Festa della Madonna del Voto

Bologna, Santuario B.V. del Soccorso

Credo che come non mai comprendiamo la bellezza di questa festa e di una memoria che, se la sappiamo ascoltare, ci aiuta a vivere il presente. Quando sentivamo parlare di peste e epidemie pensavamo a qualcosa di distante nel tempo, che potevamo comprendere solo per analogia con altre malattie o situazioni vicine a noi. La peste appariva cancellata dal progresso, sicurezza che non avrebbe permesso situazioni senza controllo. A dire il vero quante malattie, quanti flagelli hanno sempre colpito milioni di persone e provocato sofferenze, disperazione, esodi, sconvolgimenti dei quali facevamo fatica a misurare il prezzo umano.

Vivere noi la pandemia ci può rendere finalmente consapevoli di quello che vivono tanti attorno a noi. Eravamo uguali, ma non lo pensavamo. Siamo uguali e possiamo capirlo. Scegliamo di essere davvero uguali come ci indica Gesù, fratelli tutti, più di uguali! Capiamo personalmente questa nostra “peste”, la pandemia, la cui durata rende incerti sul futuro e ci consiglia di uscire dall’altalena tra sconsideratezza e paura, per non vanificare gli sforzi, faticosissimi, e non permettere al virus, con le sue varianti, di seminare ancora distruzione, morte, solitudine, disoccupazione, sconforto. Dobbiamo iniziare a costruire oggi quello che vogliamo per domani, e questo richiede tanto rigore contro ogni corruzione ma anche lungimiranza. Come questa chiesa ricostruita dopo la distruzione ad opera di quell’altra pandemia che è la guerra.

La pandemia non finisce con l’ultimo negativo! Lo sa bene chi ne è stato colpito e che sente le conseguenze del virus durare a lungo. Come saremo? Dobbiamo uscirne migliori e assieme. Ci misuriamo con le tante conseguenze che la malattia ha provocato, quando manca il vino della gioia e tutto sembra finire. Penso anche a chi è più fragile, alle difficoltà di relazione, che vuol dire tanta sofferenza interiore, psichica e non meno pesante. Oggi, allora, nel pieno di questa pandemia, come da più di un secolo non avveniva, preghiamo la Vergine del Soccorso perché interceda per noi, in particolare per chi è malato, perché abbia guarigione, protezione e tanta consolazione.

E che nessuno sia lasciato solo! Non dobbiamo compiere uno sforzo straordinario per assicurare negli ospedali vicinanza a chi sta per lasciarci o agli anziani che hanno bisogno, per la loro salute, dell’abbraccio? Il peggiore isolamento è l’indifferenza, che crea una distanza impietosa e pesante. Preghiamo per chi ha perduto persone care e non ha potuto ricevere e donare nessuna consolazione terrena, materiale, solo quelle spirituali. Non sono meno vere, certo, ma che sofferenza non aver potuto accompagnarli fisicamente! La dimensione spirituale richiede sempre quella materiale. Non basta dire ti voglio bene, abbiamo bisogno della presenza, del corpo, del tradurre in gesti, nei nostri sensi, la dichiarazione. L’amore di Dio si incarna in Gesù proprio per questo. Ma la sua forza resta quella spirituale, cioè l’amore che dona vita a tutto il resto.

Preghiamo con Maria, Madre, cui siamo stati affidati sotto la croce e che anche ci è affidata, perché la prendiamo con noi nella nostra casa. La prendiamo? La ospitiamo con noi, nelle nostre preoccupazioni quotidiane? Le due affermazioni, essere suoi e prenderla con noi vanno insieme. Se non la prendiamo con noi e quindi non la aiutiamo sentendola nostra, non sapremo nemmeno chiedere di intercedere per noi. Chi non ama questa madre non può pregarla seriamente; chi la divide, la umilia, la offende usandola, trattandola con sufficienza e con indifferenza (quanto fa male non essere considerati!) o parlandone male, non riesce a pregarla. Oggi, come Maria e con Maria intercediamo per tanti, vicini e lontani. L’intercessione è anche nostra: non possiamo fare molto ma amiamo chi è nella sofferenza facendo nostra la sua preghiera perché non manchi il vino della gioia.

Abbiamo tanto bisogno di questa Madre che ci coinvolge dove manca qualcosa a qualcuno. E come sempre, quando ci si preoccupa degli altri, alla fine, come a Cana, stiamo meglio tutti! È la “Vergine del Soccorso” perché, siccome vuole bene, ama le persone intorno, non si preoccupa per sé, ma per loro; viene in soccorso alle necessità degli altri, non difende le sue. Lei intercede con Gesù, che è il nostro soccorso.

Lo coinvolge nella sua preoccupazione. “Non hanno più vino”. Vuole che la gioia non finisca. Come una madre, che vuole la gioia dei suoi figli e che questa non finisca. E la sua intercessione è sempre rivolta a Gesù ma anche a noi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, cioè ascoltate e mettete in pratica la Parola di Dio, quello che Lui dice a noi. Maria ci ricorda sempre che Gesù parla per noi, ci aiuta ad ascoltare personalmente e a rispondere a quanto ci viene detto. Lo facciamo non perché abbiamo capito tutto, non perché pensiamo sia giusto secondo i nostri criteri, ma perché ci fidiamo di Lui. È esattamente il contrario di Adamo e Eva. Loro non misero in pratica la Parola che Dio aveva affidato loro, anzi pensarono fosse escludente e ascoltarono così il serpente. Maria ricostruisce la fiducia perché sa che è parola di amore e il suo amore completa il nostro. Da soli non capiamo. Lui ci aiuta. Da soli non avremmo mai preso sei anfore di pietra contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri di acqua e li avremmo portati! Avremmo pensato, comprensibilmente, che era inutile, una fatica eccessiva, una quantità incredibile. Abbiamo bisogno della Parola di Dio per sognare, per compiere il miracolo di trasformare la vita e renderla piena, per andare oltre le nostre misure e il limite della paura che abbiamo di amare.

Cosa ci chiede Gesù di fare oggi? Cosa dobbiamo fare per assaggiare un vino che è sempre il più buono? Amare il prossimo, imparando che non è soltanto quello come me, che fa parte del mio gruppo, etnia, abitudine. Gesù ci chiama a farci noi vicini, prossimi e a rendere il prossimo tale proprio perché noi ci avviciniamo a lui. Non siamo mai solo esecutori, diventiamo sempre, con la Parola di Dio, creatori! La proposta è quella, così importante nella pandemia, di soccorrere noi la persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza. «Mettiamo da parte ogni differenza e, davanti alla sofferenza, ci facciamo vicini a chiunque. Dunque, non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri» (FT81). Dobbiamo allargare il nostro amore dalla nostra cerchia a chiunque, superando «tutti i pregiudizi, tutte le barriere storiche».

E poi il Signore ci dice di non dare al prossimo solo un’elemosina e basta, finché posso io, ma dare finché serve a lui, quanto gli è necessario per ritrovare la vita! “Ritornerò”, rifonderò io quello che per lui hai speso in più. Non deve mancargli nulla, deve stare bene lui, non il mio portafoglio! Allora davvero non basta dare qualcosa, ma dobbiamo dare lavoro, sicurezza, stabilità, futuro, come ad un prossimo, un figlio, l’amico più caro. Ci accontenteremmo di quel poco che possiamo dargli o vorremmo per lui tutto quello che necessita? Ecco cosa significa per noi, oggi, fare qualsiasi cosa ci dica e chiedere noi soccorso e scegliere con Maria di essere soccorso. E poi dobbiamo “fare”. Ne abbiamo assai di dichiarazioni, istruzioni per l’uso, analisi, interpretazioni, consigli, permettetemi, anche prediche. Abbiamo bisogno di persone che ascoltano e fanno, cioè umili, come San Giuseppe, persone serie, che non si riempiono la bocca ma lavorano perché gli altri stiano bene per davvero.

Oggi, infine, vorrei ricordare i sacerdoti, tutti, uccisi durante la guerra. Tra qualche mese verrà beatificato a Dio piacendo don Giovanni Fornasini, vittima di quella violenza nazista e fascista che ha reso il mondo un cimitero. Ma anche ricordiamo i sacerdoti uccisi dopo. Questo non smentisce né la condanna totale di quella violenza e di quella ideologia, condanna sulla quale è fondata l’Europa, né la violenza che li ha barbaramente e vigliaccamente uccisi, perché la violenza non è mai giustificata. E come vorremmo ci fossero itinerari di vera riconciliazione, per sradicare il seme dell’odio che anche se inerte – ma è mai inerte l’odio? – resta se non viene sconfitto dalla giustizia e dal perdono.

Sub tuum praesidium confugimus sancta Dei Genitrix; nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus; sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta. Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

 

19/04/2021
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