1.La pagina evangelica appena proclamata merita di essere attentamente meditata
ed assimilata, perché siamo liberati da quella sorta di “ipnosi
della realtà visibile” che ci impedisce di vedere oltre essa.
Anzi, che ci porta fino alla negazione che esista una realtà invisibile.
Come avete sentito, la pagina evangelica disegna due quadri nei quali sono
raffigurate due persone separate dalla loro condizione sociale: «un uomo
ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
Un mendicante di nome Lazzaro … coperto di piaghe bramoso si sfamarsi
di quello che cadeva dalla mensa del ricco».
In realtà questa è la condizione, se così possiamo dire,
storica dei due personaggi. Ma questa – la condizione storica – non è la
condizione definitiva. Essa infatti finisce inesorabilmente: «un giorno
il povero morì… morì anche il ricco e fu sepolto».
La morte “pareggia tutte le erbe del prato”! ma la morte non dice
l’ultima parola sulle vicende umane. Essa introduce in una condizione
definitiva, eterna, nella quale si ha un totale capovolgimento del proprio
destino: il povero «fu portato dagli angeli nel seno di Abramo»;
il ricco nell’inferno tra i tormenti.
2.Carissimi fedeli, ci troviamo in un luogo che nella storia e nella coscienza
del nostro popolo è luogo sacro per il sacrificio di vittime innocenti,
di sacerdoti che diedero la vita per non abbandonare il loro gregge.
La presenza delle autorità civili e militari, che ringrazio sentitamente,
indica che questo luogo rivolge una parola che riguarda l’uomo come tale,
prima che si distingua la sua appartenenza alla città e la sua appartenenza
religiosa. Parola grande, che oggi ci arriva attraverso la pagina santa del
Vangelo.
Anche qui si incontrarono due persone in condizioni morali diametralmente
opposte: la persona di innocenti deboli coinvolti dentro ad una tragedia senza
limiti e la persona di carnefici prepotenti. La “povertà ” della
vittima; la “prepotenza” del carnefice. Ed in quei momenti, le
prime sembrarono risultare soccombenti, vinte. Ma in realtà non è stato
questo l’esito definitivo di quello scontro.
Non pensate, in questo momento, che stia parlando dell’esito finale
della guerra: avvenimento che accade pur sempre nel mondo della storia visibile
degli uomini. La pagina evangelica ci educa ad uno sguardo ben più penetrante.
Le vittime qui cadute ci indicano l’esistenza di un universo di valori
ben più solido, ben più reale dell’universo nel quale
siamo normalmente immersi e nel quale ogni giorno rischiamo di perire. Qui è stata
affermata una forza nella debolezza, una giustizia contro la prepotenza, una
carità contro l’odio, che sono le uniche ragioni per cui vale
veramente la pena di vivere e se necessario anche di morire.
Le vittime qui cadute sono così le pietre immacolate di una dimora – di
una società – che sia veramente adeguata alla dignità della
persona. Alla fine chi ha vinto: la vittima o il carnefice? Il carnefice è sempre
sconfitto, perché non uccide la vittima, ma uccide in se stesso la propria
umanità .
«Ma Abramo rispose: hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro».
Anche su questo monte si può, si deve ascoltare una profezia detta non
colle parole ma col sangue versato. è la profezia che non si può costruire
una società basata sul conflitto e sulla estraneità dell’uomo
dall’uomo. E quindi la “profezia di Monte Sole” non è ascoltata
da chi ne fa occasione per ricostruire fazioni e contrapposizioni.
Su questo monte, non senza una divina ispirazione, Don Dossetti ha voluto
che i figli e le figlie della comunità dell’Annunciazione fossero
il segno permanente di quel mondo nuovo che Cristo ha ricreato; che proprio
su questo monte essi intercedessero quotidianamente mediante «un sacrificio
di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome» [Eb
13,15].
3.Carissimi fedeli, fra pochi istanti attraverso i santi segni sacramentali
saremo presenti al sacrificio di Cristo, vittima innocente di tutte le nostre
ingiustizie. è questo sacrificio che ha abbattuto ogni muro di separazione:
dell’uomo da Dio, dell’uomo dall’uomo, dell’uomo da
se stesso. è solo in Lui che l’umanità disgregata può ritrovare
la sua vera unità .
Le vittime innocenti qui cadute; i sacerdoti che hanno donato la loro vita,
siano uniti a noi perché la partecipazione a questo grande Mistero ci
ridoni speranza e forza per non rassegnarci mai al male.