festa di S.Giovanni Bosco, messa per gli alunni degli istituti salesiani

Bologna, Cattedrale

Cari ragazzi, che cosa siete venuti a fare oggi in questa cattedrale, dove io sono lieto di accogliervi e salutarvi affettuosamente? Siete venuti a compiere un’azione che si chiama “eucaristia”. “Eucaristia” è una parola greca, che è diventata tipicamente e universalmente cristiana; e significa “ringraziamento”. Siete dunque venuti a ringraziare.

Di che cosa siete venuti a dire “grazie”? Siete venuti a dire grazie a Dio nostro Padre di tutto quello che egli ci ha dato: la vita e la gioia di vivere, l’intelligenza e il gusto di conoscere la verità, il cuore e la capacità di avere dentro di noi la ricchezza dei sentimenti, degli affetti, dell’amicizia, dell’amore. Tutto quello che abbiamo, e anzi tutto quello che siamo, è interamente un dono suo.

Soprattutto siete venuti a ringraziare Dio nostro Padre, perché non ha abbandonato gli uomini a loro stessi – cioè ai loro smarrimenti, alla loro incertezza e alla loro oscurità sul senso e il destino dell’ esistenza, ai loro peccati e alle loro disperazioni – ma ci ha mandato il suo figlio Gesù, l’unico Liberatore e Rinnovatore del mondo, l’unico Signore dei cuori e dell’universo. Di lui abbiamo appena finito di ricordare il duemillesimo anniversario della sua venuta tra noi; cioè di quella sua nascita a Betlemme, dalla quale tutti contiamo gli anni della storia del mondo.

Perciò nel momento culminante di questa assemblea io dirò a nome di tutti: “E’ veramente giusto renderti grazie, è bello cantare la tua gloria, Dio grande e misericordioso, per Cristo tuo Figlio e nostro Salvatore”. Ma tutto ciò lo facciamo ogni volta che partecipiamo alla messa; questo è anzi il vero significato di tutte le nostre celebrazioni domenicali, alle quali nessun ragazzo furbo e intelligente deve mancare mai.

Oggi però c’è un motivo in più per dire a Dio la nostra riconoscenza. Oggi lo ringraziamo specificamente anche perché ci ha dato un amico singolare e ci ha fatto conoscere un santo eccezionale: questo nostro amico carissimo che è anche un grande santo, questo grande santo che siamo fieri di avere come nostro amico, è san Giovanni Bosco. Voi siete qui, in questa cattedrale, perché oggi, 31 gennaio, è la sua festa.

Don Bosco è morto appunto il 31 gennaio 1888, ma in mezzo a noi è più vivo che mai.

E’ vivo con la sua figura sorridente, che qui, come in moltissime chiese del territorio bolognese, raccoglie la devozione del nostro popolo e specialmente le preghiere delle mamme, che gli raccomandano i loro figli (che sono la cosa più preziosa che hanno) perché li aiuti a crescere bene, li aiuti a non sciupare la loro unica vita, li aiuti a diventare uomini forti e sereni, che non si lascino mai fuorviare dagli inganni del male e dalle insidie delle molte idee menzognere, nelle quali purtroppo essi dovranno imbattersi così spesso.

Don Bosco è vivo con il suo messaggio di gioia vera. Tutti noi aspiriamo alla gioia e rifuggiamo da tutto ciò che ci rattrista. Ma anche don Bosco era così. Tanto è vero che quand’era poco più che un ragazzo aveva fondato tra i suoi coetanei una compagnia che aveva un nome e un programma insolito: si chiamava “Società dell’allegrìa”.

E proprio sulla strada della gioia – ricercata, sperimentata interiormente e comunicata – egli è arrivato al traguardo della santità; e allo stesso traguardo sulla stessa strada è riuscito ad avviare molti giovani che ha incontrato. Allo stesso traguardo vuole avviare anche noi.

E’ vero che ci sono anche dei santi che, solo a guardarli, mettono la malinconìa; ma non è il suo caso. Perciò, tra tutti i santi, noi lo sentiamo per così dire il “più vicino” e il “più nostro”.

Egli è piaciuto al Signore – e al tempo stesso ha tutti i titoli per avere la nostra simpatìa – perché ha seguito la regola che san Paolo dava ai primi cristiani (e che la Chiesa ci ha riproposto nella seconda lettura di questa festa):

“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità [è ciò che non Bosco chiamava “amorevolezza’] sia nota a tutti gli uomini” (4,4-5).

Questa raccomandazione dell’Apostolo, che don Bosco ha fatto propria, ci insegna a non aver mai la faccia scura, a non far pesare sugli altri i nostri malumori, a non diventare gente che ha la prerogativa di essere dei guastafeste e di rovinare a tutti i loro conoscenti anche le ore più belle. Di tipi così ce ne sono già anche troppi.

San Paolo specifica poi ulteriormente la “regola della gioia” (e oggi noi ci figuriamo di ascoltarla dalla stessa voce di don Bosco, che l’ha sempre seguita): “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4,6-8).

Don Bosco era un santo sul serio perché ha voluto molto bene al Signore Gesù. E proprio perché voleva molto bene a Gesù, voleva molte bene anche ai bambini per i quali Gesù aveva una invincibile predilezione. Tanto è vero che ha detto (e la pagina di vangelo che è stata letta ce lo ha ricordato): “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). E addirittura ha detto ai “grandi”: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt 18,3).

Appunto per questo, alla scuola di Gesù don Bosco propone ai ragazzi e a tutti alcune raccomandazioni per dare verità e concretezza alla “strada della gioia”. Mi limito a elencarne rapidamente tre.

La prima è l’osservanza dei comandamenti di Dio (di tutti i comandamenti, senza saltarne neanche uno) e la fuga dal peccato, che è la più forte causa della tristezza umana.

La seconda è la richiesta al Signore dei mezzi di grazia per riuscire a vincere lietamente la lotta contro il male, e primi fra tutti il sacramento della riconciliazione e il sacramento dell’eucaristia.

La terza è la dolce abitudine di farsi aiutare a camminare verso la salvezza dalla Madre di Gesù e madre nostra, che perciò egli venera di preferenza sotto il titolo di “Ausiliatrice”.

Ascoltiamo dunque don Bosco e affidiamoci alla sua intercessione per tutti i problemi e le difficoltà che possiamo trovare. E proponiamoci di restare seriamente e fattivamente vicini a questo nostro amico, che è anche un grande maestro di vita. Riusciremo così a dare anche noi, a un’umanità che appare tanto spesso disorientata e incattivita, un po’ della luce di verità e della fiamma d’amore, che il Signore Gesù è venuto a portarci.

31/01/2001
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