempre preoccupandoci di avvalorare con le opere le nostre parole – che la speranza nel Regno dei cieli e la sollecitudine per il pane quotidiano nostro e dei nostri fratelli non sono aspirazioni in contrasto tra loro; che soprattutto dall’adesione al Vangelo possono e devono scaturire le iniziative a favore dei più piccoli e dei più deboli; che non è un buon affare – per la brama incontrollata del benessere provvisorio di quggiù – smarrire la nostra salda fiducia e la nostra tensione verso la vita eterna, che sola può dare significato e scopo al nostro vivere e al nostro faticare; che insomma non si deve affatto cessare di essere cristiani convinti e cattolici coerenti per adoperarsi a conseguire una migliore dignità umana e una più sicura libertà dal bisogno; che anzi proprio dal nostro impegno di credenti si possono attingere le migliori energie per la promozione dell’uomo.

Sono certezze incontrovertibili e sacrosante, che non bisogna mai dimenticare né lasciare troppo a lungo sottintese.

Noi oggi siamo qui a onorare la memoria dei nostri padri che le hanno sapute tradurre nella concretezza di un’impresa provvidenziale. Al tempo stesso siamo qui a chiedere al Signore la grazia di custodire la loro eredità e di far sempre tesoro del loro prezioso insegnamento.

16/02/2002
condividi su