festa dei Santi protomartiri Vitale e Agricola nel 17° centenario del loro martirio.

Bologna, Cattedrale

Il prossimo anno, e precisamente il 4 novembre 2004, festeggeremo il compimento del millesettecentesimo anniversario del martirio dei santi Vitale e Agricola, avvenuto plausibilmente nel 304, mentre la romanità era sotto il governo degli augusti imperatori Diocleziano e Massimiano, coadiuvati dai due “cesari” Galerio e Costanzo Cloro. Questa nostra solenne celebrazione in cattedrale vuole appunto segnare l’inizio del diciassettesimo centenario del sacrificio dei nostri protomartiri.

Come si vede, la Chiesa ha una memoria tenace, come tenace e lunga è la sua lotta contro il male, come lunga e spesso cruenta è l’ostilità e la persecuzione che deve sopportare in ogni epoca della sua storia.
La Chiesa non si cura troppo di tener vivo il ricordo degli oppressori e degli aguzzini; ma non vuole dimenticare gli eroi della sua “resistenza”: una “resistenza” che essa contrappone da sempre agli assalti dell’insipienza, dell’irragionevolezza, della violenza liberticida, della crudeltà disumana; una “resistenza” millenaria, la sua, che non si affievolisce nel tempo; una “resistenza” impavida e forte, ma serena, senza rancori, senza odiose e conclamate manifestazioni di parte.

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E’ una fortunata circostanza che per questa data commemorativa sia arrivato al traguardo di una prima positiva conclusione (come abbiamo visto) il processo canonico circa la vita, le virtù cristiane, la drammatica morte, la fama di santità del servo di Dio Giuseppe Fanin, ucciso a sprangate nel 1948, a soli ventiquattro anni. Allo stesso modo è eloquente (e penso si possa dire provvidenziale) che quel sacrificio sia stato consumato proprio il 4 novembre: nel giorno cioè che da sempre la Chiesa di Bologna dedica all’esaltazione dei suoi protomartiri.
La coincidenza ha indole e valore di “segno”: ci induce a contemplare una Chiesa che anche ai giorni nostri è capace di suscitare nei suoi figli migliori la stessa totale e aperta adesione a Cristo che ammiriamo negli antichi testimoni della fede; ci induce a contemplare e a lodare una Chiesa che mantiene a ogni costo lungo tutta la sua tormentata vicenda la stessa identità di sposa fedele del suo Signore; ci induce a contemplare, a lodare e ad amare una Chiesa che tuttora possiede quel coraggio e quella forte speranza nella vittoria finale del Redentore che animavano i primi annunciatori del Vangelo.

Sappiamo bene che l’itinerario storico-critico iniziato il 1 novembre 1998 dovrà adesso proseguire in diversa e più alta sede. Quanto è stato fatto ci ha già offerto però un risultato prezioso: oltre a farci meglio conoscere la bella figura del giovane persicetano, ci ha dato la fiducia, documentata e sorretta dalle più attente ricerche, di potere adesso tranquillamente chiamare in causa la Sede Apostolica e di sollecitarne l’autorevole giudizio.
Nel frattempo tutti noi possiamo già raccogliere e avvalorare le testimonianze di ricca umanità, di fede indomita, di dedizione al vero bene dei fratelli, che è facile ravvisare nella splendida giovinezza di Giuseppe Fanin.
Illuminati da questo esempio, possiamo e dobbiamo adesso aprirci all’insegnamento esistenziale che ci viene da questa festa liturgica dei santi Vitale e Agricola, riflettendo particolarmente sulla intramontabile lezione del martirio e sulla sua rilevanza nella vita ecclesiale.

La Chiesa ha sempre visto nella testimonianza del sangue la sua ricchezza più autentica, la sua gloria più alta, la ragione più persuasiva della sua speranza. Nel martirio ha riconosciuto l’espressione più fulgida della potenza sovrumana della grazia e il seme più fecondo di nuovi e più risoluti credenti.
Vi ha scorto anzi lo stimolo più efficace per sorreggere e rianimare nelle difficoltà la nostra debole fede, per vincere ogni paura e scuotere ogni torpore. Di più, dal raffronto tra la coerenza eroica dei martiri e il nostro comportamento di seguaci di Cristo spesso incerti e inclini al compromesso, la Chiesa confida di poter svelare e dissolvere ogni ambiguità di pensiero, di intenzioni e di scelte operative, che dovesse serpeggiare tra i cristiani.

Questa celebrazione dei santi Vitale e Agricola – compiuta mentre il nostro pensiero è rivolto a Giuseppe Fanin che cinquantacinque anni fa come oggi immolava la sua luminosa esistenza – è dunque un invito a tutta la cristianità bolognese perché proceda a una seria verifica.
Domandiamoci allora se la nostra mentalità e le nostre abitudini di vita – di vita individuale, familiare, sociale – ci collocano dalla parte dei martiri o dalla parte della società permissiva che giustifica e addirittura enfatizza come conquista di progresso e di libertà ogni prevaricazione e ogni violazione della legge di Dio.

Oggi, nella bella confusione che imperversa anche tra noi, è importante che almeno noi non abbiamo ad alterare il Vangelo e non abbiamo mai a travisare il pensiero del nostro Maestro e Signore. Gesù non ha mai cercato di andare d’accordo con tutti, anche con i più avversi al disegno di Dio e i più lontani dalla volontà del Padre. Si è sempre invece impegnato ad andare d’accordo perfettamente e inderogabilmente con la verità che non cambia, anche quando sapeva che potesse apparire ardua e costosa alla scarsa vista degli uomini e alla loro poca risolutezza.

La verità, richiamata e testimoniata dai martiri, è questa (e ce l’ha ripetuta anche stasera): “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,25).

04/11/2003
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