Parlando qualche giorno fa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa
Sede, Giovanni Paolo II ha individuato quattro sfide cui soprattutto l’umanità oggi
deve far fronte: la vita, il pane, la pace, la libertà . Questi fondamentali
valori assumono oggi il volto di una sfida che l’uomo deve raccogliere.
Noi questa sera rifletteremo su uno dei luoghi fondamentali, anzi sul luogo
fondamentale in cui la prima sfida deve essere raccolta: la comunità coniugale,
il matrimonio. La prima sfida deve essere raccolta oggi in primo luogo dagli
sposi, divenendo così genitori.
Perché questo passaggio dalla coniugalità alla genitorialità è divenuta
oggi una sfida? Perché oggi questa sfida deve essere raccolta? Nella
riflessione seguente cercherò di rispondere a queste due domande, dividendola
così in due punti.
Perché essere genitori è oggi una sfida.
Sfida è una parola grossa. Che cosa richiama alla nostra mente? L’idea
di una gara, che può essere vinta o persa, nella quale è richiesto
a chi vi entra un intenso coinvolgimento della propria persona. Ma diventare
ed essere genitori oggi è una decisione e una condizione di vita che
ha questo profilo? Non è questa un’esagerazione retorica?
Consentitemi di iniziare la mia risposta da una citazione: «Il miracolo
che salva il mondo, il dominio delle faccende umane dalla sua normale, naturale
rovina è in definitiva il fatto della natalità in cui è ontologicamente
radicata la libertà , la facoltà dell’azione. è in
altre parole la nascita di nuovi uomini, l’azione di cui essi sono capaci
in virtù dell’essere nati. Solo la piena esperienza di questa
facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due
essenziali caratteristiche dell’esperienza umana, che l’antichità greca
ignorò completamente. è questa fede e speranza nel mondo, che
trova forse la sua gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con
cui il Vangelo annunciò la “lieta novella” dell’Avvento:
un bambino è nato per noi» [H. Arendt, Vita activa, ed. Bompiani,
Milano 1964, pag. 263].
Il testo potrà sembrare complesso, ma il suo significato penso sia
chiaro e semplice: ogni bambino che nasce è una novità assoluta
e quindi è segno di speranza nel mondo. La nascita di ogni bambino è come
un dire “uomini, si ricomincia da capo!”. è il bambino che
salva il mondo dalla sua “normale naturale rovina”. Novità e
speranza sono le cifre di ogni nascita umana.
Non è così facile oggi forse leggere questo significato nell’avvenimento
di ogni nascita umana. Per aiutarvi a farlo [chi è genitore ha vissuto
questa esperienza!] seguitemi nella considerazione che ora vi propongo.
Vorrei partire da un paradosso cui assistiamo ogni giorno: è normale che
nascano i bambini; è straordinario che nascano i bambini. è normale:
rientra nei fenomeni propri di ogni specie vivente; è abbastanza spiegabile
in base alle conoscenze scientifiche della fisiologia riproduttiva. La normalità si
evidenzia nella registrazione numerica dei nati: esiste degli stessi una numerazione
progressiva. è straordinario: non è nato un individuo che permette
il perpetuarsi della specie umana, perché è nata una persona
che non è semplicemente un individuo della specie umana; perché è nata
una persona che non è numerabile [le persone non fanno numero] perché è irripetibile. è venuto
all’esistenza qualcuno di unico.
Posso dire la stessa cosa dicendo: il concepimento di una nuova persona umana è un
evento biologico e un evento spirituale. Fra i due eventi non c’è estraneità :
l’uno è dentro all’altro; è il concepimento di una
persona.
La comunione coniugale è il luogo adeguato perché impedisce
che questo fatto perda il suo carattere di straordinarietà , diventi
un dato statistico. è quando il concepimento di una nuova persona umana
avviene nell’amore coniugale che la nuova persona umana è riconosciuta
nella sua unicità ed irripetibilità .
Ritorniamo ora con maggiore consapevolezza a quello che ho chiamato “le
cifre di ogni nascita umana”: novità e speranza.
Ciò che ho appena detto, ci aiuta a capire la novità di cui è portatore
ogni bambino che nasce. Ed è proprio per questo che la decisione di
diventare genitori implica una attitudine di speranza, più precisamente
la fiducia che nasce dalla convinzione che la vita è un bene e quindi
donarla è una cosa giusta e degna.
Ora siamo in grado di comprendere che essere genitori oggi assume il carattere
di una sfida. Ci aiuterà a capirlo uno straordinario testo biblico che
fa riferimento, e non a caso, alla nascita di un bambino. La nascita è quella
di Isacco da due genitori già naturalmente incapaci di donare la vita
e spiritualmente già rassegnati alla loro sterilità . Il testo
dice: «per fede anche Sara, sebbene fuori dell’età , ricevette
la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui
che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato
dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come
la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare» [Eb 11,11-12].
Abramo e Sara hanno sfidato la morte, dalla quale il loro corpo ed il loro
spirito era già segnato, perché hanno ritenuto fedele il Dio
della vita che aveva loro promesso di diventare genitori.
I termini della sfida sono rimasti sostanzialmente identici, anche oggi. Che
cosa abbiamo oggi il diritto di sperare? con quali occhi possiamo oggi guardare
al futuro? Non sembra la società in cui viviamo, la cultura in cui dimoriamo
nella situazione in cui si trovava Sara, “fuori dell’età ” per
poter ancora concepire? Già all’inizio del secolo scorso un grande
filosofo scrisse: «il maggior pericolo dell’Europa è la
stanchezza» [E. Husserl, cit. da S. Belardinelli, Contro la paura, liberal
Edizioni, Roma 2005, pag. 103]. Sembra la nostra Europa “già segnata
dalla morte”.
è dentro questo contesto, dove sembra che le ragioni di rassegnarsi “alla
normale, naturale rovina” della vicenda umana siano ben più forti
delle ragioni della speranza, che esistono ancora coniugi che decidono di diventare
genitori. è in questo la sfida della vita; è per questo che oggi
donare la vita assume il profilo di una gara, che può essere persa o
vinta, e che chiede a chi vi entra un coinvolgimento assai profondo.
Ma il carattere di sfida non si riduce al momento fondamentale in cui i due
sposi decidono di donare la vita, decidono di diventare genitori. Essere genitori
infatti non si riduce al concepimento ed alla generazione di una persona umana:
essere genitori significa essere educatori. E l’educazione oggi assume
il carattere di una vera e propria sfida. è una sfida donare la vita
oggi dentro ad un mondo “fuori dell’età ”, come Sara,
e “già segnato dalla morte” come Abramo. è una sfida
educare la persona neo-arrivata in questo mondo. Perché?
La risposta può essere formulata nel modo seguente. è una sfida
perché alle domande di fondo a cui ogni educatore deve rispondere, oggi
vengono date risposte contrarie, col risultato che o l’educatore perde
ogni certezza e quindi ogni autorevolezza oppure abbassa la misura della sua
proposta educativa.
Quali sono le domande di fondo a cui ogni educatore – ogni genitore – deve
rispondere? è una sola: che cosa è la realtà nella quale
l’educatore-genitore introduce la persona umana che vi è appena
entrata.
Notate bene che quando dico “realtà ” intendo la “cosa” più semplice:
le persone con cui conviviamo; la natura nella quale dimoriamo; la quotidiana
esperienza che facciamo [il lavoro, l’amore, la malattia …]. Tutto
questo io intendo quando parlo di “realtà ”. Educare una
persona significa introdurla nella realtà ; introdurla nella realtà significa
mostrarle il significato della medesima: ciò che essa è, ciò che
essa vale. Ebbene oggi alla domanda suprema di senso non abbiamo più una
risposta che non sia contraddetta dalla sua contraria: non a livello delle
discussioni dei “filosofi” [questo è sempre accaduto], ma
a livello del vissuto del nostro popolo.
La condizione dell’educatore in questa situazione spirituale diventa
drammatica. è esposto a due rischi. Egli stesso, l’educatore-genitore,
non ha più una risposta, di cui sia certo, alla domanda di senso: l’educatore-genitore “non
sa più che cosa dire” e come fare. Ha perso ogni autorevolezza,
e senza autorevolezza non si può educare.
L’altro rischio è quello di abbassare, di restringere la misura
alta della proposta educativa: accontentarsi di trasmettere informazioni e
regole di vita perché non ci si faccia del male. Nessuna ragione seria
perché si viva bene; qualche ragione per non odiarsi e tollerarci, nessuna
per amarsi e convivere.
Veramente educare oggi è una sfida perché chi se la assume,
ed un genitore non può rifiutarsi a questo rischio, entra in una gara
nella quale confliggono radicali visioni della realtà .
Essere genitori nel significato intero della parola significa far essere una
nuova persona umana: dal suo concepimento fino alla pienezza della sua umanità .
Generare ed educare: è una sfida perché né l’atto
del generare né l’atto dell’educare può essere compiuto
se non si afferma la positività della realtà , se non si ama appassionatamente
questa positività .
«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» [Gen
1,31]. è lo sguardo ed il giudizio di Dio sulla realtà da
Lui creata. Essere genitori: oggi è una sfida perché significa
guardare la realtà come Dio l’ha guardata, e come Dio l’ha
giudicata: «era cosa molto buona».
Perché raccogliere questa sfida.
Vorrei ora rispondere alla seconda domanda: questa sfida deve oggi essere
accolta? La sfida della vita, della vita da donare, della persona da educare.
Oppure alla fine è meglio rassegnarsi nel torpore di una decadenza mortale
anestetizzata dal consumo e dal possesso dei beni?
Ho terminato il punto precedente parlando dello sguardo di Dio sulla sua creazione.
Ma poche pagine dopo il testo citato, la S. Scrittura dice: «E il Signore
si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in
cuor suo. Il Signore disse: sterminerò dalla terra l’uomo che
ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del
cielo, perché sono pentito di averli fatti» [Gen 6,6-7]. Il Signore
ha ritirato il suo sì alla creazione e alla vita, passando ad un “no” deciso? è S.
Paolo che ci dà la risposta: «Il Figlio di Dio, Gesù Cristo … non
fu “sì” e “no”, ma in Lui c’è stato
il “sì”. E in realtà tutte le promesse di Dio in
Lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraverso Lui
sale e Dio il nostro Amen per la sua gloria» [2 Cor 1,19-20].
Perché gli sposi possono raccogliere la sfida della vita? Perché possono
dire il loro Amen sulla positività della realtà ? Perché la
vita dell’uomo è fondata su un avvenimento nel quale è apparsa
in questo mondo la Vita eterna. Gesù è l’unico Vangelo
della vita: non esiste alla fine nessun altra ragione per affrontare questa
sfida. In Cristo «la vita si è fatta visibile» [1Gv 1,2];
anzi Lui stesso è «la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa
visibile a noi» [ib.]. Ogni persona umana, fin dal momento del suo concepimento è già predestinata
a questa vita in pienezza, alla vita eterna che è in Cristo. Quando
una cultura è già “segnata dalla morte”? è già “fuori
dell’età ”? «il peccatore diventa vecchio perché si
allontana dalla novità che è Cristo». [S. Tommaso d’A.,
Commento ai Salmi, 56,5]. Quando ci si allontana dal Vangelo, non si accoglie
più la sfida della vita.
Al centro del Vangelo sta un annuncio. «Esso è annuncio di un
Dio vivo e vicino, che ci chiama a una profonda comunione con sé e ci
apre alla speranza certa della vita eterna; è affermazione dell'inscindibile
legame che intercorre tra la persona, la sua vita e la sua corporeità ; è presentazione
della vita umana come vita di relazione, dono di Dio, frutto e segno del suo
amore; è proclamazione dello straordinario rapporto di Gesù con
ciascun uomo, che consente di riconoscere in ogni volto umano il volto di Cristo; è indicazione
del «dono sincero di sé» quale compito e luogo di realizzazione
piena della propria libertà ». [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evagelium
Vitae 81,1; EE 8/ ].
E chi non ha incontrato Cristo nella fede? Faccio due osservazioni, e termino.
La prima. Anche da chi non è credente si riconosce sempre più che
la causa della “stanchezza” che ha investito la società occidentale è la
perdita delle sue radici cristiane: è un’Europa senza radici.
Si avverte il bisogno di poter ancora sperare, e la principale “cifra” della
speranza è la nascita di una nuova persona umana.
La seconda. Fortunatamente è vero che ci sono molte più cose
in cielo e in terra che nei nostri libri. Esiste cioè un vissuto che
implica sempre un pensiero, cioè un modo di guardare alla realtà .
Nonostante tutto … nascono ancora bambini: gli sposi accettano di diventare
genitori. Non sarebbe possibile questo, se non fosse presente nel vissuto di
questi uomini e di queste donne l’affermazione della positività della
vita, e della realtà . Forse si è spenta la fede, ma questi uomini
e queste donne continuano a dimorare dentro al “sì” che
Dio ha definitivamente detto in Cristo all’uomo e alla creazione.