Domenica III di Pasqua

            Cari fratelli e sorelle, l'episodio narrato nel Vangelo è così bello, così suggestivo che esprime la nostra vita, la vita di ciascuno di noi.

           

1.        Il racconto comincia nel modo seguente: «due dei discepoli erano in cammino…». Ecco la prima grande pennellata che disegna la nostra vita. Essa è un cammino. Ma il cammino che è la nostra vita, può assumere due figure. Può essere il cammino del pellegrino; può essere il cammino del girovago.

            La differenza fondamentale tra il pellegrinaggio e la girovaganza è la seguente. Il primo ha una meta cui giungere, dunque una speranza; il secondo non ha una meta, è privo di speranza.

            E siamo alla seconda grande pennellata che disegna la vita. Ascoltiamo: «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…». Cari amici, in queste parole c'è tutto il dramma della nostra vita. Siamo continuamente nel rischio di perdere la speranza. Non parlo delle piccole speranze, di cui alla fine possiamo fare senza. Parlo delle grandi speranze: quella di vivere finalmente in una società dove la virtù non deve chiedere il permesso di esistere al vizio; quella di poter vivere un amore fedele per tutta la vita colla donnacoll'uomo che abbiamo scelto come sposasposo. Ma soprattutto parlo della grande speranza. Essa dalle due persone di cui parla il racconto evangelico è espressa col termine “liberazione”. E' la speranza di essere liberati dalla schiavitù del peccato e della morte.

            E' questa la grande malattia che ha colpito l'uomo oggi e la nostra cultura occidentale: la disperazione.

            Perché i due personaggi del Vangelo avevano perso la speranza? Perché pensavano che fosse definitivamente scomparsa da questa terra una Presenza: la presenza di Gesù. Perché la scomparsa di Gesù comportava la perdita della speranza della liberazione? Perché in Lui si era realizzata la Presenza di Dio fra gli uomini: «Gesù di Nazareth, che fu profeta potente in opere ed in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo».

            Cari fratelli e sorelle, qui è data la terza grande pennellata della condizione umana. Abbiamo bisogno di una Presenza: la Presenza di Dio stesso che si faccia compagno del nostro cammino. Quando S. Paolo vuole descrivere la condizione di coloro che vivono in questa assenza, dice che sono «senza speranza e senza Dio  nel mondo» [Ef 2, 12].

            Notate bene: «senza Dio in questo mondo». Non basta che uno ammetta l'esistenza di Dio, se Dio resta “fuori” da questo mondo. E' la sua Presenza, la sua compagnia nel cammino della nostra vista che ci può dare speranza.

            E' troppo aspettare questa compagnia? Desiderare che Dio si faccia nostro compagno di strada?

2.        Cari fratelli e sorelle, la celebrazione della Pasqua è precisamente la celebrazione della Presenza di Dio fra noi in Gesù risorto. Gesù non è rimasto nel sepolcro, ma «Dio» come ci ha detto l'apostolo Pietro nella prima lettura «lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perchè non era possibile che questa lo tenesse in suo potere».

            Come e dove possiamo incontrarlo? Ascoltiamo il testo evangelico: «quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono i loro occhi e lo riconobbero». L'incontro avviene nell'Eucarestia.

            Ecco, cari amici, che cosa trasforma il cammino della nostra vita da girovaganza in pellegrinaggio: l'incontro col Signore risorto nell'Eucarestia. E questo incontro con il Dio vivente genera in noi la speranza che la nostra vita, spesso piena di tribolazioni, non è vana.

 

04/05/2014
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