1. Come avete sentito Gesù fa due domande, ambedue rivolte ai discepoli: «chi sono io secondo la gente?», «ma voi chi dite che io sia?». Le due domande, in fondo, nascono dalla stessa preoccupazione di Gesù: Egli, dopo alcuni anni di attività pubblica, vuole sapere se la gente comune e i suoi discepoli hanno capito la sua missione, la ragione vera della sua presenza; o comunque come stanno reagendo, cosa stanno pensando. E' come se Gesù dicesse: “la gente che cosa ha capito di me? Voi, che cosa avete capito?”.
Cari fratelli e sorelle, non posso a questo punto non fermarmi ad una considerazione. Tutti noi, penso, siamo stati battezzati da bambini; abbiamo frequentato il catechismo; ci sentiamo appartenenti alla fede cristiana. Ma proviamo, dentro di noi, a ripeterci la domanda di Gesù come rivolta a ciascuno di noi: “chi dico che Gesù sia? che cosa penso di Lui?”. Conosciamo veramente Gesù? Siamo convinti che se non abbiamo un rapporto personale con Lui, la nostra fede è vacua?
La preoccupazione di Gesù – di sapere che cosa la gente pensa di Lui, e che cosa i suoi discepoli – nasce in Lui da una certezza intima che Egli si è fatta, nel suo rapporto col Padre. Non vi sfugga il particolare che il dialogo di Gesù coi discepoli nasce «mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare».
Nel suo incontro col Padre, Gesù è giunto ad una certezza, che ora per la prima volta manifesta: «il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere». Se questa era la modalità con cui Gesù doveva realizzare la sua missione salvifica, Egli sapeva bene che si sarebbe scontrato con ciò che la gente ed i discepoli pensavano.
Cari amici, fermiamoci un momento ed entriamo, se riusciamo nella coscienza, nel cuore di Gesù. Egli si pone nell'obbedienza al disegno del Padre: «fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce», scriveva S. Paolo [Fil 2, 8]. Egli sperimenta subito la totale incomprensione di Pietro [cfr. Mt 16, 21-23]. E' da questa obbedienza di Gesù che è scaturita la nostra salvezza.
La vostra comunità riconosce nel suo Crocefisso, nella devozione al Crocefisso, il segno della propria identità . E' stata commovente la fede colla quale l'avete salvato dalla furia del sisma.
Continuate a coltivare questa devozione; trasmettetela ai vostri figli. Chi rimane davanti al Crocefisso, sa dare la risposta giusta alla domanda di Gesù: «voi chi dite che io sia?» – “tu sei il mio salvatore, morto sulla croce per mostrare il vero senso della gloria di Dio, e risorto per donarmi una vita vera”.
2. L'apostolo Paolo nella seconda lettura ci dice: «quanti siete stati battezzati, vi siete rivestiti di Cristo». Dunque, parla di un vestito di cui siamo stati rivestisti nel giorno del battesimo. Ed afferma che questo vestito è Cristo. Ovviamente è una metafora; che cosa significa? Che nel battesimo Cristo ha preso possesso della nostra persona, per renderla sempre più simile a Lui.
Se nella S. Scrittura c'è una cosa chiara, è che sono possibili solo due modi di vivere: quello pagano, estraneo al pensiero di Dio; e quello di chi segue il Signore Gesù. E' un dualismo veramente inconciliabile: quello di un uomo che cammina nella vanità della propria mente [cfr Ef 4, 17], e di chi ha rivestito Cristo, «ha imparato Cristo» [Ef 4, 20].
Questa profonda dottrina morale di S. Paolo ci fa capire le ultime parole che oggi Gesù ci dice: «Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».
Il cammino sofferente di Gesù diventa forma di vita del discepolo. Non abbiamo paura: la via di Gesù porta alla Risurrezione.