Consacrazione della nuova chiesa parrocchiale di Castenaso

Oggi sento tanta la grazia (cioè il regalo di Dio per ognuno di noi, non la fortuna, il caso, ma il dono con un tu e un io, un tu e un noi) di essere qui e dedicare con voi la Chiesa. Non sarà un luogo qualsiasi. E’ fatta dagli uomini ma per aiutarci a capire il mistero di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi. Non resta lontano, inafferrabile. Una casa ci aiuta a capire la sua presenza. E’ casa della comunità, affidata a noi, che possiamo amare senza diventarne padroni, come richiede l’amore. Non siamo utenti, spettatori, ma fratelli. E’ di uomini, con le nostre storie concrete, eppure tra noi c’è Lui. E’ frutto di una storia lunga, di tanta passione che corona gli sforzi, le fatiche, i sacrifici compiuti. E ringraziamo di cuore che li ha sostenuti. E’ posta al centro di Castenaso proprio perché sia più vicina a tutti e per cercare di raggiungere tutta la città e ogni persona. Abbiamo costruito la chiesa e adesso possiamo costruire le pietre vive che siamo ognuno di noi.
Qui, come ai tempi del sacerdote Esdra la Parola di Dio verrà sempre portata davanti all’assemblea. Qui la comunità impara ad ascoltare: la chiesa è la “scuola” dove tutti non smettiamo mai di imparare a capire e vivere il Vangelo, perché guidi le nostre case e possiamo costruirle imparando l’amore che è più forte di ogni divisione. Questa è una casa dove non si trovano estranei, ma una famiglia, dove tutto ciò che è mio è tuo, come nell’amore. Qui nessuno resta senza amore, anche se siamo tanti. Qui nessuno è mandato via, anche se peccatore. Qui tutti siamo bambini, perché uno solo è il padre e il maestro. Qui tutto è donato e tutti possiamo donare. Quando entriamo troveremo sempre la gioia di un padre che ci corre incontro e ci abbraccia e da qui usciremo perché Gesù ci affida la sua misericordia da portare a tutti e dovunque. Questa casa vedrà i momenti belli, quelli tristi, ci consolerà nelle lacrime e ci farà piangere quando siamo indifferenti. Ci toccherà il cuore quando non lo aspettiamo e ci abbraccerà quando abbiamo bisogno di amore. Nei sacramenti sperimenteremo la forza della sua grazia. E’ una fontana di misericordia per tutti, particolarmente per i fratelli più piccoli di Gesù, nostri solo perché hanno fame, sete, malati, prigionieri, stranieri, nudi. Non è una casa fuori dal mondo, eppure impariamo l’amore del cielo, quello che ci rende uomini della terra, uomini veri, umani e non spaventati, individualisti, incapaci di volere bene agli altri, violenti nelle parole e a volte anche nelle mani, che coltivano l’ipocrisia perché curiamo l’apparenza, a volte ciechi che non sanno più vedere il fratello e restano indifferenti davanti alla sofferenza. Ci abbiamo impiegato tanto per costruirla. Adesso dobbiamo costruire la comunità, anzi le comunità, con le pietre vive che siamo ognuno di noi. Nessuno di noi è inutile. Mai. E vorrei tanto che fosse una casa di generosità e gratuità, beni tanto importanti e, forse, troppo poco usati in una generazione che pensa comprare tutto. E se qualcuno non può venire i fratelli porteranno il pane di Gesù a chi sta male. E’ una casa grande. Spesso questo significa che diventa anonima, ognuno resta solo con se stesso. No. E’ grande perché vogliamo abbracciare tanti e perché aspetta tutti. Qui pregheremo assieme e anche troveremo da soli, nel silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera lo spazio per il Signore. E’ una casa di gioia. Sì, è proprio vero la gioia del Signore è la nostra forza, che ci libera dalla tristezza, dal pessimismo, da quella rassegnazione per cui perdiamo entusiasmo, gusto, passione nell’amore tra noi e verso il prossimo. Il cristiano ha una forza diversa da quella del mondo, dove conta chi ha denaro, l’energia fisica, il potere. La forza del Signore è il suo amore. E’ la nostra forza perché trovare Lui ci fa capire quanto siamo importanti, quanto abbiamo da dare agli altri. Qui comincia la festa a cui Dio vuol far partecipare l’umanità non solo alla fine di tutto ma già ora. E’ la gioia di Zaccheo che sale sull’albero per vedere Gesù. Questa casa è l’albero dove tutti possiamo salire. A volte ci sentiamo strani. Un mondo che preferisce lasciarci con sentimenti piccini per decidere lui e dove ci si nasconde nella folla per non vedere e non capire, può ridere di chi sale su questo albero per vedere e capire! Gesù non giudica Zaccheo, non lo prende in giro, anzi. Quando ci arrampichiamo su questa casa, con l’ascolto, con l’attenzione, con la preghiera, con fare spazio dentro di noi e smantellare le difese che ci rendono sempre chiusi, ecco che vediamo Gesù e che Lui scende nei nostri cuori, con la sua parola e con il suo corpo, per portarci la salvezza. Qui siamo tutti aiutati a diventare alti, a vedere tutta la vita e il mondo, ma non teniamo a distanza il nostro cuore! Qui vinciamo la paura e possiamo farlo aprendoci, non chiudendoci; essendo noi stessi non inventandoci personaggi che non siamo! Non pensiamo di essere troppo bassi per capire! Gesù si fa conoscere proprio ai piccoli, a chi fa fatica, a chi non si innalza da solo con l’orgoglio o la ricchezza, come Zaccheo! Quelli che si credono grandi da soli non ascoltano più nessuno e condanneranno Gesù e i suoi fratelli più piccoli! Papa Francesco dice: “Per Gesù nessuno è inferiore e distante, nessuno insignificante, ma tutti siamo prediletti e importanti: tu sei importante! E Dio conta su di te per quello che sei, non per ciò che hai: ai suoi occhi non vale proprio nulla il vestito che porti o il cellulare che usi; non gli importa se sei alla moda, gli importi tu, così come sei. Ai suoi occhi vali e il tuo valore è inestimabile”. Qui sentiremo sempre pronunciato il nostro nome, perché Gesù parla a tutti, certo, ma parla a me, a te! Zaccheo, vieni, voglio stare con te, voglio venire a casa tua. Cioè: ho bisogno di te, ho bisogno della tua amicizia, del tuo cuore. Non lasciarmi qui, ma aprimi il cuore, ospitami in te. Io non ho paura e ti libero dai giudizi e dalle difese, dall’aggressività e dalla condanna. E questo ci cambia, ci rende diversi se non abbiamo paura a dirgli “sì”. Il cuore si sveglia e Zaccheo non ha più paura di volere bene. Lui che prendeva e portava via agli altri credendo così di stare bene, sceglie lui di donare! Zaccheo non è più il pubblicano. Diventa davvero se stesso facendosi amico di Gesù. Che tutti possano vedere che diamo agli altri, come Zaccheo, che regaliamo quello che siamo a chi ha bisogno, fosse anche solo un saluto, un sorriso, un po’ di amore. Al centro c’è questo altare, sul quale ogni giorno offriremo il sacrificio di Cristo, dove il pane diventa il suo corpo per la salvezza nostra e del mondo intero, facendo di noi una cosa sola con Lui, punto d’incontro fra Cielo e terra, tra la chiesa del cielo e quella pellegrina sulla terra. Maria, madre del Buon Consiglio ci aiuti sempre a fare quello che Lui ci dirà. I testimoni ci guidino e ci spingano a non sciupare le occasioni, a non avere paura, ad essere grandi. Oggi sono con noi alcuni testimoni, Padre Puglisi, insieme a Vittorio Bachelet, a Mons. Romero, ad Annalena Tonelli e ai tanti santi i cui nomi ci portiamo nel cuore, ai martiri di ieri e di oggi, come Padre Jacques ucciso a Rouen poche settimane or sono. Diceva Padre Puglisi che ha donato la sua vita per essere padre di ragazzi altrimenti adottati dalla mafia, che ha riconosciuto il male invisibile di quel sistema di morte e corruzione perché non era indifferente, ma amava: “Non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio”. “O Dio come faremo noi a non amarti dopo che ci hai dato tante prove del tuo amore. O Dio Figlio non ti ameremo fino al sacrificio dopo che tu ce ne hai dato l’esempio?  Diffondi perciò nei nostri cuori il tuo Spirito di Carità che unisca a te nostro fratello divino e ci faccia amare filialmente il Padre. Grazie Signore per la tua famiglia e per questa casa.

24/09/2016
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