Domenica della Parola a Monte Sole

Monte Sole

Verbum Domini. Uno dei doni del Concilio Vaticano II. La Chiesa deve venerare, (DV 21) “le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli”. E’ l’altro tabernacolo che dobbiamo esporre e consumare nella lettura, nella assimilazione, perché la parola diventi carne in noi, tra di noi e verso tutti.

Ricordiamo che la prima Domenica della parola venne celebrata il 1 ottobre 2017 da Papa Francesco proprio qui a Bologna. Voi avete vissuto e trasmesso proprio questa centralità della parola e vi prego continuate a farlo e trovate i nuovi modi perché tanti incontrino la forza della parola, che diventa credibile, attraente, vicina, familiare, che parla con autorità in un mondo pieno di incertezza e fragilità. Altrimenti si finisce per credere personali parole tutte uguali, perché la parola non penetra fino al midollo. Il mondo rende il vangelo pasticceria spirituale e non parola viva, esigente, liberante. Così, al contrario non va bene che il vangelo sia presentato come un pane duro, distante, poco personale Lui che é intimo agli uomini più di noi stessi e che genera la sua presenza misericordiosa nella vita confusa e incerta delle persone. Ci siamo dimenticati che il vangelo ci mette in crisi, perché alla ricerca di rassicurazioni, di tranquillanti per il nostro malessere e per la paura, che sconfiggiamo solo con la fede che proviene sempre ex audito. (“fides ex audito”, Rm 10,17).

Senza “un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, diventiamo un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé”. Aiutate la nostra riflessione e coinvolgete tanti nell’appassionante e sempre generativa venerazione del Verbum Domini, per scaldare il cuore dei cristiani, ad iniziare da chi é ministro della parola. Il Cardinale Biffi disse nella celebrazione esequiale: “Don Giuseppe si lasciava illuminare senza resistenze dalla parola di Dio; perciò dallo specchio terso della sua coscienza poteva riverberarne su di noi lo splendore salvifico”. Quanto c’é bisogno di questi specchi per rendere concreto l’Evangelii Gaudium! Don Giuseppe la parola l’ha voluta con sè sempre. Anche per presentarsi davanti al tribunale di Dio: “Desidero nella cassa oltre il crocifisso e il rosario, anche la Bibbia: per esprimere la mia fede nella parola di Dio e nell’unità dei due Testamenti”.

“La Scrittura – affermava -è una Persona che mi conosce, mentre io non la conosco o la conosco solo inizialmente e insufficientemente; è una Persona che mi ama già fin da prima della creazione del mondo, mentre io non amo abbastanza quel mistero che è in quella pagina; è una Persona che, pur guardandomi con sguardo dolcissimo, mi giudica nella mia realtà secondo verità, mi grazia, mi salva. La Scrittura non è solo la pagina che contiene l’annuncio della salvezza, è la salvezza in atto, è il Salvatore che si fa presente al mio spirito e a tutta la mia realtà in un modo densissimo e, come l’ha costituita primordialmente nel nucleo originario del suo essere, così adesso la plasma e svela a me stesso il mio mistero”.

Come gli apostoli lasciamoci toccare dalla parola per essere uomini liberi, amati, senza paura di perdersi per amore, per seguirlo, per diventare pescatori di uomini, seminatori generosi del suo vangelo di amore, aiutando Gesù a raccogliere dalla solitudine e dalla dispersione chi é affaticato e stanco.

 

24/01/2021
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