Giornata per la vita consacrata

E’ una gioia essere assieme. Abbiamo tanto bisogno di questa fraternità, che con tenerezza ci consola nella fatica, ci incoraggia nella delusione, ci sveglia dalla facile accidia, ci dona energia nuova. Sento tanto che Lui è in mezzo a noi in questa casa che arricchisce e non omologa ognuno di noi. Gesù nell’Eucarestia realizza oggi la comunione dei suoi. Abbiamo troppa paura della comunione e la trattiamo con eccessiva sufficienza. E’ curioso: siamo fatti per la comunione; è santa e dei santi; rivela ai nostri sensi, la presenza di Dio; andiamo verso la comunione, la “cosa sola” che Gesù invoca per noi. Eppure la cerchiamo davvero troppo poco, con la convinzione pratica che la parte è in realtà superiore al tutto. Anche la più piccola delle nostre comunità ha una forza unica, straordinaria e la sua origine e la sua fine è sempre nel grembo di questa madre che genera alla fede. La luminosa celebrazione di oggi, la piccola pasqua, giornata di ringraziamento e riflessione della vita consacrata, accoglie le nostre luci e tutte le accende e le rafforza. Ci consola pensare che misteriosamente, ma sempre efficacemente, ogni nostra luce orienta l’uomo, che non conosciamo, costretto a vagare nelle nebbie e nelle oscurità del mondo. Si realizza la promessa di Malachia: la luce rischiara il suo tempio e questo mondo che “sospira” di incontrare l’angelo dell’alleanza. Sospira perché sperimenta tanto abbandono, orfananza, amara solitudine. Offriamo al Signore noi stessi come offerta secondo giustizia perché sentiamo la passione dell’inizio, che ci fa vivere l’amor della prima volta, “come nei giorni antichi, come negli anni lontani” di cui parla il profeta. E’ la risposta a quel rimprovero dell’angelo dell’Apocalisse, che sento così vero per me, di avere abbandonato “il tuo amore di prima”, forse come era detto meglio nella precedente traduzione “il tuo primo amore”. Lo abbandoniamo nella tiepidezza, lo rendiamo grigio nella scontatezza dell’adulto che ha spento la gioia, nella tentazione di rivolgerci al passato coltivando il fatalismo. Se crediamo che la luce sia frutto delle nostre mani o dei nostri sforzi sarà sempre così. Se, invece, siamo pieni della luce che rivela la gloria di Dio nella debolezza della nostra umanità, se la cerchiamo rischiando nell’amore, allora anche il nostro volto, le nostre parole, l’atteggiamento tutto diviene luminoso e attraente. Come per Simeone e Anna.

Sono due vecchi. Anche noi spesso sentiamo il peso della nostra condizione. Il Papa ha parlato dell’emorragia che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa della Chiesa. A volte sperimentiamo l’angustia della routine, dell’amministrazione, della gestione delle strutture; altre volte ci difendiamo proprio con queste che diventano una prigione volontaria. Avvertiamo il peso dei nostri anni e di quella vecchiaia non solo anagrafica che è la rassegnazione amara di Nicodemo per cui non è possibile che nasca di nuovo ciò che è segnato dal limite. Simeone e Anna, però, sono pieni di sapienza. Il loro cuore non è segnato da triste compiacimento o da intelligenti analisi sulla propria condizione che non generano vita nuova. Sono pieni di Spirito. Essi non cessano di sperare. Sono giovani nel cuore, perché docili alla sua forza che dona vita e unisce. Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno. Essi aspettano la consolazione di Israele. Pensano agli altri e guardano con speranza, non si rassegnano, credono che qualcosa deve avvenire. E lo fanno per gli altri, per il popolo intero. Come Gesù che guarda la folla e vuole trovare la risposta per l’attesa che la percorre. Così fecero i vostri fondatori, pieni della sapienza dello Spirito Santo! Simeone e Anna iniziano a parlare, come sanno, ex abundantia cordis! Non si lamentano per la propria debolezza. Lasciamoci prendere dallo Spirito Santo e come i due “santi vecchi” parliamo a “tutti”, ai “popoli”, cioè ad ogni uomo di questa luce che si rivela alle genti e che tutti comprendono. Anna loda Dio e parla del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme, cioè a chi cerca una speranza vera, ai poveri che sono prigionieri di schiavitù antiche e nuove. Lodare è molto più che ringraziare e tutta la nostra vita può essere un canto di lode. Simeone e Anna non hanno trovato tutto, non hanno visto una risposta chiara, definitiva, convincente, eppure parlano, comunicano, non nascondo la luce perché credono che possa illuminare tutti. Ecco quello cui siamo chiamati e da cui nasce la nostra consacrazione, che è come il poco pane che offriamo perché sazi tanti. Gli uomini hanno bisogno di fratelli e sorelle pieni di cuore, sapienti di spirito, esperti di umanità e delle vie di Dio, convincenti perché pieni di amore e di gioia, che aiutano a pregare, che spezzano la parola. Possiamo farlo tutti. Facciamolo, anche poveramente, riunendo, continuando a tessere reti di amicizia e fraternità attorno a noi, non sciupando nulla e nessuno, insegnando a vedere quello che non finisce proprio nella condizione concreta delle persone che incontriamo. E quel bambino che possiamo prendere in braccio e di cui parliamo sono anche i suoi fratelli più piccoli, i poveri, presenza di Cristo. Non abbiamo paura, come Simeone e Anna, vecchi e pieni di visione perché pieni di amore. I nostri occhi hanno visto e possono accendere di luce chi è nel buio. Riaccendiamo in tanti la fede e la speranza mediante la Parola e l’amicizia. Ecco quello che ci chiede oggi il Signore, in una città e in una generazione confusa, incerta, che è piena di sofferenza, che cerca paternità e luce vera. E’ curioso che quel giorno nel tempio l’entusiasmo è degli anziani, profeti della sua parola e testimoni del suo amore. Non compiono dei doveri. Gli uomini hanno il desiderio di scoprire il fascino sempre attuale della figura di Gesù, di lasciarsi interrogare e provocare dalle sue parole e dai suoi gesti e, infine, di sognare, grazie a Lui, una vita pienamente umana, lieta di spendersi nell’amore.  Grazie Signore che ti fai bambino perché tutti ti possano prendere con sé.
Con la parole della preghiera del Congresso chiediamo: “Aprici gli occhi perché sappiamo vedere le necessità dei fratelli; rendi i nostri orecchi sensibili e pazienti nell’ascolto di ognuno; donaci mani generose e disponibili, capaci di offrire gratuitamente gesti di tenerezza; aiutaci ad avere il gusto di rendere contento il prossimo e di offrire sempre e a tutti la gioia del Vangelo; fa che sentiamo e comunichiamo il soave profumo dell’amore, che si diffonde da se stesso. Donaci Te ed insegnaci a donare noi. Trasforma la folla nella tua famiglia saziata da te. Fa anche della nostra povera vita il tuo rendimento di grazie”. Aiutaci a scegliere non solamente tra il bene e il male, ma tra il bene e il meglio, tra ciò che è buono e ciò che porta all’identificazione con Cristo. Perché la tua salvezza illumini i cuori e dia speranza e gioia. A tutti. Amen

02/02/2017
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